Nella sede di Palidoro dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma è andato in scena l’Open Day sullo sport adattato per bambini e ragazzi con patologia malformativa a carico degli arti. I minori hanno potuto provare diversi sport adattati, dal basket inclusivo alla scherma passando per il tennis tavolo. Tante le famiglie che hanno partecipato all’evento organizzato dall’Uoc di Neuroriabilitazione e attività sportiva adattata dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù con il supporto delle Associazioni Famiglie Energy Family Project e Raggiungere, con la partecipazione del CIP Lazio rappresentato dal colonnello Marco Iannuzzi e del CSI rappresentato dal vice presidente Lazio dottor Alessandro Pellas. Hanno partecipato inoltre gli atleti paraolimpici Carlo di Giusto e Andrea Pellegrini. Un primo passo verso un progetto strutturato che prevede l’inserimento dello sporto adattato nel progetto riabilitativo individuale. Abbiamo chiesto cosa sia lo sport adattato e quali siano i suoi tanti benefici alla dottoressa Gessica Della Bella, responsabile day hospital neuroriabilitazione e attività sportiva adattata dell’Ospedale Bambino Gesù.
L’intervista alla dott.ssa Gessica Della Bella (OPBG)
Iniziamo con le basi: cosa sono esattamente gli sport adattati?
“Nel 1986 viene assegnata all’attività fisica adattata (APA) la seguente definizione: ‘ogni movimento, attività fisica o sport che può essere praticato da individui limitati nelle loro capacità da deficit fisici, psicologici, mentali o da alterazioni di alcune grandi funzioni. L’obiettivo dell’APA è quindi quella di promuovere un’attività motoria finalizzata a valorizzare e a mantenere le capacità di bambini e adolescenti fragili concorrendo al raggiungimento degli obiettivi preposti. Non sostituisce il programma rieducativo ma lavora in modo sinergico ad esso. Al Bambino Gesù seguiamo bambini con diverse disabilità intellettive-motorie, sensoriali, neuromotorie…per cui abbiamo il dovere di non trascurare l’aspetto ludico ricreativo (denominatore comune dell’età evolutiva) grazie al quale migliora anche la compliance e la partecipazione dei bambini stessi”.
Perché attraverso il gioco?
“Perché parliamo di bambini e sappiamo che la loro principale attività è proprio il gioco. Lo sport è anche attività ludica per cui inserito nel PRI può concorrere al raggiungimento degli obiettivi preposti. Prendiamo l’esempio di un bambino con riduzione dell’uso funzionale di un arto superiore in esito ad una patologia specifica. L’obiettivo è quello di rieducarne la funzione il più possibile integrando il programma rieducativo con il gioco. Il bambino arriva ad utilizzare in modo funzionale anche l’arto colpito divertendosi”.
Può fare un esempio?
“Certamente. Ad esempio, la realizzazione del mezzo campo da basket per la pratica del basket adattato permette di raggiungere una performance motoria e un controllo posturale migliore nei bambini in carrozzina. Presso la nostra struttura abbiamo una linea di day hospital dedicata a bambini con patologia malformativa-agenesia-ipoplasia a carico degli arti; si tratta di una condizione rara ma ad oggi noi ne seguiamo circa 60. Durante il percorso abbiamo pensato che fosse opportuno rieducarli all’utilizzo della protesi anche attraverso un’attività sportiva adattata, dando quindi la possibilità di seguire un percorso dedicato alla rieducazione motoria e allo sport. Si tratta di un programma integrato al progetto rieducativo atto a migliorare la funzione motoria e contestualmente al raggiungimento di una maggiore consapevolezza sulle proprie abilità con ricaduta sull’autonomia personale nelle attività di vita quotidiana ed eventuali modifiche del profilo psicologico e della partecipazione sociale”.
Come aiutate i bambini a praticare gli sport adattati?
“E’ nata l’idea dal gruppo di lavoro di realizzare dei device sportivi da fare indossare al bambino per consentirgli la pratica della disciplina scelta: tennis tavolo, tiro con l’arco e scherma. Sport adattati per permettere a tutti di praticarli”.
Quali valori trasmette lo sport adattato?
“Innanzitutto l’inclusione. Il basket inclusivo è un esempio di sport che nasce proprio per il bambino con disabilità. Ha i canestri più bassi ed è svolto da bambini disabili e bambini abili che possono giocare insieme senza ‘barriere’, né fisiche, né mentali. Lo sport alla fine livella le differenze e porta tutti allo stesso piano: i bambini giocano alla pari, è un qualcosa che li porta solo a stare meglio. In tal senso lo sport adattato è un grande esempio di inclusione. E di crescita di autostima”.
In che modo favorisce l’autostima?
“Nello sport adattato, dove tutti giocano alla pari, i bambini con un deficit motorio possono raggiungere una condizione di iperabilità. E’ molto gratificante. Ma, indipendentemente dai risultati sul campo, lo sport adattato ha la grande capacità di recuperare o comunque migliorare la performance motoria di bambini e adolescenti con diverse disabilità permettendo loro di divertirsi giocando insieme ai propri amici; o di fare una passeggiata in bicicletta ai giardini con la propria famiglia. Un’attività che noi diamo per scontata, ma che è diventata possibile grazie all’impiego di tricicli adattati. Riappropriarsi della possibilità di fare sport ha una ricaduta positiva sulla qualità della vita dei bimbi e conseguentemente sul benessere familiare”.