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“Vi racconto il mio bambino speciale”

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La sorpresa di una gravidanza, l'attesa, la gioia di stringere tra le braccia una nuova creatura. Poi lo choc: a un giorno dal parto Maria Stella Barone e suo marito scoprono che il loro terzogenito Emanuele è affetto dalla Sindrome di Down. Per la donna inizia un periodo difficile, di depressione. Si rifugia nella preghiera chiedendo al Signore che il suo bambino venga guarito. “Il Signore ha ascoltato il mio grido di aiuto – racconta – ma ha 'sbagliato' destinatario del miracolo. Invece di guarire mio figlio, ha guarito il mio cuore”. Dalla sua esperienza di mamma di un bimbo con un cromosoma in più è nato un libro “Prezioso ai miei occhi”. Non si tratta di una raccolta di consigli da dispensare a famiglie con figli Down, ma il racconto delle esperienze reali e concrete, e perché no, anche delle difficoltà che una mamma si trova ad affrontare. In Terris ne ha parlato proprio con lei.

Perché ha deciso di scrivere questo libro?
“Attraverso il racconto della mia storia, posso testimoniare l'amore di Dio che salva, ed io non mi stancherò mai di dire che sono una salvata, salvata dal suo Amore dalla depressione, dalla disperazione, dalla tristezza che spegne la vita. Emy infatti è per me ‘un libro vivo’ attraverso il quale Dio mi parla continuamente. E quindi ho pensato che la mia storia potesse diventare un libro, Prezioso ai miei occhi, per aiutare tanti genitori inizialmente scossi dal cromosoma in più del loro bambino. Ho voluto mettermi a nudo per raccontare il mio dramma, il mio lutto ma anche la mia rinascita, mi piacerebbe portare la luce dove questa si è momentaneamente spenta, far capire che ogni figlio è una ricchezza infinita e che ha sempre tanto da dare e da dirci. Vorrei far capire che anche la disabilità può essere un’opportunità di crescita se incanalata in una prospettiva diversa. Ogni figlio è prezioso agli occhi di Dio e agli occhi di chi lo ama ed è proprio questo amore a fare la differenza”. 

Cosa ha provato quando ha scoperto che Emanuele avrebbe avuto un cromosoma in più?
“Inizialmente mi è crollato il mondo addosso, si sono spenti i colori, è sparita la speranza, ho trascorso una mia personalissima pentecoste: 50 giorni di non vita, di inferno, di morte dell’anima… Poi, al cinquantesimo giorno, il Signore ha ascoltato il grido di dolore di una madre che implorava il miracolo. Ma ha ‘sbagliato’ destinatario del miracolo, ed invece del mio bambino ha guarito il mio cuore ferito. Da lì è stato tutto un rifiorire, un ritorno alla vita, una rinascita con una consapevolezza nuova: il Signore mi aveva fatto un dono particolare, Emanuele, ed attraverso lui mi prendeva per mano facendomi capire ciò che veramente conta nella vita: l’amore, quello gratuito e puro”.

Lei non ha fatto l’amniocentesi e ha scoperto che suo figlio avrebbe avuto la sindrome di Down il giorno dopo aver partorito. Se lo avesse saputo prima, avrebbe considerato l’interruzione della gravidanza?
“Io non ho fatto l’amniocentesi per scelta, perché sono da sempre contraria all’aborto, così come lo è pure mio marito che è un medico anestesista obiettore. Insieme abbiamo deciso che avremmo accettato qualsiasi creatura che il Signore ci avrebbe donato, però devo anche dire che fino a quando non ho saputo della sindrome di mio figlio, non mi ha mai sfiorato l’idea che lui la potesse avere, forse perché si pensa sempre che le cose possano capitare agli altri e mai a noi”.

Lei ha altri due figli. Come hanno reagito quando hanno saputo che il loro fratellino minore sarebbe stato “diverso”? Crescendo è stata difficile la loro relazione?
“I miei figli quando è nato Emy avevano 18 e 10 anni. Loro anche se l’hanno saputo in momenti diversi, posso dire che hanno avuto, pur con le debite differenze dovute all’età diversa, la stessa reazione iniziale: preoccupazione, sicuramente dovuta soprattutto alla non conoscenza della problematica, e si sa, ciò che non si conosce spaventa e disorienta. Ma grazie a Dio è stato solo l’impatto iniziale, poi da subito hanno iniziato ad amarlo per ciò che è: il loro fratello. E’ bellissimo il rapporto che c’è tra loro, sono molto uniti e si vogliono molto bene, Emy per tutti noi è solo ‘nato’ Down, cioè la sua sindrome è solo una condizione di nascita e nulla più e noi non ce lo immaginiamo diverso da ciò che è, i suoi limiti, le sue capacità lo rendono unico e nel contempo la meravigliosa persona che è”.

Questo suo percorso, dalle prime paure fino alla consapevolezza che un figlio è un dono di Dio, pensa sarebbe stato diverso se non fosse stata credente?
“La fede ha fatto si che io guardassi con altri occhi la sindrome di mio figlio, non mi ha tolto il dolore che a volte sento scendere nel cuore, condizione normale per ogni madre ‘speciale’, ma mi dà ogni giorno la forza di sorridere alla vita, nonostante le difficoltà che inevitabilmente si incontrano”.

Cosa consiglierebbe alle mamme, più in generale alle famiglie, che stanno per accogliere un figlio con sindrome di Down?
“A me non piace dare consigli perché penso sia l’esperienza che si fa ‘sul campo’ a consigliare la strada giusta e personale di ogni coppia, infatti neanche nel mio libro ci sono consigli ma solo esperienze di vita vissuta che inducono a riflettere, ma se proprio dovessi dare qualche consiglio ad una coppia che sta per accogliere un bimbo con un cromosoma in più, direi loro di non avere paura della sindrome perché il loro bambino non è la sindrome che ha, ma è il frutto del loro amore e l’amore vince sempre e su tutto! Io dico sempre che la sindrome è una brutta bestia, ma mio figlio con la sua esistenza, con il suo essere persona amata da Dio e pensata da sempre da Lui così com’è, l’ha annullata, l’ha sconfitta per sempre! Coraggio quindi ad accogliere sempre e comunque la vita che sa regalare gioie infinite ed insperate, fidiamoci sempre di Dio che è nostro Padre e non può volere che il bene dei suoi figli. E anche se a volte non possiamo capire, fidiamoci sempre di lui e affidiamoci come fece Maria, e ogni giorno come lei cantiamo il Magnificat per ogni meraviglia che Dio compie nella nostra vita anche e soprattutto attraverso quei Suoi figli che, come Emanuele sono… Preziosi ai suoi occhi”.

Manuela Petrini: