Sta avendo grosse ripercussioni sulla pace interna l’uccisione, avvenuta ieri in Siria, di due curdi da parte di alcuni soldati turchi. Ieri è stato represso con durezza un altro corteo cittadino dalle forze militari nella città di confine tra Siria e Turchia, nel settore centrale di Kobane-Ayn Arab. La cittadina frontaliera è a maggioranza siro-curda, ma vive forti pressioni da parte delle autorità di Ankara che vorrebbe costruire un muro lungo il confine per impedire il passaggio dei profughi e di miliziani dell’Isis in fuga. Questa seconda repressione è stata riportata dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Sohr).
Segue quella di venerdì scorso, anch’essa repressa con violenza, tanto che è costata la vita a due manifestanti e ha portato al ferimento di altre 40 persone. Era stata indetta per protestare contro la costruzione del muro che, secondo fonti curde, entrerà per 20 metri in territorio siriano. L’amministrazione autonoma di Kobane aveva denunciato in precedenza quella che aveva definito una “occupazione” da parte delle forze di Ankara, facendo appello ai cittadini perché dessero vita a manifestazioni di protesta.
Kobane è una città nel nord della Siria situata nell’attuale Kurdistan siriano nei pressi della frontiera con la Turchia. Secondo il censimento del 2007, ha una popolazione di oltre 50mila abitanti, in maggioranza curdi e siriani, ma sono presenti anche minoranze di arabi, turcomanni e armeni, facendo di lei una città multietnica. Proprio per la sua peculiarità di città frontaliera tra due grandi Stati mediterranei, nell’ottobre del 2014 venne stretta d’assedio dalle forze dell’Isis che riuscirono a conquistarne l’80% muovendosi da sud e da ovest. Grazie all’efficace contrattacco dei curdi di ambo i sessi (che giorno e notte difendevano la città con il fuoco delle armi leggere) e ai raid statunitensi, nel gennaio del 2015 è stata strappata al Califfato tornando ad essere una città libera.