Oggi, 26 giugno, si celebra la Giornata internazionale a sostegno delle vittime della tortura. La tortura ĆØ un crimine sancito dal diritto internazionale, presente nella Dichiarazione Universale dei Diritti umani, secondo la quale ānessun individuo potrĆ essere sottoposto a tortura, a trattamenti o a punizioni crudeli, inumani o degradantiā. Non solo, ma ĆØ anche oggetto della Convenzione contro la tortura, entrata in vigore nel 1987 e ratificata, ad oggi, da piĆ¹ di 160 Paesi.
Eradicare la pratica della tortura
Lāeliminazione della pratica della tortura nel mondo ha costituito una delle maggiori sfide delle Nazioni Unite sin da pochi anni dopo la sua istituzione. Nel 1984, lāAssemblea Generale approvĆ² la Convenzione contro la Tortura, i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumani e Degradanti, entrata in vigore il 26 giugno 1987. Le Nazioni Unite hanno inoltre riconosciuto la necessitĆ di assicurare assistenza alle vittime delle torture. A tal fine, nel 1981, lāAssemblea Generale istituƬ il Fondo delle Nazioni Unite per le Vittime della Tortura, finanziato con contributi volontari dei Governi.
Purtroppo, tutte le organizzazioni non governative che sorvegliano e lottano per il rispetto dei diritti umani sono concordi nel denunciare la pratica della tortura anche in Paesi firmatari della Convenzione: si stima infatti che siano piĆ¹ di 50.000 le vittime registrate ogni anno.
Approfondiamo l’argomento con il dottor Antonio Stango, presidente della Federazione Italiana Diritti Umani (FIDU) e del Centro Europeo di Studi Penitenziari (CESP-Europa).
L’intervista adĀ Antonio Stango, presidente FIDU e CESP
Cosa si intende per tortura?
“In termini di diritto internazionale, sono violazioni dei diritti umani tutti i comportamenti messi in atto da Stati o da loro agenti che impediscono ad individui o a gruppi di persone lāesercizio dei diritti statuiti dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948, dai Patti Internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 e ā per gli Stati che le hanno ratificate ā da particolari Convenzioni in materia. Atti simili commessi da āattori non stataliā (come, ad esempio, gruppi terroristici o della criminalitĆ organizzata) sono invece da considerarsi reati, per i quali la responsabilitĆ ĆØ individuale ed ĆØ trattata dai codici penali”.
La FIDU promuove e tutela i diritti umani, civili, sociali e politici. Cosa sono le violazioni dei diritti umani? La tortura ĆØ compresa?
“La tortura ĆØ senzāaltro una grave violazione dei diritti umani ed ĆØ stata proibita in modo esplicito giĆ nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che, allāarticolo 5, stabilisce: ‘Nessun individuo puĆ² essere soggetto a tortura o ad altri trattamenti o punizioni inumani e degradanti’. La Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, approvata dallāAssemblea Generale dellāONU il 10 dicembre 1984 ed entrata in vigore il 26 giugno 1987, ha poi specificato in 33 articoli una serie di definizioni e ha chiesto agli Stati di adottare misure efficaci per prevenire la tortura, quindi anche di compiere azioni positive in questo senso e non solo di non compierne di negative”.
La tortura ĆØ una pratica disumana nonchĆ© inutile. Eppure ĆØ sistematicamente praticata in molti Paesi. PerchĆ©?
“Liberarsi dalla pratica della tortura ĆØ stato in molti casi un processo che ha richiesto una lunga evoluzione culturale, giuridica e politica. Comprenderne lāinutilitĆ e insieme arrivare a decidere che si tratta di qualcosa che, oltre a ripugnare profondamente alla coscienza di quasi tutti, rende lo Stato indegno di rispetto ĆØ un traguardo cui si ĆØ giunti nei Paesi democratici, dove pure talvolta se ne verificano ancora dei casi isolati. Rimane praticata sistematicamente in Paesi a regime dittatoriale, sia per ottenere delle confessioni che per punire crudelmente in particolare i prigionieri politici, oltre che per mostrare da parte del potere una violenza capace di terrorizzare la popolazione”.
La tortura ĆØ vietata in un numero sempre crescente di Nazioni. Ć perĆ² effettivamente cosƬ o in taluni casi ĆØ solo un “No” di facciata?
“La Convenzione contro la tortura ĆØ stata ratificata da 173 Stati sui 193 membri delle Nazioni Unite – con alcune eccezioni come quella dellāIran, in cui il regime islamista degli ayatollah ĆØ notoriamente uno dei massimi perpetratori di violazioni dei diritti umani al mondo. Inoltre, ĆØ ormai considerata non solo vincolante per gli Stati che vi hanno aderito, ma anche per tutti gli altri in quanto ormai parte del diritto internazionale consuetudinario. Tuttavia, ĆØ vero che per diversi Stati a regime piĆ¹ o meno apertamente autoritario lāadesione ĆØ stata finora soprattutto di facciata. Sempre ricordando che, oltre agli impegni formali, occorre quindi che i governi abbiano la volontĆ politica di adeguarvisi nei fatti, ĆØ importante che gli Stati ratifichino anche il Protocollo addizionale adottato dallāAssemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2003 ed entrato in vigore il 22 giugno 2006, che ha ad oggi 88 Stati parti e che prevede l’istituzione di un sistema di visite regolari svolte da organismi indipendenti nazionali e internazionali nei luoghi in cui le persone sono private della libertĆ . Questo contribuisce a far superare lāimpunitĆ di cui spesso si avvalgono i responsabili e facilita la prevenzione”.
Giornalisti, politici, operatori umanitari, semplici cittadini, donne, disabili. Quali sono le tipologie di vittime di tortura piĆ¹ frequenti?
“Nei Paesi a regime autoritario si tratta soprattutto degli oppositori politici, sottoposti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti sistematicamente – e anche per molti anni o finchĆ© non sopraggiunge la loro morte. Negli stessi Paesi, le forze di polizia e la magistratura sono di solito abituate a estorcere confessioni con la tortura per giungere alla condanna di persone arrestate perchĆ© sospettate di un reato. Gravi maltrattamenti di persone fermate o in stato di detenzione si verificano poi con una certa frequenza in Paesi democratici in zone con un alto tasso di violenza, come vediamo ad esempio negli Stati Uniti; in questo caso, le vittime sono quasi sempre persone che appartengono a gruppi sociali particolarmente svantaggiati. Giornalisti indipendenti e avvocati sono altre categorie a forte rischio di tortura in diversi Paesi. Le donne, invece, sono oggetto di ogni sorta di discriminazione sotto ogni regime misogino, tipicamente quelli con formula politica islamista. Per quanto riguarda trattamenti inumani o degradanti non tali da essere definibili come tortura, ma sempre inaccettabili, ricordiamo che purtroppo anche lāItalia ĆØ stata spesso condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo per le condizioni di detenzione e in particolare per il sovraffollamento, che caratterizza molti luoghi di privazione della libertĆ del nostro Paese”.
Vuole fare un appello o una conclusione in vista della giornata odierna?
“Oltre che adottare leggi, provvedimenti amministrativi e comportamenti adeguati, i governi, nelle loro relazioni bilaterali e negli organismi multilaterali, dovrebbero dedicare maggiore attenzione a monitorare reciprocamente le gravi violazioni dei diritti umani in ogni Paese e chiederne conto con fermezza. Questo puĆ² essere ottenuto anche attraverso lāimpegno delle rilevanti organizzazioni della societĆ civile, che hanno bisogno del sostegno di tutti coloro che credono nei diritti e nella dignitĆ di ogni essere umano. AffinchĆ© tale piaga inumana venga ovunque definitivamente eradicata”.