All’alba di ieri è morto Marino Catena, tra i primi accolti nelle case famiglia di don Benzi. Marino, 81 anni, era stato accolto a Coriano, sulle colline di Rimini, nel 1973 quando fu aperta la prima casa famiglia per volontà di don Oreste Benzi.
Marino, di Ascoli Piceno, aveva una disabilità psichica. «Sono matto ma non sono fesso» scherzava. Era stato in carcere per un anno e mezzo per aver rubato una bicicletta. «In carcere stavo male, – raccontava Marino – mi tenevano isolato dagli altri. Ma quando mi scarcerarono non volevo uscire. Non sapevo dove andare». A quel tempo i “matti” andavano nei manicomi – la legge Basaglia sarebbe stata approvata sei anni più tardi – oppure, se innocui, finivano in povertà. Nessuno si occupava di loro.
La sua vita cambia il 28 dicembre 1972. E’ sera a Rimini alla parrocchia della Resurrezione. Dopo la S. Messa, un parrocchiano – Carlo Rossi, di professione fornaio – va da don Oreste, «venga a vedere come muore un povero cristiano» gli dice. Don Benzi non perde tempo e, insieme a don Nevio Faitanini, si mette in auto e giunge a Misano. Qui i due sacerdoti si trovano davanti una casa abbandonata, salgono una scala a pioli ed entrano in una stanza, la porta è aperta. Il fuoco del camino è spento, non c’è acqua né luce – don Oreste usa una torcia per illuminare –, le finestre hanno i vetri rotti, sul tavolo della cucina c’è un piatto di maccheroni ammuffito. Fuori nevica. Marino è lì, con le mani in tasca, guarda in alto, gira intorno al tavolo ed ulula – dirà che aveva visto dei lupi intorno alla casa. Solo, al freddo ed incapace di prendersi cura di sé. Don Oreste rimane colpito e davanti a questa visone dice: «Quest’uomo non può stare più neanche un giorno in questa situazione». Lo prendono e lo ospitano provvisoriamente in un albergo fintanto che, pochi mesi dopo, viene aperta la prima casa famiglia a Coriano dove Marino è stato accolto per 51 anni.
Da anni, dopo l’esperienza dei campeggi con adolescenti e disabili, don Oreste si interrogava sull’apertura di una casa per accogliere i poveri. Con alcuni giovani che si erano resi disponibili avevano incominciato a meditare nel Vangelo il modo di comportarsi di Gesù con i poveri. Ma l’incontro con Marino rappresenta una svolta. Quella sera don Oreste Benzi chiama i giovani e dichiara: «Non studiamo più come si comporta Gesù con i poveri, ma da oggi iniziamo a trattare i poveri come li trattava Gesù».
Pochi mesi dopo, il 3 luglio 1973, don Oreste Benzi apre la prima casa famiglia ed inventa un nuovo modo di stare con i poveri, aprire la porta di casa e dare una famiglia a chi non ce l’ha.
In questi 51 anni Marino è stato accudito da centinaia di volontari, obiettori di coscienza e, negli ultimi anni, da carcerati che scontano la pena nelle case della Papa Giovanni. Tutti sono stati contagiati dalla sua debolezza e molti hanno cambiato vita. E’ il grande mistero della “condivisione diretta della vita con gli ultimi” – come la chiamava don Oreste -, dove non c’è chi salva e chi è salvato, ma dove ci si salva insieme. Tanto che, ripensando a quell’episodio, don Benzi ricordava: «Guarda com’è accogliente Marino, non devo neanche bussare per entrare in casa».