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“Stiamo calmi”: come gestire la rabbia

La rabbia vista come strumento di 'non' comunicazione. I consigli per come superarla nell'intervista alla psicologa Marina Zanotta

Il rapporto figli genitori è da sempre stato fatto di odi et amo, soprattutto nella fase dell’adolescenza. In questi mesi i ragazzi sono stati costretti a rimanere in casa costretti anche a subire un po’ quello che è lo stress della convivenza forzata con genitori e fratelli. Ma quante volte ai genitori capita di dover fronteggiare un attacco di rabbia del proprio figlio con la sensazione che ogni sua risposta non sia efficace nel calmarlo, ma che, anzi, ne peggiori solo gli effetti. Ci si sente impotenti e incapaci di rispondere alla crisi con la medesima rabbia, magari sentendosi anche in colpa, o mortificati.

Come calmare la rabbia dei ragazzi?

Per riuscirci è indispensabile capire che cosa sia la rabbia dei bambini per imparare a decodificarne i messaggi, invece che amplificarne la negatività. Perché c’è sempre una ragione la rabbia. Bisogna comprendere la visione che i ragazzi hanno del loro piccolo mondo, aiutarli a comprenderlo e, quando serve, adattare la situazione alla loro necessità. Questo è lo scopo dei consigli di Marina Zanotta, psicoterapeuta ed esperta di infanzia e pre-adolescenza, che fornisce in Stiamo calmi! la prima guida completa ad ampio raggio dedicata ai genitori che non vogliono soccombere affrontando in dettaglio il significato e il valore della rabbia come strumento di (non) comunicazione, e suggerendo le migliori risposte educative e comunicative da mettere in atto per capire che a volte la rabbia dei piccoli va accettata perché può essere un segnale utile e positivo per la loro crescita. InTerris l’ha incontrata per conoscere a 360° il mondo dei ragazzi ed il perché della loro rabbia.

 

Come ha influito questa situazione sui comportamenti dei ragazzi?
“Come sempre accade in situazioni storiche di forte stress come quella che abbiamo passato nei mesi scorsi, il fatto che le relazioni funzionino bene o male dipende dalle basi educative e relazionali che la famiglia è riuscita a mettere in campo già in tempi di normalità: più stabili e positive erano le situazioni precedenti, meglio si sono gestite le relazioni nel lockdown anche se la convivenza forzata aumenta inevitabilmente i livelli di tensione perché non sempre è possibile prendersi momenti e spazi di riflessione individuale. Purtroppo, però, i dati dell’OMS hanno registrato anche un innalzamento di quasi il 60% delle segnalazioni legate a episodi di violenza domestica nel lockdown”.

L’adolescenza è una fase molto delicata, durante la quale i ragazzi affrontano momenti altalenanti. La depressione a volte sembra essere dietro l’angolo: come fare per aiutare i ragazzi in questo periodo della crescita?
Il fenomeno della depressione, soprattutto in età evolutiva, è strettamente legato alla percezione dell’impossibilità di costruirsi un futuro sereno e soddisfacente e si tratta di un fenomeno che non dovrebbe essere sottovalutato. Per sostenere i ragazzi nei periodi di grandi cambiamenti sono necessarie due doti fondamentali, da parte degli adulti: pazienza e capacità di ascolto. Bisogna sapersi mettere a disposizione dei ragazzi, ascoltandoli nelle loro paure e sostenendoli nella costruzione della loro persona che loro vorranno e potranno diventare da grandi, rendendosi disponibili all’affrontare le difficoltà insieme a loro, ma rispettando anche la necessità di provare a sperimentarsi da soli. Insomma, comportarsi in modo molto simile a quello di un allenatore sportivo di alto livello: fornire gli strumenti, ascoltare le difficoltà per provare a trovare una strategia per superarla, ma permettere che la partita vera la giochino da soli fidandosi della bontà del risultato, perché anche una delusione aiuta a crescere se affrontata nel modo corretto”.                                                      

Non solo depressione ma anche irascibilità e, a volte, violenza. Lei ha scritto un libro su questo argomento: come può un genitore aiutare il proprio figlio quando affronta dei momenti di crisi di questo tipo?
Come racconto nel mio libro ‘Stiamo calmi! Gestire la rabbia dei bambini per non farsene contagiare’ (Rizzoli) l’educazione alla gestione delle proprie emozioni e, quindi, anche della rabbia, comincia fin da piccolissimi e passa, inevitabilmente, attraverso la relazione con mamma e papà, prima, e con il resto del mondo, poi. Permettere ad un bambino di sperimentarsi nell’espressione della rabbia, accogliendola e restituendogli il fatto che sia un’emozione legittima, anche se bisogna imparare ad esprimerla in modo adeguato, permette al bambino stesso di conoscere un pezzo in più della propria individualità, a non temerla e a lavorare per imparare ad utilizzarla per comunicare quello che prova e non ad aggirarlo e basta. L’adolescente e il giovane adulto che ne deriveranno, saranno persone emotivamente consapevoli, e dotate di strumenti efficaci per entrare in relazione con il mondo in modo adeguato e sereno”.    

Quali sono le paure più frequenti dei ragazzi durante l’adolescenza?
“Ogni fascia di età ha i suoi scogli evolutivi che si scontrano con la realtà e le difficoltà del mondo degli adulti, generando sia la spinta per voler crescere, sia le paure legate ad doverlo fare. Direi che i timori principali degli adolescenti di oggi riguardano proprio la difficoltà nello scoprire chi sono e nella possibilità di costruirsi un futuro soddisfacente, perché quando provano a immaginarsi ‘grandi’ si trovano davanti alla prospettiva di una realtà adulta estremamente faticosa e affaticata”.                           

Alla fine di queste riflessioni si evince che essere genitori non è facile: esiste una ricetta per diventare genitori modello? Come fare per cercare di aiutare i propri figli nel vivere nel modo più sereno possibile?
Il genitore perfetto non esiste e non deve esistere; il modo migliore per crescere i propri figli è quello di rendersi un ‘buon genitore’, ovvero una persona che cerca di sintonizzarsi al meglio con le necessità pratiche, ma anche emotive e relazionali dei propri figli e lavora con loro, non al posto loro, per costruire una strada per raggiungere questi obiettivi. Il buon genitore mette regole, ascolta e sa sbagliare, ma sa anche chiedere scusa quando se ne accorge e aiuto quando serve”.

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