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Yemen, il Paese che la guerra ha reso sempre più povero

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E'un 2020 nero quello che si profila per lo Yemen. Almeno, stando a quanto tratteggiato dalle Nazioni Unite, che ne hanno dipinto uno scenario drammatico. Analisti internazionali ed organizzazioni umanitarie stimano che quest'anno il 79% della popolazione yemenita rasenterà la povertà, per un conflitto che finora ha mietuto circa 90mila vittime. Questo quadro si riflette sull'intera società: aumentano i bambini che crescono nella violenza quotidiana, con una cifra considerevole di minori arruolati nelle milizie: almeno 2500. Per questo l'Onu chiede che vengano fatti sforzi internazionali per contrastare la piaga della guerra. Lo aveva, tra l'altro, chiesto anche Papa Francesco, che ai membri del corpo diplomatico presso la Santa Sede aveva ricordato come in Yemen stia avvenendo “una delle più gravi crisi umanitarie della storia recente, in un clima di indifferenza generale della Comunità internazionale”.

Speranza lontana

La denuncia dell'emergenza umanitaria viene anche dall'organizzazione non governativa Oxfam, che definisce lo Yemen “il Paese più povero al mondo”. Il personale dell'organizzazione porta ogni giorno soccorso in almeno 9 governatorati, con cibo, acqua e servizi igienici per arginare l'epidemia di colera. Oltre che fronteggiare un'emergenza sanitaria, Oxfam chiede una rapida soluzione del conflitto. Lo ammette Paolo Pezzati, di Oxfam Italia, ai microfoni di Vatican News: “Quella dello Yemen – spiega Pezzati -, è la più grave crisi umanitaria al mondo. Sono più di 24 milioni gli yemeniti, l’80% della popolazione, che necessitano di assistenza umanitaria. Almeno 18 milioni di persone non hanno accesso ad acqua potabile. Sta crescendo inoltre il numero di sfollati interni, salito a circa 3 milioni. Nel 2019 sono stati registrati 860mila casi di colera. E a causa di questa malattia, sono morte almeno 1000 persone. Non si scorgono segnali di speranza: la tensione – conclude Pezzati – sta aumentando in tutto il Paese, sia nelle regioni meridionali sia in quelle settentrionali.”

Marco Grieco: