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Si muore ancora di giornalismo

Circa una cinquantina sono i giornalisti uccisi nel mondo. 49 per l'esattezza – 46 uomini e 3 donne -, stando al bilancio diĀ Reporter senza frontiere. A vedere il bicchiere mezzo pieno, si tratta quasi di una buona notizia: parlando in numeri, sono circa la metĆ  dei giornalisti che hanno perso la vita nel 2018 (80).Ā Eppure, le morti per informazione sono la punta dell'iceberg di un'emergenza inaccettabile, perchĆ© testimonia la persistenza di Paesi doveĀ diffondere la VeritĆ  ha dei costi pesanti sulle vite umane. In questi termini, il bilancio va visto sotto un'altra sfumatura, perchĆ© se ĆØ vero che le morti sono diminuite, al contrario le detenzioni sono altissime: nel mondo, il numero deiĀ giornalisti reclusiĀ ĆØ pari aĀ 389, con unaĀ crescita del 12%Ā rispetto al 2018: un dato cheĀ Reporter senza frontiereĀ definisce “particolarmente preoccupante”.Ā 

Paesi pericolosi

In alcuni Stati, fare informazione ĆØ punito con l'uccisione arbitraria. Fra i reporter uccisi, l'AssociazioneĀ rileva 36 professionisti, 10 non professionisti e 3 collaboratori. ƈ l'AfricaĀ il Continente piĆ¹ pericoloso, non solo perchĆ© un sesto di quelli uccisi vi ĆØ originario, ma anche per quelli che sono reclusi, “molti dei quali senza neanche essere stati messi al corrente delle accuse mosse nei loro confronti” sottolineaĀ Reporter senza frontiere. Il Nord-Africa ĆØ l'area in assoluto piĆ¹ rischiosa, con l'Egitto. La denuncia mossa nei confronti dell'esecutivo del Cairo ĆØ arrivata anche da Amnesty International.Ā Il fattore scatenante ĆØ stato l'arresto di Esraa Abdel Fattah, la blogger esperta di diritti umani, arrestata di notte e minacciata da un agente della National Security Agency quando si ĆØ rifiutata di dare accesso al suo telefono cellulare. La giornalista ha manifestato, con uno sciopero della fame, le sevizie che ha subito dagli agenti, come percosse e minacce dai riscontri fisici. La condizione che si riscontra in Egitto riconferma il contesto drammatico del Paese che si reitera da anni.Ā GiĆ  un documento Onu relativo alĀ periodo dal maggio 2016 al 2017, aveva messo in luce come la tortura sia unaĀ praticaĀ sistematicaĀ in Egitto, denunciando la responsabilitĆ  dei pubblici ministeri e dei giudici se a compierla sono forze di sicurezza.

Somalia e non solo

Per il terzo anno consecutivo ĆØ la nazione africana piĆ¹ pericolosa. Vi hanno perso la vita il corrispondente diĀ Seychelles Sbc Tv,Ā Mohamed Sahal OmarĀ e la reporter del canaleĀ Youtube Integration TvĀ Hodan Nalayeh, assieme al cameramanĀ Abdinasir Abdulle Ga'al. Ma non solo: il corrispondente dellaĀ BbcĀ Ahmed Hussein SualeĀ ĆØ stato crivellato di colpi d'arma da fuoco mentre era a bordo della sua vettura ad Accra. Lo stato di “salute” dell'informazione va di pari passo con quello della magistratura. Sono aumentate, infatti, le reclusioni legate a movimenti di protesta, come rivelano i casi di Hong Kong, Cile e Bolivia, dove la repressione dei movimenti di dissenso passa anche attraverso il contenimento della voce di tale dissenso. In questo senso, un dato diĀ Reporter senza frontiereĀ ĆØ eloquente: quasi laĀ metĆ  dei giornalistiĀ dietro le sbarre ĆØ reclusa in sole tre nazioni: Egitto, Arabia Saudita e Cina.

America Latina come Medio Oriente

Come ha dichiarato l'Associazione, “il giornalismo continua a essere un mestiere pericoloso” poichĆ©, sebbene siano diminuite le morti, non lo sono le condizioni diĀ sicurezzaĀ che garantiscano l'incolumitĆ  del giornalista. ConĀ 14 morti, l'America Latina rasenta un tasso di mortalitĆ  simile a quello del Medio Oriente. Fra le vittime, ĆØ ricordata la giornalistaĀ Norma Sarabia Garduza,Ā assassinata fuori dalla porta della sua abitazione a Huimangillo, inĀ Messico, lo scorso 12 giugno. Garduza era una “firma storica” del giornaleĀ Tabasco Hoy, che aveva pubblicato un'inchiesta sul coinvolgimento di agenti della polizia in un rapimento. A seguito di alcune minacce, chiese una scorta, ma non le venne mai data. Con le sue cifre, l'America Latina rasenta la situazione di Paesi delĀ Medio OrienteĀ dove, nonostante le guerre, i giornalisti che hanno perso la vita sono in parte diminuiti. Il valore di novitĆ  lo ha colto il segretario generale diĀ Reporter senza frontiere,Ā Christophe Deloire, il quale ha sottolineato: “Per i giornalisti, il confine tra paesi in guerra e in pace sta scomparendo.Ā Mentre dovremmo accogliere con favore il calo senza precedenti del numero di giornalisti uccisi nelle zone di conflitto, notiamo anche che sempre piĆ¹ giornalisti vengono consapevolmente uccisi per il loro lavoro nei paesi democratici, il che costituisce una vera sfida. per le democrazie da cui provengono questi giornalisti”. Il dato paradossale e preoccupante ĆØ che ci sono piĆ¹Ā reporter morti nei Paesi non in guerraĀ (il 59%) che in quei Paesi dove, al contrario, sono in corsi conflitti e che rasentano il 2%.

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