“Ancora una volta siamo qui a lottare per diritti resi esigibili dalle leggi in vigore. E temo che non finirà qui”, afferma a Interris.it Antonio Massacci che nelle Marche presiede un’ associazione delle famiglie dei disabili intellettivi (Anffas). Aggiunge Massacci: “In questa pandemia l’esclusione delle Rsd (residenze per disabili) dal piano vaccini è l’ultima e più grave delle dimostrazioni di disinteresse verso il nostro disagio. Regioni e governo si rimpallano le responsabilità per questa inspiegabile esclusione. Coloro che vivono in comunità residenziali per persone con disabilità hanno le stesse esigenze e corrono gli stessi rischi di chi è ospite delle comunità per anziani”.
Emergenza disabilità
La situazione in Italia è a macchia di leopardo. La Regione Lazio si è posta la questione delle Rsd. “Stiamo procedendo speditamente con la vaccinazione degli operatori sanitari. E degli anziani delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa)- puntualizza a Interrs.it Angelo Tanese, direttore generale della Asl Roma 1-. Tra fine gennaio e inizio febbraio avvieremo l’immunizzazione della popolazione ultra ottantenne. Ed è in corso una valutazione sulla vaccinazione prioritaria di altre fasce di popolazione a rischio o fragile. Come i pazienti dializzati e gli ospiti delle strutture residenziali che si occupano della disabilità a più ampio spettro“. Aggiunge Tanese: “Alcune di queste strutture residenziali sono pubbliche. Quindi gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali, altre sono private accreditate. Le persone fragili potranno essere vaccinate anche appoggiandosi alla rete dei servizi domiciliari. O presso le strutture residenziali attraverso le unità mobili già attivate per le Rsa. La Regione Lazio ha definito il piano operativo per la vaccinazione della popolazione secondo criteri di priorità“.
“Sono state faticosamente avviate le vaccinazioni, dai più attese, da pochi rifiutate. Segnaliamo un dato preoccupante e inspiegabile. Sono state escluse, inizialmente, le comunità residenziali abitate dalle persone con disabiltà. Ancora una volta. E ciò è molto grave anche dal punto di vista culturale oltreché sanitario”.
“L’esclusione dei disabili dalla prima fase del piano vaccini non ha ragioni medico-scientifiche né socio-assistenziali. Tanto più ora che nell’opinione pubblica si è presa coscienza della necessità di vaccinare e di vaccinarsi. Anche per rispetto del prossimo. Qualche dubbio sull’efficacia dei vaccini ci può stare. Ci può stare anche un po di umana paura per i prescelti. Ma non esistono argomentazioni plausibile per non inserire la disabilità tra le ragioni di priorità della vaccinazione”.
“Ancora una volta Anffas è stata costretta a combattere per vedere riconosciuto un diritto. Quello ad essere considerate persone. E’ un diritto, sancito dall’ordinamento in vigore. In Italia e nel mondo. Cioè avere un trattamento, non di privilegio, bensì uguale, utile, necessario, indispensabile per chi vive in una comunità”.
“La disabilità non è una scelta. E ne consegue che la disabilità non è una colpa. Quindi vivere in una comunità, per una persona con disabilità, è una esigenza dovuta ad una condizione familiare. O ad una mancanza di famiglia. Per cui questa persona necessita di una presa in carico totale a causa del proprio stato. E dunque le occorre guida e cura”.
“Assolutamente no. Coloro che vivono in comunità residenziali per persone con disabilità, hanno le stesse esigenze e corrono gli stessi rischi che si corrono nelle comunità per anziani. Come loro non sono portatori di colpe. Perché non partecipano ad assembramenti. E non tengono comportamenti irriguardosi. Non violano norme e disposizioni di sicurezza. Ma necessitano di cura. Hanno bisogno di chi si prende cura di loro. Per le condizioni delle persone con disabilità, occorre ‘toccarle’. Manipolarle. E quindi i contatti fisici sono inevitabili nelle Rsd. Perciò occorre porsi una domanda”.
“Ci si chiede, per l’ennesima volta, perché accadono queste cose. E come possano verificarsi simili paradossi. Forse è per le azioni di governo di qualcuno che non conosce la materia. E il dubbio cade anche sugli ‘scrivani’ dei provvedimenti tecnici. E sulla loro cieca capacità di obbedire senza segnalare necessarie correzioni di rotta. Di chiunque sia la responsabilità, il risultato comunque non cambia. E’ basso il livello di considerazione verso le persone con disabilità dimostrato da chi decide della loro sorte”.
“I decisori selezionano, censiscono, giudicano e tengono contabilità separate. Per gli ‘uguali” e per i ‘diversi’ o diseguali. Anche quando sarebbe più semplice ed economico tenerne una sola. Noi siamo attenti a non diventare veicoli di trasmissione del contagio. Innanzi tutto per evitare che a soffrire l’esperienza del Covid siano persone che non capirebbero per quale motivo ciò accade. E perché qualcuno fa a loro del male. Ciò non sarebbe solo disumano, ma privo di qualunque logica”.
“Come ho già detto, non è la prima volta che viviamo esperienze di questo genere. L’esclusione resta una minaccia ricorrente. E ciò nonostante tutto il lavoro di studio, stimolo e informazione che facciamo. Come Anffas svolgiamo un lavoro di supporto non della sola persona con disabilità. Ma anche e soprattutto della coscienza del decisore del momento, Sia esso in seno allo Stato o nelle Regioni”.
“Proprio quando ci sembra di progredire, ci accorgiamo che stiamo regredendo. Ed è quasi ingiurioso il fatto che ci si appelli ad una ‘impossibilità’. Quella di chi è considerato non in grado di intendere e di volere. Ed è ritenuto perciò impossibilitato a concedere il consenso alla somministrazione del vaccino. In realtà le cose non stanno affatto così”.
“Ogni persona in condizioni di disabilità intellettiva è rappresentata da un amministratore di sostegno. O da un tutore. E qualora ci fosse inadempienza esistono regole chiare. In merito a ciò, infatti, l’ordinamento in vigore indica cosa fare. Cioè viene individuato nel responsabile sanitario della struttura per disabili la persona che ne assume le funzioni. Per tutte le esigenze di carattere sanitario”.