I santi sociali nella Chiesa della carità. Il santo come “defensor civitatis”. Santità e impegno sociale sono le due gambe su cui cammina l’evangelizzazione fin dalle origini del cristianesimo. Nell’Ottocento, davanti alla grande povertà dei lavoratori, la Chiesa non si limitò a parlare e a scrivere per mano dei Pontefici. L’Ecclesia mise in atto tutta una serie di iniziative assistenziali e caritatevoli a favore degli indigenti. Fondando ospedali. Oratori. Scuole. Cooperative agricole.
Santi della carità
Tra i santi più significativi San Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842). Che, a Torino, fondò la Piccola Casa della Divina Provvidenza per prendersi cura dei malati che nessuno voleva o poteva accudire. San Giovanni Bosco (1815-1888) che, figlio di contadini, diventato sacerdote si dedicò completamente ai ragazzi più poveri e abbandonati. Li riunì in oratori attrezzati con laboratori artigianali. Per avvicinarli ad un mestiere. E per educarli cristianamente. Fu per loro padre. Compagno di giochi. Maestro di scuola e di lavoro. Apostolo infaticabile. Avendo bisogno di nuovi collaboratori fondò la Congregazione dei Salesiani in onore di san Francesco di Sales. Oggi la sua opera è diffusa in tutto il mondo.
Paradigmi di carità
San Giuseppe Cafasso (1811-1860), insieme a don Bosco e al Cottolengo, è uno dei grandi santi sociali dell’Ottocento. È stato proclamato dalla Chiesa patrono dei carcerati e dei condannati. A morte per l’impegno profuso in loro favore. I santi sono stati paradigmi di carità ed esempi di fedeltà al Vangelo. Fin dai primi secoli dell’era cristiana testimoniano l’unione tra cielo e terra. Tra spiritualità e sollecitudine sociale . Leggendo e ascoltando “il testo della Passione di Agata, noi forse ci siamo scoraggiati”. Perché “ci descrivono prospettive e traguardi paradossali rispetto a quanto abitualmente ascoltiamo dagli altri. O pensiamo noi stessi. Indottrinati da una pubblicità sempre più invadente e suadente”. L’amministratore apostolico, monsignor Salvatore Gristina ha celebrato il Santo Pontificale per la festa di Sant’Agata prima di lasciare l’incarico per raggiunti limiti di età. La patrona di Catania è stata celebrata in cattedrale. Con una messa solenne a porte chiuse per l’emergenza Covid. E alla presenza del sindaco reggente Roberto Bonaccorsi.
Il senso della devozione
Prima dell’inizio della messa è stato esposto accanto all’altare il busto reliquiario della Vergine e Martire. Che a fine funzione è stato riportato nel luogo in cui è custodito. Le feste agatine, ha ricordato monsignor Gristina, “quest’anno, come l’anno scorso, non possono svolgersi secondo le indicazioni che noi vescovi di Sicilia abbiamo prudentemente emanato a causa della pandemia“. E aggiunge il presule: “L’assenza delle processioni può aiutarci a comprendere meglio un elemento fondamentale. E cioè che partecipare a questi gesti di devozione in onore della Madonna e dei santi, costituisce un pubblico impegno di voler camminare con loro. Di vivere come loro”.
Missionarietà
Infatti, prosegue il presule, “in comunione con tutte le Chiese abbiamo iniziato il cammino sinodale diocesano. Per una Chiesa sinodale che ci vedrà crescere nella comunione. Nella partecipazione. E nella missionarietà“. In questo cammino si inserirà il 19 febbraio il nuovo arcivescovo, monsignor Luigi Renna. “Egli diventerà nostro compagno di viaggio- sottolinea l’amministratore apostolico-. Anzi, lo guiderà con il ministero episcopale che svolgerà tra di noi. Con la luce e la forza dello Spirito e come immagine autentica di Gesù Buon Pastore“. Monsignor Gristina, che ha lasciato l’incarico di arcivescovo di Catania per la sua età, ha deciso di rimanere “in questa amata chiesa catanese”. Per “il resto dei giorni che il Signore vorrà concedermi”. E “sotto la guida del nuovo Pastore. Verso il quale fin d’ora e pubblicamente, nella fraternità episcopale, prometto rispetto ed obbedienza”.