Il ruolo dello psiconcologo, un aiuto per affrontare la malattia

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A sinistra il dottor Saverio Cinieri. alexander-grey-Gj65EQ7GiwQ-unsplash

Lo psiconcologo è uno psicologo impiegato nell’ambito dell’oncologia. Nonostante si tratti di una figura professionale non ancora inserita in tutte le strutture ospedaliere e sanitarie italiane, da un sondaggio effettuato dal portale psiconcologia.net, emerge che sono molti i pazienti e i loro caregiver che dicono di sentire il bisogno di usufruire di questo servizio.

L’intervista

Per discutere dell’importanza della figura dello psiconcologo e delle opportunità di miglioramento delle attività offerte, interris.it ha parlato con il dottor Saverio Cinieri presidente Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica).

Dottor Cinieri, come definisce lo psiconcologo?

“Si tratta di una figura che accompagna il medico oncologo nella normale attività ospedaliera e non solo. Lo psiconcologo ha il ruolo di comprendere i bisogni reali dei pazienti, che spesso invece non esprimono al medico in quanto lo considerano una figura con cui parlare solo strettamente del percorso terapeutico. Capita per esempio che se un paziente ha difficoltà a venire in ospedale perché non ha nessuno che lo accompagna il primo a venirne a conoscenza è lo psiconcologo che poi lo dice a noi e con cui cerchiamo i risolvere questo problema”.

Che ruolo ha livello psicologico?

“Le difficoltà emotive hanno un grande impatto sul percorso della malattia. Molti pazienti affrontano l’iter terapeutico con delle paure che non riescono a confessare al medico, in quanto il camice bianco, ancora oggi, a volte blocca, mentre lo psiconcologo viene considerato una figura più vicina con cui è più semplice aprirsi”

Dottore, crede i pazienti di oggi siano consapevoli dell’importanza di essere affiancati da un professionista?

“La risposta a questa domanda non è univoca, in quanto ci sono pazienti che si rendono conto e per cui chiedono un aiuto psicologico. Altri invece, rifiutano il colloquio con lo psiconcologo in quanto dicono che, se questo accadesse, si sentirebbero a tutti gli effetti dei malati. Succede anche però che, dopo una prima chiusura, a distanza di qualche tempo, il paziente capisca l’importanza di essere seguito da un professionista. Ad oggi i numeri dicono che solo il 5% ha parlato con lo specialista in modo costante, il 42% saltuariamente, mentre il 53% non ha mai trattato l’argomento”.

I caregiver hanno bisogno di un supporto?

“Dal sondaggio è emerso chiaramente come siano anche e sopratutto i familiari ad avere necessità di essere accompagnati durante il delicato percorso della malattia. Molto spesso per esempio mi è accaduto di vedere che quando ad ammalarsi è una donna, l’uomo scappa, per paura. Anche in questo caso c’è bisogno di intraprenderete un percorso con un professionista. Inoltre, gli psicongologi sono fondamentali nella comunicazione della diagnosi e della prognosi, soprattuto quando gli interlocutori sono dei nuclei familiari con dei minori.

Nelle strutture sanitarie del nostro Paese il numero dei psiconcologi è sufficiente?

“Purtroppo no e solo il 20% dei pazienti e familiari ha svolto sedute con lo psiconcologo, che comunque sono proseguite in modo saltuario, addirittura per l’83%. Ad oggi però ci sono delle aziende sanitarie che in questi ultimi anni hanno inserito nelle proprie piante organiche queste figure. Questo mi porta a pensare che con il passare degli anni lo psiconcologo diventerà un professionista di cui le strutture sanitarie non potranno rinunciare”.

Elena Padovan: