Inno alla vita”. E’ stato intitolato così lo spazio dedicato alla triste vicenda di Alfie Evans all’interno della tre giorni di Atreju, festa annuale di Fratelli d'Italia, che ha animato l’Isola Tiberina a Roma. In una sala gremita hanno preso la parola prima Thomas Evans, padre di Alfie e poi Emmanuele Di Leo, presidente di Steadfast Onlus, l’associazione che per prima ha portato alla ribalta della cronaca le conseguenze tragiche delle scelte dei giudici inglesi. “Per noi è un grandissimo onore poter avere qui Thomas Evans e Kate James per consegnare loro il Premio Atreju”, ha detto Giorgia Meloni, leader di FdI prima dell'intervento di Thomas.
“Alfie non è più con noi, la legge inglese non ci ha permesso di salvarne la vita”, ha esordito Thomas, accolto da più di due minuti di applausi, che ha poi raccontato i momenti salienti della breve vita di Alfie. La nascita il 9 maggio 2016, il ricovero nel mese di novembre e la diagnosi di un disturbo neurodegenerativo. “Non dimenticherò mai la prima volta in cui ci parlarono del 'miglior interesse'. Nel caso di nostro figlio, per i suoi dottori, era semplicemente morire”. Da quel momento tra i genitori del piccolo Alfie e i medici dell’ospedale inizia un vero e proprio braccio di ferro. “A settembre 2017 l’ospedale avviò un procedimento legale per essere autorizzato al distacco forzoso del respiratore – ricorda il papà di Alfie in un discorso spesso rotto dalle lacrime -. L’ospedale Bambino Gesù ci offrì una speranza dichiarandosi disposto a prendere in cura Alfie e assisterlo fino all’ultimo respiro. Un ospedale tedesco fece altrettanto”. A febbraio 2018 iniziò il processo. “Io e Kate non avremmo discusso sulla sicura morte di Alfie, l’ho dichiarato anche in tribunale. Quello che non potevamo accettare era che Alfie morisse per mano d’uomo e non per volontà di Dio. Nessun dottore testimoniò che Alfie avrebbe avuto una morte naturale in tempi brevi”. Il racconto, in una sala ammutolita continua con la descrizione dettagliata degli ultimi giorni di vita del piccolo Alfie. “Ma Alfie non è morto invano, lo ripeto – ha sottolineato Thomas, accompagnato dalla moglie, rimastagli sempre accanto -. Alfie ci ha indicato la strada da seguire e noi non ci fermeremo. A breve nascerà la fondazione in suo nome che, con la preziosa collaborazione di Steadfast, continuerà a lottare contro l’eutanasia. È nei nostri progetti presentare al Parlamento inglese una proposta di legge affinché cambino le cose. Non permetteremo più che quello che è capitato a noi succeda ad altri”.
A prendere la parola è stato poi il presidente di Steadfast Onlus, Emmanuele Di Leo: “Perché la legge consente a un ospedale di agire così? Perché i giudici gli hanno dato ragione? Perché serviva ribadire un principio già stabilito per legge. Il principio che se non hai determinati standard è meglio la morte. Ma non l’hanno deciso nei propri riguardi, l’hanno deciso per te, per tuo figlio. L’Europa che sogno e che voglio costruire per i miei figli è una unione di Paesi, che cura i suoi bambini, che li protegge e che fa di tutto, come ha fatto l’Italia per il piccolo Alfie, per salvare la vita e la dignità di un suo figlio. Senza dimenticare che in Italia si dovrà aprire un dibattito serio sulle Dat, le dichiarazioni anticipate di trattamento, che aprono spiragli in questo senso. Un’Europa che non fa due pesi e due misure, un’Europa aperta alla vita e alla giustizia che permette ai suoi cittadini di curarsi. Si perché, cari amici, da qui, da questo palco, oggi ad Atreju, dobbiamo riaffermare che gli ospedali sono stati inventati per curare i malati e non per sopprimerli”.