Disabilità e sport per tutti: l’impegno della Chiesa

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Sport oltre le barriere della disabilità. In visita alla sede milanese del Coni Lombardia, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini dedica le proprie parole alla programmazione delle prossime Olimpiadi e Paralimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. E sull’inclusione delle persone con disabilità afferma: “Mi permetto di condividere alcune riflessioni con rispetto e stima per il Coni. La pratica sportiva coinvolge anche le persone con disabilità ed è una forma di valorizzazione che è decisiva per la gioia di vivere di una persona”. E aggiunge il capo della Chiesa ambrosiana: “L’organizzazione delle Paralimpiadi deve essere riconosciuta come una forma nobile di attenzione inclusiva. La Chiesa si dichiara alleata di questa avventura che offre anche testimonianza esaltanti di valore sportivo e umano“.

Sport per tutti

In occasione dei Giochi invernali di Pechino, Francesco aveva sottolineato l’importanza delle varie discipline agonistiche nel rendere il mondo unito e aperto. Dagli atleti con disabilità arriva, secondo il Pontefice, un esempio per superare pregiudizi e timori. E dalle storie degli atleti rifugiati si può trarre l’incoraggiamento a non lasciare nessuno indietro. Il presidente del comitato parolimpico italiano Luca Pancalli ha accolto l’appello di Jorge Mario Bergoglio: “Aiutano a far crescere tutto il movimento”. Il vero successo dello sport è quando crea una società più aperta e inclusiva. Rendendo gli atleti, soprattutto quelli paraolimpici e i rifugiati, veri costruttori di pace. È questo l’auspicio di Papa Francesco che si è rivolto ai partecipanti alle Olimpiadi e paralimpiadi che si sono svolte in Cina. “Lo sport, con il suo linguaggio universale, può costruire ponti di amicizia e di solidarietà tra persone e popoli di ogni cultura e religione”, evidenzia il Pontefice

Spirito paralimpico

“Insieme” è la parola chiave per interpretare le paralimpiadi. E in questo senso va l’apprezzamento di Francesco alla decisione del Comitato olimpico internazionale di aggiungere al tradizionale motto “Citius, Altius, Fortius” (più veloce, più in alto, più forte) la parola “Communiter”, “insieme”. È questo l’obiettivo: far “crescere un mondo più fraterno. Insieme”, ribadisce il Papa. Lo sguardo di Francesco va a tutto il mondo paralimpico. “L’esempio delle atlete e degli atleti con disabilità aiuterà tutti a superare pregiudizi e timori. E a far diventare le nostre comunità più accoglienti e inclusive– evidenzia Francesco-. Questa è la vera medaglia d’oro”. Attenzione ed emozione sono anche riservate per le storie personale delle atlete e degli atleti rifugiati. “Le loro testimonianze contribuiscano a incoraggiare le società civili ad aprirsi con sempre maggiore fiducia a tutti. Senza lasciare nessuno indietro.

Risultati solidali

Papa Francesco ha sempre dedicato grande attenzione al mondo paralimpico. E di questo noi tutti siamo orgogliosi”, spiega a Vatican News Luca Pancalli. Il presidente del Comitato paralimpico italiano estende la sua gratitudine da parte di tutto il movimento a livello internazionale. Il Pontefice “dimostra di aver compreso perfettamente quello che è il senso della missione del mondo paralimpico”. Che “non è quella più visibile e percettibile del grande palcoscenico e dei grandi risultati. Ma è invece quella di utilizzare questi grandi risultati e lo sport come strumenti per abbattere le barriere culturali”. Basta, quindi con quei pregiudizi cui “fa riferimento il Santo Padre”. Così da “tentare di creare una società inclusiva dove si valorizzino le differenze. E non si guardino come un qualcosa cui aver paura”. Questo, infatti, è “il senso del mondo paralimpico. E noi siamo fortemente riconoscenti al Santo Padre perché le sue parole aiutano tutto il movimento a crescere”.

Linguaggio universale

“Lo sport da sempre ha declinato una sua ragion d’essere nella consapevolezza di essere un linguaggio universale– puntualizza Pancalli- Lo sport – non solo olimpico, ma anche paralimpico – è quello che può aiutare anche a tentare di costruire società migliori nel futuro. E soprattutto a prendere consapevolezza di quanto una comunità – quindi lo stare insieme, anche in termini di inclusione, integrazione – favorisce quella convivenza che aiuta a conoscersi e riconoscersi nell’altro”. Prosegue Pancalli: “Sia da atleta sia poi da dirigente ho voluto aiutare il movimento paralimpico a uscire da quell’angolo di pietismo nel quale eravamo cacciati. Eravamo cacciati in quell’angolo dall’incultura, dalla non cultura dell’epoca, dalla distrazione, dal disinteresse dei media. Dagli atteggiamenti solidar-pietistici dalla gente. Meritavamo quel rispetto che ci siamo conquistati faticosamente sul campo.  Il mondo paralimpico, il comitato paralimpico, è una grande famiglia. Il fil rouge che tiene unita tutta la famiglia è la sofferenza. Attraverso la quale ciascuno di noi è passato. La sofferenza è un minimo comun denominatore. E per ognuno di noi lo sport ha rappresentato un elemento di esplosione, In termini di speranza. Di capacità. Di riscatto. Del riappropriarsi della vita“.

 

Giacomo Galeazzi: