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Saviano promuove la droga libera. Un prof risponde

“Con Il Supplente una bellissima pagina di servizio pubblico della Rai. Grazie a Roberto Saviano”. È lecito supporre che Maurizio Martina, segretario reggente del Pd, autore di questo tweet, condivida il fatto che in prima serata, sul servizio pubblico appunto, venga pubblicizzata la legalizzazione delle droghe leggere. Perché è questo che Saviano ha fatto da dietro una cattedra e parlando a dei ragazzi liceali. Senza contraddittorio, come quasi sempre capita al noto scrittore in tv, egli ha potuto esporre quelli che ritiene i vantaggi di rendere alcune sostanze stupefacenti vendibili liberamente nei negozi, con l’avallo e il guadagno da parte dello Stato.

La tesi di Saviano

Saviano ha indossato le vesti del supplente di liceo, come indica il nome della nuova trasmissione di Rai2, e si è presentato agli alunni mostrando una foto di Al Capone. Da quell’immagine è maturata la sua riflessione: gli Stati Uniti, introducendo nel ‘19 il proibizionismo delle bevande alcoliche, hanno concesso alle organizzazioni mafiose di avere il monopolio del commercio e di arricchirsi. Una vecchia storia, utilizzata spesso dai promotori della droga libera per far passare il concetto: “Se lo Stato liberalizza, i criminali non guadagnano”. Ecco allora servita la soluzione: liberalizzare la cannabis per fare cassa e per contrastare le mafie. “Se sulla cannabis venisse applicata la stessa imposta applicata sulle sigarette, allo Stato entrerebbero 3,9miliardi di euro”, spiega Saviano da abile ragioniere. Un ragioniere che, tuttavia, trascura ciò che va al di là dell’orizzonte economico. Non spende una parola, infatti, sui danni che la legittimazione di un male (e la droga è un gravissimo male) può provocare nella società, specie nei giovani, e sulle spese della sanità pubblica per curare l'aumento di dipendenza e malattie. Nessun altro può farlo a Il Supplente, perché Saviano parla ex cathedra, come se i suoi ragionamenti non debbano essere smentiti. Gli alunni e i telespettatori restano così sedotti da un solo punto di vista, proposto con affascinante eloquio, sull’argomento.

La critica del docente

L’imparzialità del servizio pubblico non ha però lasciato indifferenti genitori, esperti e comuni cittadini oramai riluttanti a sorbirsi le versioni dei fatti del pensiero dominante. Enzo Pennetta, un docente di liceo (ma docente vero, non un vip travestito da tale) ha espresso su Twitter il proprio disappunto: “Saviano entra in classe e con la scusa di fare lezione di storia fa uno spottone a favore della legalizzazione della cannabis. Scorrettissimo. Chiedo alla Rai di poter fare io una contro lezione sullo stesso argomento”. Pennetta è professore di Biologia, esperto del tema in questione, di cui parla anche sul suo blog Critica Scientifica. Intervistato da In Terris, contesta anzitutto a Saviano l’equiparazione tra alcol (evocato parlando del proibizionismo americano) e cannabinolo. “L’uso di Thc presente nella cannabis – spiega – danneggia la corteccia cerebrale provocando una diminuzione dei valori dei quozienti di intelligenza misurati con i test, come evidenziato da uno studio pubblicato sulla rivista ufficiale della United States National Academy of Sciences”. Pennetta contesta poi il nocciolo del pensiero di Saviano. “Il problema della legalizzazione – dice – è che così un comportamento nocivo viene presentato in veste rassicurante e ne aumenta la diffusione”. Inoltre – prosegue il biologo – “le limitazioni tipiche della legalizzazione lascerebbero inalterate le attività delle mafie”. Non solo, Pennetta osserva che “la cannabis legale avrebbe costi di produzione più alti per via dell’obbligo del rispetto delle norme sanitarie e per l’onere della tassazione, la cannabis illegale resterebbe quindi più economica, oltre che a più alto contenuto di principio attivo, e le mafie continuerebbero a guadagnare”.

Saviano come Bernays?

Pennetta nota un’analogia tra l’attuale campagna per la legalizzazione della cannabis e quella a favore del tabacco legale, condotta nel 1929 dal pubblicitario, padre delle tecniche di manipolazione di massa, Edwards Bernays. Quest’ultimo fece passare il fumo di sigaretta come un simbolo di emancipazione femminile, lavorando così al servizio delle industrie di tabacco. “Con la legalizzazione della cannabis – riflette Pennetta – quegli stessi miliardari vedrebbero aumentare a dismisura gli affari e invertirebbero la rotta in un momento in cui il consumo di sigarette ha visto una diminuzione dovuta alle restrizioni”. Mutatis mutandis, Saviano sarebbe un po’ il Bernays contemporaneo. Forse in modo inconsapevole, lo scrittore campano farebbe il gioco delle grandi aziende ma anche dei poteri forti. Così la pensa Pennetta, che ricorda come un altro scrittore, l’inglese Aldous Huxley, sempre negli anni ’20 “raccontava che le droghe ricreative sarebbero potute diventare uno strumento di sedazione sociale, istituendo una 'dittatura dolce' ma molto più efficace di quella repressiva”.

La proposta alla Rai

Se potesse parlare a quegli stessi ragazzi sottoposti al mantra pro-legalizzazione di Saviano, il biologo Pennetta descriverebbe “i danni fisici della cannabis e l’irrilevanza della legalizzazione nella lotta alle mafie” e “mi soffermerei – aggiunge – sul fatto che con la legalizzazione il vero prodotto in vendita diventerebbero loro stessi”. Del resto – aggiunge – “se qualcuno avesse detto alle femministe del ’29 che le sigarette non erano uno strumento di emancipazione ma un modo con il quale le corporation del tabacco avrebbero in modo spregiudicato fatto soldi sulla loro salute, sulle loro vite messe in vendita, la storia del fumo di sigaretta sarebbe andata diversamente”. Il tweet di Pennetta per chiedere alla Rai una contro lezione per ora è caduto nel vuoto. “Non ho alcuna aspettativa sulla neutralità dell’attuale direzione del servizio pubblico nei confronti del politicamente corretto”, dice con amarezza. Però non bisogna rassegnarsi. In termini di meri ascolti, le appassionate, suggestive e argomentate tesi di Pennetta potrebbero rivelarsi proficue.

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