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La storia di Ghadi: dalla paura alla speranza grazie al cuore di due donne

Ghadi, giovane libanese, è stato aiutato dalla onlus Second Generation Aid (SGA), un'associazione senza fini di lucro che fornisce assistenza socio-sanitaria gratuita e di primo livello alle popolazioni emarginate e vulnerabili in Libano

“L’8 marzo si celebra la Festa della Donna. Un riconoscimento a tutte le donne del mondo: mamme, figlie, nonne, zie, sorelle… che in ogni loro età sono persone stupende. Nel mondo poi ci sono alcune donne che fanno cose davvero speciali per il prossimo, pur potendo scegliere di passare il loro tempo con i propri familiari. Come Lucia e Nadia, dottoresse in pensione, che donano la loro vita in Libano per curare i malati di vari campi profughi libanesi”. Così don Aldo Buonaiuto, sacerdote della parrocchia San Nicolò di Fabriano (AN) e fondatore del quotidiano Interris.it, ha presentato le due “dottoresse di strada” ai bambini del catechismo e ai loro genitori, in vista dell’imminente Festa della Donna.

“La dottoressa Lucia de Conno ha fondato nel 2017 la onlus Second Generation Aid (SGA), un’associazione senza fini di lucro che fornisce assistenza socio-sanitaria gratuita e di primo livello alle popolazioni emarginate e vulnerabili in Libano in diversi campi profughi siriani e palestinesi del Paese dei Cedri. Sono donne che non hanno scelto di fermarsi dopo la pensione, ma di moltiplicare la propria opera di carità lontane da casa. Con loro, si sono poi uniti altri colleghi”.

La dottoressa Lucia de Conno in Libano. Foto: @secondgenerationaid

La missione di Lucia de Conno in Libano

“Siamo una onlus nata al contrario – racconta la dottoressa de Conno – a partire da un’esperienza di volontariato spontaneo e occasionale cominciata un giorno di febbraio del 2016. Eravamo in tre: un giovane siriano laureato in legge, una giovane donna libanese famosa scrittrice e raro esempio di emancipazione femminile, e la sottoscritta, dermatologa da poco pensionata. Volevamo fare un giorno di volontariato nei campi profughi siriani nella valle di Bekaa, a 30 km dalla capitale libanese Beirut. Eravamo convinti che, una volta appagata quella curiosità che spinge a voler vedere con i propri occhi, tutto sarebbe ritornato come prima, alla nostra vita di sempre. Invece quell’esperienza ha cambiato definitivamente le nostre vite”.

“Ci siamo ritrovati all’interno di una realtà inaspettata, con migliaia di persone – anziani, bambini, malati, donne incinta, disabili …. – che avevano bisogno di tutto. Avevano freddo, fame, mancanza di soldi, elettricità…una vita difficile. Specie per i più piccoli”.

“Ho visitato dei bambini che facevano scuola in un container. Quell’incontro mi ha emozionato molto perché, prima di essere un medico, sono una nonna: ho due nipotini dell’età di quei bambini che facevano scuola in un container senza riscaldamento, al freddo”.

“Una scuola senza nulla: solo delle ‘mura’ di metallo leggero. Non sono coibentate, sono sottili, il vento e la pioggia passano dalle fessure o da sotto il pavimento. Fuori, quando piove, c’è tutta fanghiglia perché non ci sono strade asfaltate”.

“Non sono le scuole italiane, costruite all’interno di un edificio con aule riscaldate in muratura, materiali, libri, attaccapanni, armadietti, palestre, lavagne, computer e bagni…lì tutto questo non esiste”.

I luoghi dove opera Second Generation Aid in Libano. Foto: sito di SGA onlus

“I piccoli studenti erano bambini rifugiati dalla Siria che provenivano da anni di guerra. Molti di loro erano nati all’interno del campo profughi libanese da genitori siriani scappati dalle bombe. La guerra in Siria va avanti infatti da 12 lunghi anni. Questi bambini, senza nessuna cittadinanza (né siriana, né libanese), erano cresciuti in un luogo di estrema povertà: dormivano all’interno di tende o casette fatiscenti, costruite alla bene e meglio, senza riscaldamento e bagni igienici e senza acqua corrente”.

“Quando iniziammo a visitare i bambini nelle scuole, presentavano tante malattie della pelle. Io sono una dermatologa. Avevano tante infezioni legate alla miseria e all’assenza di acqua. Li ho messi a paragone ai miei nipotini e mi sono chiesta: ‘Chissà se i miei nipotini sanno della vita di questi altri bambini nel mondo, piccoli come loro ma nati nel posto sbagliato, pur senza nessuna colpa. E se si rendono conto dell’estrema fortuna che hanno avuto nel nascere in un Paese ricco come l’Italia”.

“Dopo il mio primo viaggio in Libano – prosegue Lucia – mi sono resa conto che le mie risorse non erano sufficienti per soddisfare le esigenze di tutti. La necessità spaziava dalla chirurgia alla ginecologia, alla rieducazione motoria, e tante altre branche mediche. È nato quindi il desiderio di fare di più e di farlo in maniera più completa e strutturata. Così nel 2017 ho fondato la onlus Second Generation Aid”.

“Il nostro obiettivo è cercare di portare salute e farmaci negli insediamenti dove gli aiuti internazionali arrivano con grande difficoltà. Nel nostro statuto non c’è preclusione di attività, se non la precisa volontà di non avere fini di lucro personali”.

“Attualmente – aggiunge la dottoressa – siamo 5 o 6 medici di buona volontà: il nostro team di volontari è composto da un dermatologo, un otorino, un oculista, radiologi ed ecografisti: tutti pronti a partire per dedicarsi ad una visita specialistica nelle scuole e negli insediamenti libanesi. In gruppo portiamo la nostra competenza in una sorta di medicina di strada emergenziale. Ma nel futuro vorremmo poter esercitare la formazione necessaria ai medici locali o ai tutori della salute nei campi, occupandoci di una medicina specialistica di prossimità e dando finalmente delle risposte alle aspettative dei siriani nei campi”.

Don Aldo Buonaiuto introduce la testimonianza sulla storia di Ghadi dinanzi ai bambini del catechismo e ai loro genitori presso la parrocchia di San Nicolò a Fabriano

La storia di Ghadi

“Dopo due anni dalla fondazione della onlus SGA, ho conosciuto la dottoressa Nadia Federici. E’ stata più volte con me in Libano ed eravamo insieme quando abbiamo conosciuto Ghadi, un ragazzo 22enne”, prosegue la dottoressa Lucia, passando la parola alla collega Nadia.

“Sperimentiamo la provvidenza ogni giorno, in tutti i nostri viaggi in Libano”, esordisce la dottoressa Nadia Federici. Noi andiamo anche in zone pericolose, non tutti pensano che siamo degli ‘amici’. Ma finora è sempre andato tutto bene. Chi comprende il nostro ruolo sono i poveri, che accorrono da noi per farsi curare”.

Ghadi con i suoi genitori

“In Libano infatti la sanità non è gratuita come in Italia. Le visite vanno pagate, così come le medicine, le analisi, le cure e gli eventuali ricoveri. Le cure e le analisi per le malattie gravi, costano tantissimo. E la maggior parte delle persone non possono permettersele. Perciò, anche di fronte ad una malattia gravissima e potenzialmente mortale, alcune persone sono costrette a rinunciare a curarsi perché non hanno i soldi per farlo. O, anche se trovassero i soldi indebitandosi, potrebbero non essere disponibili le cure. C’è infatti una carenza di medicinali in Libano. Una grave ingiustizia sulle spalle dei poveri e dei malati gravi”.

“Ho conosciuto Ghadi qualche tempo fa. E’ un ragazzo di 22 anni che studia ingegneria edile. Era venuto una mattina a chiederci aiuto per un problema dermatologico. Casualmente, gli ho toccato una spalla e mi sono accorta della presenza di un bozzolo duro. Gli chiedo cosa fosse e lui racconta che gli è stata diagnosticata una gravissima forma di tumore osseo, il sarcoma. Stava facendo delle chemioterapie (a prezzi altissimi) per combattere quel male che era già la seconda volta che tornava. I medici libanesi gli avevano dato una pillola come ‘ultima spiaggia’ che però non aveva funzionato”.

“E ci chiedeva se in Italia era possibile fare un esame specifico che sarebbe servito ai medici per approntare una terapia più mirata. Un esame impossibile da fare in Libano perché richiede attrezzature all’avanguardia che quel Paese, al collasso da anni, non ha. Così come mancano le medicine. Aveva già chiesto in America ma, dopo aver speso migliaia di dollari per avere una risposta, gli avevano detto che non potevano farglielo”.

Ghadi

“Era un esame complicatissimo. Per questo decidemmo di portare Ghadi in Italia. Dopo una lunga trafila burocratica sia libanese, sia italiana, Ghadi è arrivato a Roma. Nel frattempo i mesi erano passati e la malattia era proseguita. Ghadi era molto abbattuto e spossato dalle chemio; riusciva a malapena a camminare. Con il nostro aiuto, dopo mesi di attese, finalmente Ghadi ha iniziato le cure al Torrette di Ancona”. Il cammino verso la guarigione è ancora lungo, ma grazie all’amore e alla dedizione delle due dottoresse della onlus Second Generation Aid, Ghadi ora la possibilità di curarsi.

Infine, la dottoressa De Conno ringraziato don Aldo per aver accolto il ragazzo e la sua famiglia attraverso l’associazione Pace In Terra, per essersi adoperato ad organizzare le cure necessarie nella sanità marchigiana e per la grande accoglienza nella comunità di San Nicolò di Fabriano.

Anche don Aldo ha voluto esprimere il suo ringraziamento “a tutti coloro che si stanno prendendo cura di questo giovane e che hanno permesso il suo inserimento nella nostra Regione e in questa cittadina”.

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