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Sos del Garante Marziale: “No ai videogiochi dove i boss sono eroi”

Sos per “i modelli gravemente diseducativi” veicolati dalle nuove tecnologie. Per il Garante dell'infanzia Antonio Marziale: “Zorro ĆØ morto e Don Corleone ĆØ risuscitato, e se magari si intendono studiare le ricadute anche sociali, si venga in Calabria o in zone dove la malavita spadroneggia, si parli con i giovanissimi che, per gioco, si sono attribuiti i nomignoli degli eroi di Gomorra. Ne conosco tantissimi”. Scrisse il magistrato Paolo Borsellino il 20 giugno 1992: ā€œLa lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le piĆ¹ adatte proprio perchĆ© meno appesantite dai condizionamenti e dai ragionamenti utilitaristici che fanno accettare la convivenza col male, le piĆ¹ adatte cioĆØ queste giovani generazioni, a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertĆ  che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguitĆ  e quindi della complicitĆ .ā€

Promozioni sui social

“Nel Paese dove la mafia contende quotidianamente il potere del controllo allo Stato, dove uomini delle istituzioni sono stati massacrati senza alcuna pietĆ , dove la fascinazione criminale coinvolge chissĆ  quanti giovanissimi, come soluzione ai problemi di disoccupazione e accumulo di ricchezza, dove magistrati e forze di polizia combattono per tentare di drenarne la diffusione, si accetta perĆ² senza batter ciglio che i social network veicolino promozioni di videogiochi che palestrano a “sviluppare il clan e diventare un vero Padrino”, si noti con la “P”Ā maiuscola. Tutto ciĆ² ĆØ vergognoso”, protestaĀ il sociologo Antonio Marziale, presidente dell'Osservatorio sui Diritti dei Minori, estensore del Codice Internet & Minori, riferimento legislativo varato dall'ex ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri, e Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza della Regione Calabria. “La cultura mafiosa non riguarda solamente la mentalitĆ  della criminalitĆ  organizzata ma ha unā€™accezione piĆ¹ ampia poichĆ© con essa sā€™intende la negazione delle regole sociali a favore delle regole private e familistiche– analizza Psicosalute.com-.Questo ā€œpensare mafiosoā€ si esprime attraverso dei comportamenti che distorcono il rapporto pubblico-privato: le istituzioni pubbliche vengono pensate e vissute come se ci si rapportasse a una grande famiglia che vĆ  controllata. I rapporti sociali vengono principalmente instaurati e perpetuati per creare una dipendenza psicologica tra sĆ© e lā€™altro. Una situazione tipica ĆØ ad esempio quando si faĀ un favore a una persona, non per il proprio piacere personale, ma poichĆØ questa ricopre un ruolo rilevante e ā€œutileā€ a livello istituzionale e o organizzativo”.

Allarme adolescenza

Picchiatori, motociclisti e tiratori da reclutare per un solo obiettivo: la costruzione di una cittĆ  mafiosa in cui imporre il potere e le regole della malavita. “Nessun magistrato se ne ĆØ accorto? Nessun uomo delle forze di polizia? Non ci credo cosƬ come non credo che in nome di non si capisce quale libertĆ  di pensiero bisogna lasciare che ciĆ² si perpetui nel tempo senza valutarne le conseguenze. I giochi innocenti per bambini deficienti, tanto per parafrasare un comune detto sono in disuso da tempo. Erano quelli artigianali. Con l'avvento della tecnologia i bambini hanno finito di fantasticare e si ritrovano a giocare non piĆ¹ da protagonisti, ma da meri esecutori delle istruzioni per l'uso, e giocando imparano. Giocare a diventare “Padrino”Ā ha sostituito il gioco a fare il poliziotto e sugli effetti dei videogiochi sul piano emotivo e pedagogico non c'ĆØ bisogno che io aggiunga alcunchĆ©, perchĆ© ormai la scienza ha finanche esaurito le argomentazioni, che evidentemente non sono state in alcun modo recepite, nemmeno da uno Stato disattento verso ciĆ² che sta pericolosamente accadendo”.

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