Intelligenza artificiale: il punto di svolta e le sue ombre

IA: rischi, opportunità e prospettive di una rivoluzione tecnologica

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Svolta IA. Bruxelles verso un codice di condotta per i fornitori di modelli di intelligenza artificiale di uso generale. La Commissione europea ha aperto una consultazione pubblica per raccogliere pareri e arrivare a presentare il codice previsto dalla prima legge sull’intelligenza artificiale. Il codice, che Bruxelles prevede di finalizzare entro aprile 2025, si occuperà della trasparenza, delle norme relative al copyright, l’identificazione e la valutazione dei rischi, l’attenuazione e la gestione interna dei rischi. L’AI Act, ricorda la Commissione europea in una nota, entrerà in vigore il primo agosto. Luci e ombre di una svolta tecnologica. Usare le paroleIntelligenza artificiale” danneggia il prodotto che si sta vendendo. Lo dimostrano i risultati di uno studio condotto dai ricercatori della Washington State University. Nello studio, pubblicato sul Journal of Hospitality Marketing & Management, i ricercatori hanno condotto sondaggi sperimentali su oltre 1.000 adulti negli Stati Uniti per valutare la relazione tra la divulgazione delle informazioni tramite intelligenza artificiale e il comportamento dei consumatori. Secondo Mesut Cicek , professore associato di marketing e autore principale dello studio, i risultati hanno mostrato costantemente che i prodotti descritti come dotati di intelligenza artificiale erano meno popolari. “Quando si parla di IA, si tende a ridurre la fiducia emotiva, che a sua volta diminuisce le intenzioni di acquisto“, ha affermato. “Abbiamo scoperto che la fiducia emotiva gioca un ruolo fondamentale nel modo in cui i consumatori percepiscono i prodotti basati sull’Intelligenza artificiale”.

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Effetti della svolta

Negli esperimenti, i ricercatori hanno incluso domande e descrizioni in diverse categorie di prodotti e servizi. Ad esempio, in un esperimento, ai partecipanti sono state presentate descrizioni identiche di smart TV, con l’unica differenza che il termine “intelligenza artificiale” era incluso per un gruppo e omesso per l’altro. Il gruppo che ha visto l’IA inclusa nella descrizione del prodotto ha indicato che era meno propenso ad acquistare la televisione. I ricercatori hanno anche scoperto che la risposta negativa alla divulgazione dell’IA era ancora più forte per i prodotti e i servizi “ad alto rischio”, quelli per cui le persone si sentono comunemente più incerte o ansiose di acquistare, come costosi dispositivi elettronici, dispositivi medici o servizi finanziari. Poiché il fallimento comporta un rischio potenziale maggiore, che può includere perdite monetarie o pericoli per la sicurezza fisica, menzionare l’IA per questi tipi di descrizioni può rendere i consumatori più cauti e meno propensi all’acquisto, secondo Cicek. “Abbiamo testato l’effetto su otto diverse categorie di prodotti e servizi e i risultati sono stati tutti gli stessi. E’ uno svantaggio includere questo tipo di termini nelle descrizioni dei prodotti”, ha affermato Cicek. I risultati forniscono informazioni preziose per le aziende. “I professionisti del marketing dovrebbero considerare attentamente come presentare l’IA nelle descrizioni dei loro prodotti o sviluppare strategie per aumentare la fiducia emotiva. Sottolineare l’IA potrebbe non essere sempre utile, in particolare per i prodotti ad alto rischio. Concentratevi sulla descrizione delle caratteristiche o dei vantaggi ed evitate le parole d’ordine sull’IA”, ha affermato. Oltre a Cicek, lo studio ha coinvolto coautori come Dogan Gursoy, professore di ospitalità alla WSU, e Lu Lu, professore associato alla Fox School of Business and Management della Temple University.

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Foto di Possessed Photography su Unsplash

Sos fake news

“Fin dall’inizio del drammatico conflitto tra Russia e Ucraina è emerso con particolare evidenza l’uso diffuso e, direi, sistematico delle fake news, soprattutto via social, volto ad orientare (o meglio, a disorientare) l’opinione pubblica a favore dell’una o dell’altra parte. In realtà, l’uso della menzogna e della disinformazione come tattica di guerra non è certo una novità. Si può dire che da sempre è stato così, ma la peculiarità dei nostri giorni sta proprio nel livello di condivisione e nella contestuale possibilità di accesso alle piattaforme senza alcun controllo sulla veridicità e sull’autenticità del messaggio”, scrive su Italia Oggi Mauro Masi, delegato italiano alla proprietà intellettuale. “È l’esplosione delle fake news. Fenomeno che sta evolvendo verso una mutazione di totale pericolosità. E cioè verso una vera e propria distorsione non solo di alcune notizie ma della stessa realtà. E ciò anche perché la tecnologia applicabile sul web è già ora in grado di creare falsi che sembrano assolutamente verosimili, se non addirittura veri”. Gli esempi non mancano “Nel lato oscuro della rete ci sono soggetti in grado di utilizzare algoritmi di apprendimento automatico e software open source per creare facilmente video pornografici che sovrappongono realisticamente volti di celebrità (o di chiunque altro) sui corpi degli attori professionisti – spiega Masi-. Ben prima di questi giorni di guerra, in istituzioni serissime come le prestigiose università di Stanford e di Washington, sono stati creati programmi che combinano e mixano filmati registrati con il rilevamento del volto in tempo reale per manipolare il video, così come programmi che sono in grado di trasformare clip audio in un video realisticamente sincronizzato con la bocca della persona che pronuncia quelle parole facendogli dire qualunque cosa”.

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Sistemi IA

“Si immagini cosa possa significare una manipolazione del genere non solo in campo militare ma anche in campo politico. L’avvento impetuoso dei sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale – prosegue Masi – non potrà che peggiorare questo andamento. Il rischio che abbiamo di fronte è quello di essere bombardati da un fiume costante di disinformazione. Da qui due conseguenze entrambe allarmanti: la prima, il pubblico, o almeno una parte rilevante di esso, crede alle fake news e agisce di conseguenza; la seconda è quella che Aviv Ovadya (esperto mondiale di comunicazione sul web) ebbe a chiamare l’apatia della realtà: sommersa dalla disinformazione, la gente semplicemente inizia a mollare, le persone smettono di prestare attenzione alle notizie e il livello fondamentale di conoscenza richiesto dalle nostre democrazie per funzionare diviene vago ed instabile”. Quindi, secondo Masi, il pericolo esiste. “Avere consapevolezza che il pericolo tocca addirittura il funzionamento della democrazia, può aiutare a trovare soluzioni o quantomeno spingere alla modifica dei comportamenti- sottolinea il delegato italiano alla proprietà intellettuale-. Dopo le prime accuse sull’inquinamento preelettorale delle elezioni americane del 2016, Mark Zuckerberg rispose stizzito sostenendo che solo dei pazzi potevano parlare di fake news alimentate da Facebook: ha dovuto chiedere precipitosamente scusa e si sta ancora scusando“.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Pericoli

“C’è un rischio: andare verso un ulteriore aumento delle disuguaglianze, causato dal solco sempre più profondo tra chi è in grado di cavalcare la rivoluzione digitale e chi ne viene messo ai margini. Tra gli inclusi e gli inclusi. I vincenti e gli sconfitti. Ieri della globalizzazione, domani del capitalismo digitale. Lavoratori sostituiti da robot, dipendenti che non riescono a riqualificarsi, mestieri che si perdono dentro l’automazione“, avverte il senatore Enrico Borghi su Linkiesta. “Oggi – spiega il senatore Iv – stiamo vivendo la nuova rivoluzione produttiva, quella digitale. Essa segue le rivoluzioni che l’hanno preceduta (del vapore, dell’elettricità, del motore a combustione interna) che avevano creato nuove economie ad alta domanda di manodopera. Oggi il passaggio al digitale crea poco lavoro diretto. E si dibatte attorno al rischio disoccupazione indotto dall’intelligenza artificiale“. “Se il nostro futuro è fatto di capitalismo digitale (i dati) e della sorveglianza, di guerre tra gli Stati e di scontri e ricomposizioni tra le potenze economiche della tecnologia che hanno raggiunto – e forse superato – il meccanismo di monopolio dei trust dell’acciaio, del tabacco e del petrolio degli Usa di fine Ottocento, allora si capisce quanto bisogno ci sia della nostra iniziativa politica“, aggiunge Borghi.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Opportunità

La Regione Piemonte pubblica la seconda edizione del bando Swich rivolto alle micro, piccole e medie imprese e alle start up innovative, Ma anche alle grandi imprese e agli organismi di ricerca purché in collaborazione con le pmi. Il bando, analogamente all’edizione del 2023, ha l’obiettivo di sviluppare e rafforzare le capacità di ricerca e di innovazione anche con l’introduzione di tecnologie avanzate e, come per l’edizione precedente, poggia su una dotazione finanziaria di 80 milioni di euro del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr 21-27). Lo sportello aprirà il prossimo 30 settembre e chiuderà il 31 gennaio 2025. “Mai come in questo periodo è fondamentale avviare o, come in questo caso, continuare nel percorso di affiancamento e supporto alle imprese, con particolare riguardo alle micro, piccole e medie imprese che sono la parte preponderante del sistema economico della nostra regione – sottolinea l’assessore regionale alla Ricerca, innovazione, intelligenza artificiale, Matteo Marnati -. Fondamentale è puntare sulla ricerca e sull’innovazione per aumentare la competitività del sistema imprenditoriale piemontese. Si tratta di una misura, messa in campo dalla Regione, che nella prima edizione ha riscosso un notevole successo”.