Somalia, ponte solidale con il Corno d’Africa in emergenza

Solidarietà

Somalia (© Foto di Ismail Salad Osman Hajji dirir su Unsplash)

Sos Somalia nel Corno d’Africa al centro di tensioni regionali e globali. La Somalia si trova ad affrontare alcune delle più gravi sfide umanitarie e di sviluppo del mondo. Esacerbate dal conflitto armato in corso in alcune parti del Paese e da intense e ricorrenti siccità. “Su una popolazione di circa 11 milioni di persone, 2,6 milioni sono sfollati e un totale di 5,4 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria– spiegano gli operatori umanitari di Oxfam-. La siccità ha decimato il bestiame, pilastro dell’economia somala. Ricostruire i già fragili mezzi di sussistenza rimane una sfida, mentre il governo somalo deve far fronte a un enorme debito e a infrastrutture statali limitate”. Se i Paesi del G7 tagliassero appena il 2,9% della loro spesa militare annuale (35,7 miliardi su un totale di 1.200 miliardi di dollari) si avrebbero risorse sufficienti per contribuire ad azzerare la fame nel mondo e risolvere la crisi del debito estero, che stritola i Paesi più poveri e vulnerabili. È la fotografia restituita da una analisi di Oxfam. La Somalia possiede anche un notevole potenziale come una popolazione giovane e ampie risorse ittiche. Le sfide sono immense, ma c’è potenziale e speranza per un futuro migliore. Oxfam lavora in Somalia da oltre 40 anni con le comunità locali, la società civile e le autorità locali, fornendo assistenza umanitaria e iniziative di sviluppo a lungo termine. Aggiungono i volontari Oxfam: “La nostra visione è quella di una Somalia pacifica e vivace, in cui i diritti e i bisogni fondamentali di tutte le donne e gli uomini siano equamente soddisfatti. Compresa la partecipazione ai processi decisionali e di governance. Donne, giovani e bambini sono al centro del nostro lavoro per una Somalia più equa”.

Foto di aboodi vesakaran su Unsplash

Sos Somalia

Attualmente Oxfam fornisce una risposta umanitaria su larga scala che si concentra su acqua, servizi igienici, igiene e sicurezza alimentare. Assicurando che vengano soddisfatti i bisogni immediati e che vengano gettate le basi per la ripresa e la resilienza a lungo termine. Le attività comprendono la costruzione di sorgenti d’acqua, il trasporto dell’acqua nelle comunità più remote, la costruzione di latrine. E la concessione di sussidi in denaro multiuso che consentono alle comunità di decidere come soddisfare al meglio le proprie esigenze. “Prestiamo particolare attenzione alla protezione di donne e bambini dai rischi per la sicurezza”, raccontano gli operatori umanitari. Oxfam lavora anche con gli attori della società civile somala e del governo e li sostiene affinché abbiano un ruolo più importante nelle risposte umanitarie. Guardando al futuro, Oxfam collega il suo lavoro umanitario con la costruzione della resilienza delle comunità, come la mitigazione degli impatti del cambiamento climatico attraverso risorse idriche sostenibili. Secondo le stime di Oxfam, per contribuire ad eliminare la fame nel mondo, in tutte le sue forme, “sarebbe sufficiente lo stanziamento di 31,7 miliardi di dollari in più all’anno da parte dei Paesi donatori del G7. A questi basterebbe aggiungere 4 miliardi di dollari per ridurre considerevolmente il livello di indebitamento del Sud del mondo, liberando risorse pubbliche fondamentali per l’erogazione di servizi essenziali come istruzione e sanità nei Paesi più fragili e fortemente indebitati”. A fronte di ciò, sottolinea Oxfam, “val la pena ricordare che le spese militari sostenute dai Paesi del G7 nel 2023 sono state di 916 miliardi di dollari negli Stati Uniti, 74,9 nel Regno Unito, 66,8 in Germania, 61,3 in Francia, 50,2 in Giappone, 35,5 in Italia e 27,2 in Canada”.

Foto di Ismail Salad Osman Hajji dirir su Unsplash

Risorse necessarie

“Se si tratta di aumentare gli stanziamenti che alimentano le guerre, i Governi del G7 trovano sempre le risorse necessarie. Ma quando si tratta di reperire risorse per contribuire ad azzerare la fame nel mondo improvvisamente sono al verde”, sottolinea Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia. In realtà, aggiunge, “l’impegno sarebbe davvero affrontabile per le loro economie. E con un impatto incredibile per la vita di centinaia di milioni di persone. Immaginate un mondo in cui nessuno soffra più la fame e in cui i Paesi del Sud del mondo, liberati dal peso del debito, possano investire denaro in scuole e ospedali pubblici, piuttosto che erodere risorse per il pagamento degli interessi sul debito. Il G7 non solo ha i mezzi, ma anche la responsabilità di far sì che questo accada“. Un impegno sempre più urgente guardando al contesto internazionale. Oltre 281 milioni di persone nel mondo in questo momento soffrono di malnutrizione acuta. Paesi come Somalia, Guatemala, Yemen e Kenya sono attraversati da crisi devastanti”. Nei 10 dei Paesi più colpiti al mondo dall’alternarsi di inondazioni e siccità sempre più frequenti e devastanti, il numero di sfollati è più che raddoppiato nell’ultimo decennio.

Somalia. Foto: Ahmed Osman/Oxfam

Disastri climatici

Solo nel 2023 centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire 8 milioni di volte dalle proprie case per mettersi in salvo. E’ l’allarme lanciato oggi da Oxfam, con una nuova analisi diffusa in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. Gli Stati più colpiti l’anno scorso sono stati Somalia, Cina, Filippine, Pakistan, Kenya, Etiopia, India, Brasile, Bangladesh e Malesia. Con una crescita esponenziale del numero di persone costrette a lasciare le proprie case anche più volte a causa di disastri climatici. Da 3,5 milioni nel 2013 a 7,9 milioni nel 2023, ossia il 120% in più rispetto a 10 anni fa (secondo i dati del Global Internal Displacement Database). In Somalia il costante aumento delle temperature ha portato negli ultimi anni a siccità sempre più frequenti e prolungate, spesso seguite da inondazioni improvvise e cicloni. Nonostante il Paese sia responsabile di meno dello 0,03% delle emissioni globali di anidride carbonica, ha subito danni per miliardi di dollari, a causa dei disastri climatici. Solo le inondazioni della settimana di maggiore emergenza, dopo 5 anni di siccità ininterrotta, hanno causato perdite stimate in 230 milioni di dollari, oltre a 1,2 milioni di sfollati e 118 vittime. Una catastrofe che è andata a sommarsi alla guerra e ha moltiplicato gli effetti della crisi economica. Il risultato è che oggi metà della popolazione dipende dagli aiuti umanitari per sopravvivere.

Credit: CARLO CARINO BY AI MID

Climate change

“Tutti i miei animali sono morti a causa della siccità. Così sono stato costretto a viaggiare per tre giorni assieme ai miei figli, senza acqua e cibo. Alcuni di loro si sono ammalati per questo”, racconta Hassan Mohamed, costretto a vivere da sfollato a Baidoa, città a nord-ovest di Mogadiscio. In Bangladesh, cicloni imprevedibili e altri eventi estremi hanno costretto l’anno scorso oltre 1,8 milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Provocando gravi danni a infrastrutture essenziali, come scuole e mercati. Il Paese però contribuisce appena allo 0,56% delle emissioni globali di anidride carbonica . “Abbiamo perso la casa quattro volte a causa dei cicloni. E oggi siamo indebitati perché abbiamo dovuto fare un mutuo ricomprarla. Nostro figlio è l’unico a guadagnare, ma fatica a trovare un lavoro nella zona”, raccontano Asgor Kha e Moriom, che vivono nel villaggio di Lebubunia a Satkhira. Senza raccolto né reddito tante famiglie in Bangladesh si sono dovute trasferire, anche più di una volta. Chi non lo ha fatto vive nella costante paura del futuro per i ripetuti disastri subiti.

Giacomo Galeazzi: