Il 24 febbraio 2022 ha segnato l’inizio della guerra in Ucraina. Sono trascorsi più di due anni e mezzo di violenze insensate e crisi economica da quel giorno ma, purtroppo, da parte della comunità internazionale, non è ancora stata trovata una soluzione pacifica per far cessare il conflitto. Tutto ciò ha causato la morte di 42 persone al giorno, 20 mila feriti e altre sofferenze immani per la popolazione civile, sfollata e costretta a vivere sotto le bombe.
L’azione di Caritas
La comunità cristiana, in questa grave situazione, è sempre stata al fianco dei civili e, in particolare, grazie all’azione di prossimità di Papa Francesco, culminata con il viaggio del cardinale Pietro Parolin in Ucraina e al supporto delle Caritas, le vittime innocenti e più fragili del conflitto, sono state supportate in diversi modi, sia dal punto di vista morale che materiale. Uno di questi è rappresentato dal progetto “Super”, acronimo di Support ukrainian population for the emergency and rehabilitation il quale, con diverse opere, si impegna per migliorare la salute delle persone e i servizi di base. Interris.it, in merito a questa progettualità, ha intervistato il dott. Ettore Fusaro, membro dell’Ufficio Europa di Caritas italiana che, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, si occupa di progetti di aiuto alla popolazione locale.
L’intervista
Dott. Fusaro, quali sono, allo stato attuale, le conseguenze più gravi del conflitto sulla popolazione civile ucraina?
“Le popolazioni e le regioni situate lungo la linea del conflitto, estesa per migliaia di chilometri, provano gravi conseguenze dal punto di vista materiale. Ci sono sfollati che vengono evacuati dalle loro case e, diversi territori, sono occupati. Ciò comporta una serie di gravi conseguenze: basti pensare alle vittime della guerra, al dolore subito dalle famiglie, alla distruzione dell’economia, del welfare nonché del sistema scolastico e sanitario. Le comunità coinvolte in tutto ciò vivono continuamente in uno stato di allarme e patiscono i danni visibili e invisibili di un conflitto il quale, ormai, sta andando avanti da due anni e mezzo”.
Come nasce e che obiettivi ha il progetto “Super”?
“Il progetto ‘Super’ nasce da una collaborazione con le due Caritas nazionali ucraine, una di riferimento alla Chiesa greco cattolica e una a quella latina, in sinergia con il Vis, i salesiani greco – cattolici di Liviv e ad alcuni partner della Caritas greco – cattolica. Attraverso la nostra presenza sul territorio, sin dall’inizio del conflitto, abbiamo notato che, i temi della sanità, della disabilità e dell’assistenza psico fisica alle vittime della guerra, rappresenta una priorità a cui dare una risposta. Le conseguenze psicologiche di ciò che sta accadendo in Ucraina dureranno per molto tempo quindi, tutti insieme, abbiamo deciso di fare un progetto comune, utilizzando anche la possibilità che, il governo italiano, ha dato attraverso la cooperazione. Da questo punto di vista, il progetto ‘Super’, costituisce una parte di un intervento molto più ampio, messo in campo da Caritas Italiana, sul tema della disabilità che, insieme ad altri programmi, sta supportando le due Chiese ucraine e i rispettivi territori”.
Quali sono i vostri auspici per lo sviluppo del progetto? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la realizzazione delle attività?
“Attualmente, il progetto ‘Super’, sta portando avanti la ricostruzione di una palestra riabilitativa e di una mensa presso un centro riabilitativo; tutto ciò è svolto in sinergia con la cooperazione italiana. Invece, in altri luoghi, stiamo realizzando campi di formazione per il personale dedicato e settimane di aiuto sviluppate per le famiglie che hanno dei bambini con disabilità, pensate con uno sguardo triennale. Alla luce di ciò, ci sarà bisogno di nuovi servizi e terapie. È difficile fare una programmazione specifica con un conflitto in corso e, sicuramente, ci servirà un supporto economico e, nel corso del tempo, potranno esserci altre iniziative. Basti pensare che, ad esempio, nel corso di quest’estate, Caritas Italiana, sta ospitando 700 minori provenienti dalle comunità ucraine, al fine di permettere loro un periodo di lontananza dalle zone di guerra. Tutto ciò è stato reso possibile grazie all’ospitalità che, le diocesi e le famiglie italiane, hanno portato avanti”.