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Uccisi da un selfie

Tre ragazzi e un treno in corsa. Un'idea balzana, folle. Scattare un selfie sui binari mentre il convoglio è in arrivo. Una prova di coraggio da postare sui social media per vantarsi con gli amici. Qualcosa, però, va storto. I tre calcolano male i tempi. Due riescono a lanciarsi prima che l'intercity Taranto-Reggio Calabria li travolga. Il terzo no. Nonostante il macchinista azioni il freno viene colpito e sbalzato per alcune decine di metri, quando ricade a terra è già morto. La tragedia, avvenuta la scorsa estate a Soverato (Catanzaro), è l'ennesima causata dagli autoscatti estremi, una delle ultime, assurde, mode generate dalla rivoluzione tecnologica.

Daredevil selfie

La “sfida” si chiama “Daredevil selfie” (“selfie temerario) ed è stata lanciata per la prima volta in Russia (Paese natale anche del “Blue Whale Game”) dal free climber Alexander Remnev, diventato famoso per le foto scattate in cima ai grattacieli più alti del mondo. Il fenomeno, in poco tempo, è diventato virale e hanno cominciato a contarsi le prime vittime. Tanto che Mosca si è vista costretta a pubblicare una guida per il selfie sicuro, nella quale si sconsigliano gli autoscatti in prossimità di treni e metropolitane, alla presenza di animali pericolosi o sopra tetti di edifici, balaustre o in altre condizioni di equilibrio precario.

Lo studio

Dalla Russia la “moda” si è diffusa in altre parti del mondo, agevolata da quella “selfiemania” che ormai pervade chat e social network, portando milioni di utenti a immortalarsi in situazioni bizzarre, talvolta riprovevoli. Nel 2016 il caso “killfie” (letteralmente “selfie assassini”) è diventato materia di studio accademico. Secondo la ricerca “Me, Myself and My Killfie: Characterizing and Preventing Selfie Deaths” della Carnegie Mellon University (Usa) e dell'Indraprastha Institute of Information Technology (Nuova Delhi, India), nel biennio 2014-2016 le persone rimaste vittima degli autoscatti estremi sono state 127. Primeggia di gran lunga l'India, con 76 morti, seguita da Pakistan (9), Stati Uniti (8) e Russia (6). Una vittima è stata registrata anche in Italia.

Modalità

Tra le attività più a rischio il team di ricercatori ha segnalato quelle che sfidano la forza di gravità, cioè i selfie scattati in cima a edifici o in vetta a una montagna. Gesti estremi molto diffusi, come si vede dalle tante foto disponibili in rete e che in molti hanno pagato con la vita: 34 vittime, per l'esattezza. Seguono come fonte di pericolo l'acqua, i treni, l'uso delle armi, veicoli, elettricità e solo ultimo l'incontro fatale con animali più o meno selvaggi.

L'app anti killfie

La ricerca condotta dai due atenei non ha solo finalità statistiche ma prelude, secondo quanto affermato da Hemank Lamba dell'Istituto di ricerca sui Software della Carnegie Mellon University, alla creazione di una vera e propria app che prevenga queste morti assurde. L'applicazione, non ancora sviluppata, potrebbe avvisare l'utente quando è in procinto di scattare una foto in condizioni di pericolo o, addirittura, disattivare la fotocamera dello smartphone. Il tutto grazie a un algoritmo sofisticato che geolocalizzi la potenziale vittima. I dati contenuti nel report, poi, sono stati trasmessi alle autorità che, presto, potrebbero creare delle “no selfie zone” in aree pericolose o pensare dei programmi scolastici che insegnino agli studenti quali situazioni o luoghi rischiosi.

Lavoro complesso

Lo sviluppo dell'app è, in ogni caso, complesso. I ricercatori sono al lavoro per migliorare il livello di precisione del sistema e stanno discutendo su quale debba essere concretamente il suo contenuto. Creare un'applicazione che si limiti a indicare luoghi e situazioni pericolosi potrebbe, infatti, essere controproducente, perché c'è il rischio che possa essere percepita come una sfida dagli utenti, incentivandoli al selfie estremo. Non ha caso molti lettori, dopo che la notizia della ricerca è uscita sui media americani, hanno commentato in modo caustico: “Non esiste un'app contro la stupidità“.

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