La fraternità come collante per conferire nuova forma alla cittadinanza e far sì che nessuno sia lasciato indietro. Prende vita da una città di frontiera come Como, ma con l’obiettivo di crescere e lambire altre città in Italia e nel mondo; l’iniziativa “Città Fratelli Tutti”, lanciata ufficialmente sulle rive del Lario lo scorso 30 ottobre è un progetto frutto del Vescovo della Diocesi di Como Monsignor Oscar Cantoni sviluppatosi nel corso di un incontro con il sindaco del capoluogo lariano Mario Landriscina in cui si è parlato dell’importanza della fraternità.
L’enciclica Fratelli Tutti di Papa Francesco
L’iniziativa attuata a Como trae la sua origine dall’enciclica “Fratelli tutti”, la terza del pontificato di Papa Francesco, scritta nel suo ottavo anno al soglio di Pietro e promulgata il 3 ottobre 2020. Fraternità e amicizia sociale sono il fulcro indicato dal Santo Padre per un mondo migliore, più giusto e pacifico, grazie alla collaborazione di tutti. Viene inoltre sottolineato con forza il rifiuto di ogni guerra e della globalizzazione dell’indifferenza.
Le realtà coinvolte nell’iniziativa
Per rendere possibile l’attuazione di questo progetto si è rivelata fondamentale la partecipazione di molteplici realtà del territorio – sessantanove tra enti e associazioni di volontariato, tra cui sono presenti la Diocesi e il Centro Servizi per il Volontariato -enti che hanno dato prova di senso civico, spirito altruistico e capacità di sviluppare sinergia, nell’ottica della valorizzazione del bene comune e della vicinanza a coloro che si trovano in difficoltà. La domanda comune formulata per rispondere ai bisogni del territorio è “qualcuno ha visto mio fratello?”, in ossequio al principio di fraternità sancito dall’enciclica da cui prende il nome l’iniziativa. In Terris ha intervistato in merito a questa iniziativa Martino Villani, vicedirettore del Centro Servizi per il Volontariato Insubria di Como, nonché coordinatore dell’area cultura e valori dello stesso.
L’intervista
In quali ambiti della fragilità il progetto “Como Città Fratelli Tutti” va ad agire?
“Il progetto nasce da una chiacchierata fatta tra i ragazzi di Legami, un gruppo che si occupa delle persone senza fissa dimora, il che ha portato alla promozione tra i giovani e nelle scuole di diverse attività di assistenza agli stessi soggetti fragili. È un gruppo informale che, in un confronto con il sociologo Mauro Magatti, ha dato inizio a tale progetto. Quindi, il primo focus è rappresentato dai senza fissa dimora; poi ragionando insieme, abbiamo pensato che fosse opportuno aprire questa iniziativa alle persone che in questo momento sono in situazioni di difficoltà, in quanto stanno scivolando verso la povertà. I servizi per i senzatetto nella città di Como esistono, ma le loro storie personali non sempre sono compatibili con un volontariato occasionale come quello che cerca di promuovere il progetto Como Città Fratelli Tutti. L’obiettivo che ci siamo posti è quello di occuparci di chi ha bisogno, per cui la platea dei possibili utilizzatori dei servizi del progetto è ampia. In questo momento stiamo cominciando a caricare i bisogni emersi su una piattaforma digitale sviluppata grazie a Kpmg ed ora affidata a Ifel, fondazione istituita dall’Anci attraverso cui fornire le risposte del caso”.
Come funziona e come si attua il progetto?
“Questa iniziativa non si pone come una nuova organizzazione, ma va a costituire un supporto per chi già opera nei vari settori di sostegno alla marginalità e alla fragilità. Intende agire su due direttrici in maniera sperimentale.
La prima è la possibilità di fare matching, attraverso l’utilizzo di una piattaforma digitale, tra i bisogni che vengono riportati dalle associazioni che si interfacciano con queste persone e i cittadini che si rendono disponibili per dare un supporto, che poi potrà diventare anche continuativo.
La seconda direttrice è la comunicazione, ossia una campagna che cerca di sollecitare cittadini ad aderire all’idea che sia possibile occuparsi di chi sta peggio, anche in un modo informale e non strutturato. La relazione tra il volontario e la persona che ha dei bisogni viene sempre mediata dall’associazione che è già presente in questo tipo di fragilità con l’obiettivo di verificare che lo stesso sia compatibile con l’attività da svolgere”.
Come si è sviluppata la sinergia tra la Diocesi di Como, il mondo associativo e il Centro Servizi per il Volontariato per questo progetto?
“È stato uno sviluppo naturale. Una volta che si è iniziato a ragionare sull’ipotesi di poter pensare di realizzare questo progetto, i primi soggetti coinvolti sono stati appunto la diocesi di Como perché la Caritas gestisce già lo sportello Porta Aperta il quale è quello che poi coordina tutti i servizi erogati in materia. Poi il Centro Servizi per il Volontariato perché svolge la funzione di connettore con tutte le realtà e il Coordinamento per la grave marginalità che agisce su Como e raggruppa venti diverse realtà tra cui Croce Rossa Italiana, City Angels, Mensa dei Poveri e molti altri che già gestisce vari progetti come ad esempio quello per contrastare l’emergenza freddo che partirà tra poco e già coinvolge diversi volontari”.
Come cambia la figura del volontario con questo progetto e come viene ulteriormente valorizzata?
“Quello che sta succedendo nel mondo del volontariato è che le esperienze brevi di volontariato stanno diventando il modo con cui ci si avvicina allo stesso. Le grandi Organizzazioni di Volontariato, anche a seguito della pandemia, stanno facendo molta fatica. Invece, il volontariato occasionale, che molto spesso parte per rispondere a dei bisogni emergenziali, è particolarmente attivo. Nel contesto comasco, la scorsa estate, in occasione delle alluvioni, questa forma di volontariato è stata molto presente. Questo ci ha portato a dare l’opportunità alle persone di occuparsi di chi è in difficoltà non solo in occasioni di un grande momento di emergenza ma in ogni giorno dell’anno”.