Oggi conosceremo la “mappa sociale” post-pandemia. Alle 12, infatti, è in programma l’11° edizione del focus Pmi. L’Osservatorio annuale sulle piccole e medie imprese. Promosso da Ls Lexjus Sintacta. Associazione nazionale di avvocati e dottori commercialisti. Con il patrocinio dei ministeri del Lavoro e dell’Economia. Interris.it ha analizzato l’indagine condotta dall’Istituto di management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Il lavoro dopo la pandemia
Il lockdown forzato, causato dalla pandemia, ha promosso un cambiamento radicale del concetto di spazio e tempo di lavoro. In una prima fase dell’emergenza le norme anti-Covid hanno implicato il lavoro a distanza. Poi, col passare dei mesi, lo smart working ha ottenuto sempre più spazio. Sia nelle piccole imprese. Sia nelle grandi aziende. Nella “nuova normalità” viene adottata una diversa modalità di lavoro. Ciò può rappresentare uno dei motori per la necessaria svolta sostenibile dell’Italia.
Sicurezza dei lavoratori
Lo studio analizzato da Interris.it si intitola “Smart working e Pmi. Da soluzione d’emergenza a strategia per la sostenibilità”. Si tratta di un’estensione dell’indagine condotta nel 2020 dal Marco Frey e Silvia Loré. E indaga sulla possibilità, grazie allo smart working, di rendere le città più sostenibili. Efficienti. E in armonia con l’ambiente. Per promuovere la qualità della vita. Tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. E sopravvivere a crisi di portata globale.
Esperienza
Riflettere sull’esperienza dettata dall’emergenza può orientare le imprese verso l’adozione di pratiche più sostenibili. Proponendosi come promotori della creazione di città smart. E ambienti di lavoro innovativi. Ma anche favorendo il lavoro svolto nei piccoli centri. Rigenerando i territori. Con il Covid-19, lo smart working è stato esteso, a 8 milioni di lavoratori. Rispetto ai 570 mila prima della pandemia. Con procedure di semplificazione. E sospensione degli accordi individuali,
Punti di forza e debolezza
Lo smart working è lo strumento necessario per fronteggiare l’emergenza. Sperimentato in massa in un periodo così anomalo. E ha rivoluzionato il mondo del lavoro. L’indagine ha un obiettivo. Sondare punti di forza e debolezza del lavoro smart nelle imprese. L’analisi dell’esperienza di smart working serve a valutare le opportunità di ottimizzazione della gestione delle risorse umane. Nell’era della digitalizzazione post-Covid.
I risultati
Il campione rappresenta aziende per un valore complessivo di 30 mila dipendenti. La produttività dei dipendenti nell’esperienza di smart working d’emergenza è tendenzialmente invariata. Le piccole e medie imprese (Pmi) non riconoscono l’importanza dei “driver” del lavoro agile. Rischiando di non valorizzarlo in termini di vantaggio competitivo. A causa della mancata individuazione delle potenzialità di soluzioni da remoto che si stanno sempre più imponendo come “new normal”. Più di un quarto delle Pmi ancora non riconosce il ruolo delle imprese. Nella costruzione di un’economia più resiliente alle crisi del nuovo millennio. E solo una minima parte delle restanti è in grado di declinarne l’importanza.
Alternanza
L’alternanza delle attività in presenza e in smart working è percepita come elemento fondamentale. La soluzione di 1-2 giorni a settimana di lavoro agile (un modello bilanciato distanza-presenza) è premiata come ideale. Rispecchia altresì l’intenzione primigenia del legislatore. La legge 81 del 2017 stabilisce come la prestazione lavorativa debba essere svolta. In parte all’interno. E in parte all’esterno dei locali aziendali. Se si vuol perseguire lo scopo di incrementare la competitività. E agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.