Il caos politico che da mesi regna nel Paese sudamericano non accenna a diminuire. La comunità internazionale al momento osserva, intanto però, l’organizzazione Human Right Watch denuncia le atrocità subite dalla popolazione. Secondo la ONG le testimonianze di violenze da parte delle forze di sicurezza contro le proteste anti-governative “suscitano timori di diffuse violazioni dei diritti umani contro i sostenitori dell’opposizione” . Un clima che anche per l’immediato futuro non annuncia niente di buono.
I comunicati degli ultimi giorni
Il 30 aprile le autorità “hanno eliminato due canali di notizie internazionali dalla tv via cavo e chiuso una delle principali stazioni radio venezuelane”, ha denunciato Human Rights Watch. Ma non è finita qui, perché il giorno seguente, il primo maggio, le autorità hanno risposto alle manifestazioni a sostegno dell’autoproclamato presidente ad interim venzuelano Juan Guaidò, “con violenze e detenzioni. Tra cui violenze mirate contro i giornalisti”, si legge in una nota della ONG. Anche le parole di José Miguel Vivanco, direttore per le Americhe di Human Rights Watch, sono state chiare e allarmanti: “Le autorità venezuelane dovrebbero sapere che la comunità internazionale sta osservando da vicino le loro azioni e alla fine saranno ritenute responsabili di eventuali abusi commessi contro detenuti o manifestanti pacifici”. Anche Amnesty International ha messo in guardia il governo di Nicolas Maduro dal repriemere con la forza le proteste e di essere responsabile di violazioni di diritti umani. “Le forze di sicurezza sotto il comando di Nicolas Maduro e i gruppi civili armati che lo sostengono” – si legge in una nota firmata da Erika Guevara Rosas, responsabile Americhe di Amnesty International – “insistono nel reprimere le proteste”. Inoltre: “I crimini del diritto internazionale che stanno commettendo si aggiungeranno al lungo fascicolo davanti la giustizia internazionale. Maduro deve immediatamente porre fine alla sua politica di repressione”.
Lo scacchiere internazionale
Ad accrescere il clima di tensione ha contribuito anche il botta e risposta tra Mosca e Washington. Gli Stati Uniti, attraverso il loro segretario di Stato Mike Pompeo, non hanno escluso un intervento militare nel caso in cui fosse “necessario” riporare l’ordine nel Paese. Tesi che non è andata giù al ministro degli Esteri Serghei Lavrov che all’agenzia di stampa russa Tass ha dichiarato: “L’intervento di Washington negli affari interni di uno Stat sovrano e le minacce contro la sua amministrazione costituiscono una evidente violanzione del diritto internazionale”.