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Sostegno alla genitorialità, parte a Roma l’appartamento pedagogico

L’intervista a Michela Francescangeli e Nadia Bortone, rispettivamente presidente e assistente sociale della cooperativa sociale Meta

Genitori non si nasce, si diventa. La genitorialità è percorso che attraversa tante tappe, ognuna delle quali mette ogni volta in discussione il ruolo di figura di riferimento. Non esiste nessun “manuale del bravo genitore” perché essere madre e/o padre si esperisce, si sperimenta, s’impara giorno per giorno, anno per anno, insieme ai propri figli. Ma oggi trovare un equilibrio tra la vita familiare e quella fuori di casa, in città sempre più caotiche, a lavoro – sempre più precario e insicuro –  per gli adulti e a scuola per i minori, è sempre più simile al tentativo di arrampicarsi su una parete liscia: c’è sempre meno tempo per stare insieme, per giocare, per conoscersi, per comunicare. Così all’interno delle famiglie cova un disagio crescente, taciuto in grandi, tesi, silenzi o esplosivo negli stancanti litigi.

Un aiuto per far “sintonizzare” genitori e figli è lo scopo di “Genitori in crescita”, un progetto sperimentale del Dipartimento Politiche sociali e Salute del Comune di Roma, della durata di 18 mesi e finanziato con risorse del Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza istituito dalla legge 285/1997, che coinvolge tre cooperative sociali, Meta, Obiettivo Uomo e Bottega solidale, ed è rivolto ai cittadini romani che rientrano nell’ambito territoriale dell’Asl Roma 2, dal IV al IX municipio della capitale. Consiste in un appartamento arredato con tutto quello che può servire a una famiglia, dalla cucina alle camere da letto, dove il genitore, senza timore di incappare in giudizi e valutazioni, prova ad aprire – o riaprire – un canale comunicativo con il figlio riavvicinandosi alla propria dimensione infantile attraverso il gioco o la gestione della casa, in un processo di emporwement che lo porta ad attingere alle proprie risorse. Questo, con l’affiancamento di un educatore che porge al genitore una serie di suggerimenti educativi e comportamentali volti a favorire il contatto, la connessione, con il figlio, per raggiungere così benessere e autonomia.

“La cura della terra come la cura dei figli”

E’ in un appartamento al piano terra con uno spazio esterno, non lontano da via Tuscolana, che prende vita questo progetto di sostegno alla genitorialità, rivolto sia a genitori e figli che convivono sia a coloro che non vivono insieme. “Il percorso è di tipo pedagogico-educativo”, spiega la dottoressa Nadia Bortone, assistente sociale di Meta, “attraverso attività esperienziali pensate per far sentire il genitore a proprio agio insieme al figlio e farli riavvicinare”. Lo scopo di questi laboratori è poi far replicare questa comunicazione intrafamiliare a casa. “Ciò che si vive qui avvicina a quella che dovrebbe essere la quotidianità in famiglia, per cui si può trasferire nella vita di tutti i giorni”, illustra Bortone. L’abitazione, priva di barriere architettoniche, ha tutte le caratteristiche di una “vera” casa: una cucina, due servizi tra cui uno per persone portatrici di handicap, una camera per i genitori e una camera per i figli, personalizzabile a seconda dell’età – dai zero ai 18 anni –, un soggiorno con divano e televisore, un’area esterna pensata per attività come il giardinaggio, perché “la cura della terra come la cura della crescita dei figli”, è la riflessione che porge la presidente della cooperativa Michela Francescangeli. All’interno, oltre a sedie e tavoli, l’appartamento manifesta ancora una volta sua disposizione all’inclusione e all’integrazione, con i quadri e le foto appesi alle pareti che provenngono da centri frequentati da ragazzi con disabilità. Questo spazio è aperto dalle 15:30 alle 18:30, dal lunedì al venerdì, ai nuclei familiari inviati dai servizi socio-sanitari territoriali e ai cittadini che ne vengono a conoscenza e liberamente decidono di provare, da soli o con i propri figli, per svolgere attività – sia individuali che di gruppo – a sfondo educativo. In aggiunta, l’appartamento è a disposizione il sabato mattina dalle 10 alle 13, mentre dalle 14 del sabato alle 21 della domenica può essere aperto a un genitore non affidatario e a suo figlio per fargli passare un po’ di tempo “in famiglia”.

Il weekend

“Per i servizi socio-sanitari la disponibilità dell’appartamento nel weekend è importante, perché uno spazio del genere a volte manca e non si riesce sempre a dare una risposta a tutte le richieste”, continua Bortone, che poi spiega come tra le tipologie di incontro genitore-figlio in questo progetto non includa quella degli incontri protetti, “per i quali è previsto un servizio specifico del diritto di visita e di relazione, autorizzato dal tribunale e affidato ai servizi sociali, con figure professionali e terapeutiche specifiche. Non ci possono essere aspetti di pericolosità, uscirebbero dal nostro perimetro”. L’ingresso nell’appartamento pedagogico, chiarisce la dottoressa, è una sorta di passo successivo a una serie di interventi più complessi, una fase intermedia di ricostruzione del rapporto intrafamiliare dove “sperimentare il quotidiano e riacquisire l’equilibrio necessario al ripristino di una relazione interrotta”, mentre si è seguiti da “figure qualificate che hanno il compito di fornire suggerimenti educativi e comportamentali atti ad aumentare il benessere dei figli e dei genitori”.

Uno “spazio senza scrivania”

“L’appartamento pedagogico è lo spazio dove il genitore si mette in gioco e, mentre lo fa, riceve sostegno”, illustra la presidente di Meta. “Le attività previste hanno diverse valenze, se non ci si sente capaci di giocare con il proprio figlio si attiva laboratorio pensato per il gioco insieme, seguito da un educatore, per mettersi al livello del minore ed essere in grado di comunicare”. L’appartamento è uno “spazio senza scrivania”, non valutante né giudicante, spiega Francescangeli, dove si organizzano laboratori ludico-ricreativi per la cucina, il giardinaggio, l’improvvisazione teatrale, ma anche le attività domestiche, come l’organizzazione del frigorifero, il portare i piatti in tavola, la lista della spesa. Tutte le strategie  per ricostruire una relazione nel tessuto quotidiano.

La mancanza di un rapporto intrafamiliare può essere molto difficile da individuare, spesso “nascosta” dietro altre difficoltà che assillano tante famiglie. “I servizi magari riescono a capire che, dietro a una domanda di aiuto economico, ci sono problemi che possono riguardare la cura dei figli, la comunicazione difficile, l’incapacità di affrontare in maniera funzionale i momenti di crisi”, spiega Bortone. Ma non è detto che, pur quando si individua il sintomo, si riesca a intervenire proporzionatamente sul problema. Come nei casi in cui i genitori, che a loro volta possono non aver avuto modelli riferimento che gli permettano di assumere la loro funzione in maniera adeguata, delegano tutti i compiti agli educatori.

Comunità educante

“Per crescere un bambino ci vuole un villaggio”, si dice reciti un antico proverbio africano. Per una famiglia è importante sapere di non essere sola e di poter contare su chi le è vicino, sapere che intorno a lei ci sono dei punti di riferimento a cui rivolgersi in un momento di bisogno, come accade spesso nei piccoli centri abitati. “Si parla di comunità educante quando è tutta la comunità che supporta la crescita dei ragazzi”, chiarisce la dottoressa, “qualcosa di  facilmente realizzabile nei piccoli contesti, più difficile in una città più grande, una metropoli, dove supporto e solidarietà possono venire meno anche perché i genitori vengono da fuori”. In una realtà come Roma simili servizi di sostegno alla genitorialità responsabile diventano quindi importanti e devono essere facilmente raggiungibili e fruibili, continua.

“Lavorando in ambito sociale si deve osservare la globalità dell’individuo e il sistema nel quale è inserito, per raggiungere l’obiettivo di benessere, di crescita e di autonomia. L’importante è agire in base alle esigenze che vengono dal territorio e conservare una certa flessibilità, per non fornire un servizio ‘preconfezionato’”, spiega la presidente, illustrando una delle attività dedicate alla formazione delle famiglie. Si tratta di un calendario di incontri sulle tematiche adolescenziali, sui i fattori protettivi per una sana socializzazione, sui fattori di rischio, come bullismo o l’espulsione da scuola, e il senso del limite, tra regole e trasgressione. Incontri che si svolgono in una in una modalità singolare. “Dopo una sessione di gioco, i genitori si riuniscono  per discutere un argomento, stimolando la riflessione e il confronto tra i partecipanti”, spiega Francescangeli, “per far sì che il genitore, arricchito dal dibattito, trovi dentro di sé le modalità migliori per essere un padre e/o una madre”. “Non abbiamo l’aspettativa di risolvere tutti i problemi delle famiglie del territorio. Vogliamo essere accoglienti e rassicuranti, far arrivare il messaggio che non sono sole”, conclude la presidente di Meta, “e questo, nella maggior parte delle situazioni, già allenta le difficoltà del vissuto, con dei piccoli accorgimenti si cerca una comunicazione e si evita di litigare”.

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