La condizione delle persone con disabilità e la loro quotidianità, a volte irta di ostacoli da affrontare, vista dall’esterno, può essere percepita come una strada in salita. Federico Rossi, un ragazzo di 28 anni affetto da una disabilità da quando ne aveva 14, a seguito di una malattia virale che l’ha portato a perdere l’uso delle gambe, ha deciso di non arrendersi ed ha affrontato ogni ostacolo e salita che la vita gli ha posto di fronte con grande coraggio e grinta, senza mai darsi per vinto.
La salita dello Stelvio
L’ultima salita affrontata da Federico in termini di tempo è stata quella che l’ha portato, in carrozzina manuale e con la sola forza delle braccia, sulla cima dello Stelvio a 2735 metri di quota, dopo una salita di 25 km e sette ore di percorso. Questa impresa gli ha permesso di diventare il primo atleta paralimpico della storia a percorrere tale tracciato in sedia a rotelle, facendo così segnare un record assoluto. Interris.it l’ha intervistato in merito al significato più profondo della sua impresa sportiva.
L’intervista
Cosa rappresenta per lei lo sport? Cos’ha significato la salita dello Stelvio in carrozzina?
“Lo sport è una strada che mi permette di mettermi il più possibile a confronto con me stesso. La salita dello Stelvio ha significato la conferma di come, il credere fermamente ai propri obiettivi, ideali e sogni, possono essere concretizzati se si ha la volontà di dedicare sé stessi ad un percorso di preparazione importante per il raggiungimento delle finalità che ci si prefissa. In particolare, ho avuto la conferma che, il duro lavoro che mi ha richiesto una grande preparazione negli anni, ha dato i suoi frutti ed anche uno stimolo per iniziare una nuova impresa il prossimo anno.”
Qual è stato il suo allenamento giornaliero per arrivare a questa impresa?
“Il mio allenamento è stato molto variabile, in quanto dovevo assolutamente cercare di trovare un equilibrio tra la necessità di allenarmi e l’esigenza di mantenere le forze per poter lavorare e gestire la mia quotidianità. Mi allenavo due volte al giorno, con un equilibrio che poteva essere ad esempio, il lunedì, corsa in salita la mattina e, nel pomeriggio, il nuoto; il martedì palestra e corsa in pianura. Quindi, alternavo la palestra, il nuoto, la corsa in salita e in pianura, al fine di svolgere degli allenamenti molto vari per circa tre/quattro ore al giorno.”
Che obiettivi sportivi ha per il futuro?
“Sto ancora lavorando per la prossima sfida e la svelerò a breve. In particolare, nella prossima primavera, ci sarà una ulteriore impresa che mi vedrà salire un altro passo. Oltre a ciò, nel periodo invernale, inizierò anche con il nuoto, il quale è uno sport che stimola molto le mie capacità fisiche e potrebbe vedermi protagonista di diverse gare di entità nazionale e spero anche europea. Proseguirò poi con la partecipazione a diverse maratone e mezze maratone con la carrozzina olimpica”.
Quale messaggio vorrebbe lanciare alle persone con disabilità che, in questo momento, stanno facendo fatica ad affrontare la propria condizione?
“Sicuramente di non guardare i limiti che ci sono, ma osservare il più lontano possibile e concentrarsi sulle persone che, come me, non sono sicuramente eroi, ma semplicemente persone che hanno creduto fortemente in un obiettivo molto grande. Nel mio caso, ad esempio, il fatto che l’obiettivo fosse enorme, mi ha portato a volere e dovere crederci fortemente, tanto da quasi dimenticare di essere in sedia a rotelle. Il cercare di superare quotidianamente i propri limiti, senza soffermarsi sulle parole “non riesco” e “non posso” perché, finché non ci si mette alla prova, non lo si può sapere. Nel mio caso, ad esempio, per quanto riguarda l’esperienza dello Stelvio, non avrei potuto definirlo difficile senza averlo provato. Bisogna quindi comunicare alle persone che vivono ogni giorno delle difficolta, di guardare oltre i propri limiti dell’oggi perché, a volte, senza volerlo, grazie alla forza di volontà, si riesce a raggiungere ciò che, nemmeno noi stessi, potremo immaginare di riuscirci, in altre parole è necessario credere che tutto è possibile.”