Secondo le stime ufficiali dell’Unicef, in Uganda – Stato dell’Africa Orientale senza sbocco sul mare – ci sono circa 10 mila minori che vivono e lavorano per le strade. Per ovviare almeno in parte a questa piaga sociale, un architetto italiano di 30 anni assieme a un cooperante italiano e una giovane ugandese hanno dato il via al progetto Matatart.
Il nome Matatart è stato preso dal termine ugandese “matatu”, che indica i camioncini che funzionano come taxi. L’organizzazione ha comprato un vecchio matatu in Giappone e lo ha trasformato in un piccolo centro culturale che viaggia attraverso i sobborghi della capitale ugandese.
In particolare, opera nel sobborgo di Kawempe dove, in collaborazione con un’altra organizzazione, i bambini hanno ricostruito e pitturato una casa che servirà come alloggio gratuito ai piccoli abbandonati. I bimbi possono entrare nel furgoncino, prendere i libri, leggere, dipingere, scrivere ed ascoltare musica. L’obiettivo, scrive Fides, è che i minori che vivono per le strade di Kampala si interessino alla cultura spezzando così il circolo vizioso che si crea tra ignoranza e povertà.
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