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“Spostapoveri”: scelta ecologica razionale o necessità sociale?

Le disparità sociali sono evidenziate dalla dura realtà e da una terminologia sprezzante, per edificare, sempre più, le barriere divisorie

Lo “spostapoveri” è un termine (reso famoso e consacrato da un film del 2021, dal titolo “Mollo tutto e apro un chiringuito”), utilizzato per indicare il mezzo pubblico, in genere l’autobus, con il quale si muovono gli italiani che non hanno sufficienti possibilità economiche. Il termine ha acquisito, sempre più, un significato dispregiativo, non solo indifferente alle necessità di chi ha problemi di denaro bensì classista e discriminatorio, ignorando anche l’ipotesi della scelta volontaria del mezzo di trasporto pubblico.

L’origine

La disparità, a volte, è sottile e latente ed è sufficiente una parola per accenderla, per omologare e bollare il prossimo, soprattutto quello più in difficoltà. Nella società dell’esteriore e del materiale, chi utilizza il mezzo pubblico (non contribuendo, peraltro, all’inquinamento) non ha scampo: bollatura sociale. L’origine dello spostapoveri è frutto di un nuovo linguaggio da manager rampanti, più ammiccante all’efficienza, rivolto esclusivamente al raggiungimento del profitto e del successo, indipendentemente dai costi umani e sociali. L’origine stessa, quindi, fotografa la società contemporanea e la certifica, senza paura di nasconderne le imperfezioni, anzi, ne alimenta e ne sottolinea le diseguaglianze. In realtà, non solo poveri ma anche la classe media, provata da rincari dei carburanti, ricorre spesso, più di prima, al mezzo pubblico.

Alcuni dati

Il XX Rapporto sulla mobilità degli italiani, pubblicato nel novembre scorso dall’Isfort (visibile al link https://www.isfort.it/wp-content/uploads/2023/12/RapportoMobilita2023_Def.pdf), riporta una serie dettagliata di considerazioni e numeri. Fra i numerosi dati, si leggeva “Il 75-80% delle percorrenze si esaurisce nel bordo dei 10 km. […] Gli spostamenti dentro il perimetro urbano pesano per i due terzi del totale (erano arrivati ai tre quarti durante la pandemia). […] La mobilità pedonale ha rapidamente perso peso dopo l’esplosione contingente del 2020 e nel 2022 si è attestata al 18% di quota modale, sotto lo share del 2019 (20,8%) e 11 punti in meno dal picco del 2020 […]. La mobilità ciclistica (e micromobilità) guadagna poco meno di un punto tra il 2019 e il 2022, ma i primi dati del 2023 registrano una curvatura negativa non marginale (3,8% contro il 4,7% del primo semestre 2022). Lo share della moto segue l’andamento di quello della bicicletta: un balzo in avanti nel 2021 e nel 2022 fino a raggiungere il 4,1% (contro il 2,6% del 2019) e poi un tendenziale ripiegamento nel primo semestre 2023 (3,9% contro il 4,7% dello stesso periodo 2022). L’automobile ha proseguito nell’ultimo anno il trend di crescita, partendo peraltro da una posizione di mercato dominante, e arriva a soddisfare i due terzi di tutti gli spostamenti nel 2022, quasi 4 punti in punti in più rispetto al 2019 […] Il trasporto collettivo infine continua il percorso di graduale recupero dopo il crollo subito nel 2020 (dimezzamento della quota modale), ma il 7,4% raggiunto nel 2022, o anche il 7,6% del primo semestre del 2023, sono ancora molto lontani dai livelli preCovid (10,8% nel 2019)”.

In libreria

Samuele Briatore, saggista e ricercatore, è l’autore del testo “Il teatro del lusso” (sottotitolo “Tra storie, sfide e performance”), pubblicato da “Marsilio” nell’aprile 2023. Parte dell’estratto recita “Il lusso è un fenomeno antico legato alla storia delle culture e dei costumi, allo sviluppo dei sistemi economici e all’evoluzione del pensiero filosofico. Considerato a lungo fattore di corruzione e di disequilibri sociali, di instabilità politica e degrado morale, il lusso diventa, nell’età moderna, fattore decisivo e strategico del capitalismo e, nel contempo, oggetto di accese polemiche filosofiche circa l’utilità del superfluo e la sua giustificazione morale”.

Il mezzo pubblico

L’automobile presenta, quasi sempre, una dimensione individuale, legata all’unica persona presente nell’abitacolo. Il mezzo pubblico, se non pieno all’inverosimile, può costituire occasione di conoscenza, condivisione dei disagi, informazioni, suggerimenti e aiuto reciproco: a esempio, un caso abbastanza frequente, in cui si sveglia un altro passeggero (conosciuto) al momento giusto per la discesa aiutandolo a non perdere la fermata. Spostapoveri è un termine nuovo per concetti consolidati, riguardanti la povertà o la non accessibilità. 

La “bollatura”

In passato, infatti, la bollatura avveniva anche per le possibilità economiche “certificate” dall’automobile in possesso. Un’utilitaria era, appunto, considerata uno spostapoveri ante litteram. La società contemporanea, per la sua natura consumistica e d’immagine, ha mantenuto ed esasperato il concetto. Nella forbice della povertà c’è, tuttavia, chi è relegato al fondo, poiché costretto al mezzo pubblico e chi, poco più sopra, rimane confinato nel divario, in crescendo, fra automobili di livello e utilitarie. Nell’era dell’esteriore, dove il modello dell’automobile è fondamentale, in cui i parametri del successo si misurano in tatuaggi, labbra rifatte, muscoli scolpiti e abiti griffati, è chiaro che, ridursi a utilizzare i mezzi pubblici, significa scendere nel punto più oscuro, fuori classifica, degli status symbol.

La situazione oggi e ieri

Rispetto al passato, ora vi sono due nuovi aspetti: l’accelerazione prodotta dal web e il coinvolgimento massiccio della gioventù. I social amplificano la forbice sociale e proiettano i giovanissimi alla competizione video/fotografica, per apparire sempre più “su”, adepti convinti del culto del possesso. Ostentare è un’azione continua, qualcuno lo ha anche definito una “religione”, con i suoi dogmi e gli atteggiamenti conseguenti. Lo snobismo, infatti, va dimostrato continuamente poiché connaturato non soltanto a uno stile di vita ma a una proprietà intrinseca all’essere che lo detiene, come una dote fisica o mentale. Per chi ha potenzialità economiche, risulta più semplice poiché condito da oggetti e stili di lusso. Per chi non è benestante ma punta a dimostrarlo a ogni costo, si tratta di ondeggiare fra il possibile e l’impossibile, rasentando perigliosi squilibri economici pur di apparire, nonché puntare sulla massima distanza fattibile da chi ha difficoltà finanziarie: più aumenta il distacco, percepito e reale, più chi ostenta si sente realizzato, invidiato, irraggiungibile. Più l’invidia viene celebrata, nei social e nella realtà, da chi non può raggiungere certi ambiti e beni ma li desidera e lo dichiara, più l’ostentazione si afferma. Vige, diffuso, il falso principio: indebitarsi, pur di possedere un’automobile ed essere ammirato, anziché rimanere un povero, fallito ed escluso.

Rivestirci di esteriorità

Papa Francesco, durante l’Udienza Generale del 5 aprile 2023, affermò “Ci rivestiamo di esteriorità che ricerchiamo e curiamo, di maschere per camuffarci e mostrarci migliori di come siamo. È un po’ l’abitudine del maquillage: maquillage interiore, sembrare migliore degli altri … Pensiamo che l’importante sia ostentare, apparire, così che gli altri dicano bene di noi. E ci addobbiamo di apparenze, di cose superflue; ma così non troviamo pace. Poi il maquillage se ne va e tu ti guardi allo specchio con la faccia brutta che hai, ma vera, quella che Dio ama, non quella ‘maquillata’. […] Alle volte, noi siamo tanto abituati a dirci delle falsità che conviviamo con le falsità come se fossero verità”.

 

Il termine non ha ancora trovato la collocazione nei dizionari ma l’utilizzo, sempre più esteso e meno localizzato, lo renderà, probabilmente, uno dei prossimi neologismi. Gli manca, secondo le logiche attuali, la consacrazione del web e dei social, appena otterrà il “la”, sarà virale. La questione non si pone tanto sulla scelta del mezzo (preferire l’automobile perché dona indipendenza, comodità e rapidità di movimento o l’autobus per una scelta ecologista ed economica) quanto sulla convinta connotazione razzista, classista, dispregiativa, concentrata nell’essenza e nella forma del termine spostapoveri: chi lo usa con disprezzo, non conosce le realtà più nascoste e dolorose. In particolare, quelle di chi, senza fissa dimora, per proteggersi dal freddo e dai pericoli, utilizza l’autobus notturno come riparo; si pone in un sedile, all’angolo e si fa trasportare, dormendo, in un viaggio continuo, da capolinea a capolinea, nella metropoli distratta e silenziosa della notte.

Serve più rispetto

Sarebbe opportuno un maggior rispetto per chi, non potendo usufruire di taxi o automobili (poiché non le ha o non può pagare il carburante), non apre comodamente il proprio box auto per calarsi lungo le strade e recarsi al lavoro bensì aspetta, con fiducia, l’arrivo dell’autobus alla fermata, cerca un posto e adagia il capo al vetro del mezzo, sognando, accolto dall’alba che sopraggiunge, un futuro migliore, per sé e per i figli. Lo spostapoveri non è che una definizione per ricordare le diseguaglianze sociali, per rimarcare (e non colmare) le divisioni, a sottolineare la superiorità di alcuni su altri. È una sorta di muro, o di barriera, itinerante: farne a meno rappresenterebbe la forza e il successo, esservi costretti potrebbe dimostrare l’inferiorità, il rango sociale più basso, l’esclusione.

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