Stop allo spreco alimentare. Recuperare il cibo invenduto per combattere le iniquità sociale. Il mondo si avvicina rapidamente al 2030. L’anno di verifica degli Obiettivi dell’Agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. “Ma con tutta evidenza, più ci avviciniamo al traguardo, più si allontanano gli obiettivi fame zero e spreco zero“, spiega l’economista Andrea Segrè. Fondatore della campagna pubblica di sensibilizzazione Spreco Zero. In Italia oltre 2,6 milioni di persone faticano a nutrirsi regolarmente a causa dell’aumento dei prezzi e dei rincari delle bollette. E sono in condizione di povertà più di 1,9 milioni di famiglie, ovvero 5,6 milioni di individui, il 9,4% della popolazione (dati Istat). Siamo ai massimi storici, l’Italia e il mondo devono darsi l’obiettivo di una global food policy come strategia sociale, economica e di sviluppo sostenibile”. Qualsiasi obiettivo deve partire da un quadro aggiornato e realistico dell’esistente. Per questo proprio Andrea Segrè, nella sua veste di direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International, a quattro mani con Enzo Risso, direttore scientifico Ipsos, firma il nuovo saggio “Lo spreco alimentare in Italia e nel mondo. Quanto, cosa e perché” (Castelvecchi)
Progressi
Due anni dopo la pandemia e a 7 anni dal 2030, quando ci si aspetta che il mondo dimezzi lo spreco alimentare, come da Obiettivo 12.3 dell’Agenda delle Nazioni Unite, il traguardo sembra una meta irraggiungibile. Ogni anno 1/3 del cibo continua a perdersi sul pianeta (il 14% dopo il raccolto e il 17% fra commercio e consumo), mentre potrebbe sfamare almeno 1,26 miliardi di persone. Elaborato in sintonia con la Fao, con l’introduzione del chief Economist Fao Maximo Torero Cuellen e la postfazione di Maurizio Martina, vice direttore generale aggiunto Fao, il libro apre un interrogativo urgente sulla reale possibilità di invertire questa tendenza e sugli strumenti utili a misurare gli eventuali progressi, personali e globali. A partire dai dati, quelli dell’Osservatorio Waste Watcher International che da dieci anni predispone monitoraggi aggiornati sugli sprechi alimentari in Italia e anche nel mondo. Tracciando i comportamenti e le abitudini di acquisto e fruizione del cibo dei consumatori ad ogni latitudine del pianeta. Un libro, quindi, che si configura come il più aggiornato Atlante dello spreco alimentare in Italia e nel mondo e individua le principali azioni, pubbliche e private. Necessarie per contrastarlo e arginare il conseguente impatto ambientale, sociale ed economico.
Contro lo spreco
Biova Project, la startup che combatte lo spreco alimentare torna in crowdfunding per immaginare il cibo del futuro. E raccoglie 400mila euro in 5 giorni. “Ogni anno in Europa 931 milioni di tonnellate di cibo vengono gettate. 158,27 milioni di tonnellate derivano da pane, pasticceria e cibi secchi. Noi ridiamo vita agli alimenti inutilizzati trasformando gli scarti in nuove materie prime con cui creare cibi e bevande”, afferma Franco Dipietro, amministratore di Biova Project. La startup innovativa che lotta contro lo spreco alimentare, ha appena avviato una campagna di equity crowdfunding su Mamacrowd per finanziare i propri progetti a favore di una maggiore sostenibilità della filiera alimentare. L’obiettivo minimo di raccolta di 400 mila euro sarà utilizzato per espandere la propria capacità di recuperare invenduti, tramite la creazione di unità denominate Surplus Treatment Unit. Veri e propri centri di stoccaggio e trasformazione dei surplus alimentari in nuove materie prime. “Questo aumento di capitale servirà anche a finanziare un’importante campagna di marketing. Per ampliare ulteriormente la notorietà del brand. E, contemporaneamente, ampliare la nostra rete di vendita e il team interno. Lo scopo è essere sempre più capillari e presenti sul mercato”. Ha spiegato Franco Dipietro, Founder e Ceo della startup.
Missione
Nata nel 2019 a Torino, Biova Project è diventata in breve tempo la più nota startup italiana di economia circolare legata al food & beverage. Fondata da Franco Dipietro ed Emanuela Barbano, la startup è passata da concept a prodotto sugli scaffali della Gdo in pochi mesi. Cominciando a generare revenue già dal primo anno di vita. Il modello di business di Biova Project si basa sul recupero e trasformazione di invenduti e sottoprodotti della filiera agroalimentare italiana in prodotti dal nuovo valore aggiunto. Valorizzando quello che per altri è uno scarto in una nuova risorsa. La startup, infatti, prende accordi con player della grande distribuzione e produzione Per recuperare, stoccare e trasformare cibo invenduto, o non più commercializzabile per motivi estetici, in nuovi prodotti dall’alto valore aggiunto. La maggior parte delle volte il prodotto finito viene rivenduto tramite gli stessi canali del fornitore di surplus. Un modello che ha portato i prodotti Biova Project ad esser venduti in centinaia di punti vendita sul territorio italiano. Presso clienti come COOP Nord Ovest, Carrefour, Eataly, Ikea Italia. Capatoast, Getir, Cortilia, Riso Gallo, Pasta Berruto. Consorzio Prosciutto di Parma e tanti altri.
Crowdfunding
“Biova Project è cresciuta molto negli ultimi anni. E sono contento di vedere che stiamo raggiungendo sempre più persone con i nostri prodotti. Per noi è fondamentale continuare a dare il nostro contributo alla lotta contro lo spreco alimentare. Creando altri prodotti di successo- sostiene Dipietro-. Queste le parole di Dipietro. Ogni anno in Europa 931 milioni di tonnellate di cibo vengono sprecate. 158,27 milioni di tonnellate derivano da pane, pasticceria e cibi secchi. Con i capitali raccolti potremo pensare e sviluppare nuovi prodotti capaci di trasformare invenduti in qualcosa di nuovo, buono e divertente. Potremo allargare la nostra squadra e far sentire ancora di più la nostra voce. La campagna di crowdfunding su Mamacrowd rappresenta un’occasione importante per sostenere un’azienda che sta cambiando il modo in cui oggi guardiamo i sottoprodotti e gli invenduti della filiera agroalimentare”. Nel 2022 la startup ha anche lanciato Ri-Snack, uno snack salato fatto a partire del sottoprodotto della birrificazione, il malto d’orzo esausto,riutilizzato una seconda volta per creare uno spuntino croccante.
Surplus alimentare
Biova Project nasce per dare una seconda vita ai surplus alimentari che, per un motivo o per l’altro, rischiano di diventare scarto. Da 150Kg di pane invenduto, ad esempio, vengono prodotti 2.500 litri di birra artigianale. Risparmiando il 30% di materie prime vergini. Nata nel 2019, in pochi anni ha immesso con successo sul mercato una gamma di birre nate per contrastare lo spreco alimentare, estratte da pane invenduto, sfridi di pasta e rotture di riso. Biova inoltre ha appena lanciato il primo snack da economia circolare, riutilizzando le trebbie. Cioè quello che rimane come sottoprodotto della birrificazione, per creare Ri-Snack. Grazie a una logica di market di successo, spesso i prodotti Biova Project sono distribuiti negli stessi canali dei soggetti che hanno fornito l’invenduto. Ad oggi si possono trovare sugli scaffali di COOP Nord Ovest (300 pdv) e Carrefour (100 pdv), su Cortilia e presso tantissimi altri distributori. Grazie a partnership di successo sono servite catene come Capatoast (40 ristoranti) e tutta Ikea Italia (22 ristoranti e bar). I prodotti stanno avendo molto successo anche nell’hotellerie di lusso, in catene come Melia, Mandarin Oriental ed Nh. Il primo quadrimestre ha registrato una crescita del 300% rispetto all’andamento del 2022.