Il suolo è un complesso corpo vivente, in continua evoluzione che fornisce all’umanità gli elementi necessari al proprio sostentamento. Il suolo è anche, però, una risorsa molto fragile e non rinnovabile, molto spesso trattata come un contenitore di scarti, oppure come un mezzo da sfruttare. Ad oggi c’è poca consapevolezza su cosa significa non tutelare il suolo e vengono trascurati anche gli stessi effetti derivanti dalla perdita delle sue funzioni.
L’intervista
La Giornata mondiale del suolo è stata istituita nel 2002 dalla FAO per sensibilizzare l’opinione pubblica e per promuovere la sua gestione sostenibile. In occasione di questa ricorrenza, Interris.it ha intervistato il dottor Michele Munafò, responsabile del servizio per il sistema informativo nazionale ambientale dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Dottor Munafò, perché il suolo è così importante?
“Si tratta di una risorsa con delle funzioni ancora poco conosciute. Io faccio sempre l’esempio che se prendiamo un cucchiaino di suolo, al suo interno il numero di esseri viventi è maggiore di quante sono le persone sulla terra. Grazie ad esso, noi possiamo disporre di una grande parte della biodiversità del nostro pianeta e l’importanza della sua salvaguardia dipende anche dal fatto che si tratta di una risorsa non rinnovabile. Ciò significa che una volta rovinato, un suolo per rigenerarsi ci impiega migliaia di anni”
Come si consuma il suolo?
“Le modalità di usura sono di vario tipo. La rappresentazione più tipica è data da un massiccio incremento della copertura artificiale di terreno con cemento e asfalto. Un processo dunque che è legato prevalentemente alla costruzione di nuovi edifici e di infrastrutture di vario genere, come parcheggi o aree di stoccaggio delle merci, e alla sempre maggiore espansione delle città. Per dare l’idea dell’entità del fenomeno, in Italia parliamo di quasi 2,4 mq2 di suolo naturale che viene perso al secondo a causa di nuove costruzioni”.
Esistono delle norme che tutelano il suolo?
“Nonostante se ne parli da molto tempo, ancora oggi manca una legge nazionale che regolarizzi il consumo del suolo. A luglio scorso è stata presentata la proposta di direttiva per il monitoraggio e la resilienza del suolo, che potrebbe aiutar a raggiungere l’obiettivo di azzerare il consumo netto entro il 2050, di allinearlo alla crescita demografica e di non aumentare il degrado del territorio entro il 2030. Nonostante si tratti di una tematica di estrema urgenza, siamo ancora lontani da questo importante traguardo”.
La mancanza di suolo fertile come influisce sulla vita dell’uomo?
“Una delle prime conseguenze è la riduzione della produzione agricola, senza della quale noi non mangiamo. A risentirne poi ci sono dei servizi legati ai clici di regolazione ambientale e tra questi a pagarne le conseguenze c’è il ciclo dell’acqua. Quando infatti il suolo è degradato, diventa impermeabile e l’acqua non riesce più a infiltrarsi nel terreno, ma scorre in superficie e in questo modo aumentano i fenomeni di dissesto”.
Quali sono i benefici che il suolo può dare all’uomo?
“Oltre al nutrimento e alla regolazione dei cicli della vita, il suolo ha dei risvolti positivi sulla qualità dell’aria e la riduzione della temperatura, tutti elementi che fanno vivere meglio. Non è un caso che nelle città in cui la vegetazione è minore, la temperatura sia sempre più alta, rispetto a quelle in cui invece, il suolo naturale è in presenza maggiore. L’impatto che ne deriva non è solo sanitario, ma anche socio-economico”.
Il consumo del suolo si traduce anche in danni economici?
“Si tratta di quelli che la commissione europea chiama costi nascosti, per il solo fatto che, nonostante il grande impatto, non vengono considerati. Sono dovuti principalmente alla sua perdita funzionale di garantire alcuni importanti servizi sugli ecosistemi. Si tratta di danni di grande effetto, tanto che negli ultimi sedici anni sono stati stimati aggirarsi intorno ai nove miliardi all’anno”.
Come il cambiamento climatico influenza un terreno?
“Lo danneggia molto, provocando uno stato di degrado. Pensiamo per esempio ai lunghi periodi di siccità, oppure all’aumento dell’erosione dovuta agli eventi estremi. Inoltre, lo stesso cambiamento di uso del suolo provoca la dispersione di carbonio nell’atmosfera, contribuendo ai cambiamenti climatici e rendendoli ancora più violenti”.