30Padre Jorge Carlos Naranjo Alcaide, missionario comboniano, opera a Khartoum (Sudan) da quindici anni. “La situazione economica è peggiorata gradualmente negli ultimi anni dalla secessione del Sud Sudan nel 2011 dove si trovava il 75% dei pozzi petroliferi del Sudan- spiega il missionario spagnolo-. A inizio mese si è capito che il ripetuto rinvio nella firma dell’accordo per avviare la transizione verso un governo civile ed una democrazia aveva a che fare con l’integrazione delle forze paramilitari nell’esercito regolare. In quei giorni 60 mila paramilitari hanno occupato un campo sud della capitale. Ed è stata circondata la base aerea militare di Merowe“.
Missione in Sudan
Aggiunge Padre Jorge Carlos Naranjo Alcaide: “In tanti pensavamo che si trattava di dare una prova di forza per ottenere una miglior posizione nel negoziato in corso. Invece si preparava un colpo di stato. La popolazione è stremata dalla crisi economica e dall’aumento incessante dei prezzi. A soffrire maggiormente della condizione di insicurezza sono le fasce più fragili della popolazione che oltre al disagio economico crescente si trovano a dover fronteggiare l’insicurezza provocata dagli scontri in atto. L’incremento degli sfollati interni è la fotografia di un quadro in rapido peggioramento”. E ora è corsa contro il tempo per evitare un disastro umanitario.
Ostacoli
L’Unhcr, agenzia Onu per la gestione dei rifugiati, si mobilita per aiutare le persone in fuga dal Sudan verso i paesi limitrofi. L’impatto umanitario della crisi è pesante. Il Sudan ospita più di un milione di rifugiati e 3,7 milioni di sfollati interni. I programmi di assistenza, già sovraccarichi, sono ora gravemente ostacolati. “Tutte le nostre operazioni nei Paesi confinanti con il Sudan sono colpite da questa nuova emergenza- spiegano gli operatori dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite-. Si tratta di missioni che soccorrono e ospitano già grandi popolazioni di rifugiati e sfollati interni. E sono anch’esse estremamente sotto finanziate. È necessario un sostegno urgente. Per garantire l’assistenza tempestiva a coloro che fuggono dalle ostilità“.
Emergenza Sudan
L’Unhcr sta aumentando l’assistenza alle persone in fuga verso i Paesi confinanti con il Sudan. Dove i combattimenti sembrano destinati a provocare ulteriori spostamenti sia all’interno che all’esterno del Paese. Finora, nella regione, i movimenti oltre confine più significativi sono stati quelli dei sudanesi in fuga verso il Ciad. E dei rifugiati sud sudanesi che fanno ritorno in Sud Sudan. “Abbiamo anche segnalazioni di persone che iniziano ad arrivare in Egitto. Ma al momento non sono disponibili numeri precisi– riferiscono all’agenzia Onu-. Sono sotto osservazione i movimenti che interessano la popolazione e che ci aspettiamo di valutare nei prossimi giorni. Ci sono i flussi in uscita di nuovi rifugiati sudanesi verso i Paesi limitrofi. Il ritorno dei rifugiati attualmente ospitati dal Sudan. E i movimenti di altri rifugiati ospitati dal Sudan verso altri Paesi limitrofi”.
Risposta congiunta
“Stiamo lavorando a stretto contatto con i partner e i governi nella regione– riferiscono all’Alto Commissariato per i rifugiati-. Occorre valutare i bisogni dei nuovi arrivati. E preparare una risposta congiunta. Vogliamo ringraziarli per aver continuato a tenere aperte le frontiere a coloro che fuggono dal Sudan. Per cercare protezione internazionale o per fare ritorno nei Paesi d’origine“. In Ciad, l’Unhcr e i partner hanno dispiegato team di emergenza lungo il confine orientale con il Sudan”. Ciò per rispondere ai bisogni urgenti di protezione e assistenza umanitaria. Il governo del Ciad e l’Unhcr “hanno avviato attività di preregistrazione per identificare i nuovi arrivati e valutare i loro bisogni“. Dall’inizio dei combattimenti, “almeno 20.000 rifugiati sono fuggiti attraverso il confine con il Ciad”. Molti si trovano in villaggi a soli cinque chilometri di distanza dal Sudan. E si prevede che altri arriveranno nei prossimi giorni.
Forniture
L’agenzia Onu per i rifugiati sta inoltre potenziando le forniture di beni di prima necessità. Tra cui materassini per dormire, sapone e utensili da cucina per 20.000 rifugiati. I rifugiati stanno trovando riparo sotto gli alberi e non hanno acqua pulita e cibo. Si sta predisponendo il trasferimento delle famiglie in un campo profughi esistente più distante dal confine, mentre è stata identificata una nuova località per far fronte agli altri arrivi. Più di 400.000 rifugiati sudanesi sono già ospitati in 13 campi e tra le comunità locali del Ciad orientale. In Sud Sudan, gli operatori dell’Unhcr, insieme ai partner, hanno raggiunto i valichi di frontiera per monitorare i nuovi arrivi e fornire aiuto. “Ad oggi, abbiamo registrato quasi 4.000 Sud Sudanesi che hanno attraversato il confine con il Sudan. Soprattutto attraverso il valico di Renk, nello Stato dell’Upper Nile- puntualizzano all’Unhch-. È possibile che ne arrivino altri attraverso passaggi di frontiera informali“.
In viaggio
Molti tra coloro che arrivano hanno avuto modo di pagare il trasporto da Khartoum e continuare il viaggio in Sud Sudan. Hanno raccontato al personale dell’Alto Commissariato Onu, di un gran numero di connazionali che sta cercando di raggiungere il confine a piedi. È difficile confermare il numero di coloro che sono in viaggio verso il Sud Sudan. Si registra tuttavia un aumento giornaliero degli arrivi a Renk. È probabile che coloro che arrivano a piedi siano più vulnerabili e abbiano maggiori necessità rispetto ai primi arrivati. In Sudan ci sono oltre 800.000 rifugiati sud sudanesi. Un quarto dei quali si trova a Khartoum ed è direttamente colpito dai combattimenti. Per sostenere le autorità locali e nazionali, l’Unhcr sta allestendo centri di accoglienza al confine con il Sudan meridionale per la registrazione e l’identificazione di emergenza delle persone vulnerabili in arrivo. E per la distribuzione di generi di prima necessità, come l’acqua potabile.
Destabilizzazione
“Stiamo collaborando con i partner per creare strutture di telecomunicazione al confine. In modo che i nuovi arrivati possano contattare le loro famiglie e per facilitare il viaggio– precisano all’Unhacr- Si prevede che la maggior parte di coloro che stanno facendo ritorno, si dirigerà verso zone del Paese estremamente fragili a causa del conflitto. Del cambiamento climatico o dell’insicurezza alimentare. O di una combinazione di tutti e tre. Il Sud Sudan sta già soffrendo una grave crisi umanitaria“. Il Paese conta più di 2,3 milioni di sfollati interni; quasi tre quarti della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria. E 2,2 milioni di sud sudanesi sono rifugiati nei Paesi vicini. L’Unhcr esprime preoccupazione per il fatto che un numero elevato e non pianificato di nuovi ritorni nel Paese possa destabilizzare le comunità locali già in difficoltà.