Ripristinare gli ecosistemi per uno sviluppo sostenibile

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A sinistra Lorenzo Ciccarese (Ispra). Foto: Foto di Coralie Meurice su Unsplash

La Giornata Mondiale dell’Ambiente è stata istituita nel 1972 dalle Nazioni Unite per incoraggiare la consapevolezza e l’azione a favore dell’ambiente. Uno dei principali pilastri del Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi (2021-2030) è quello di proteggere e ridare vita agli ecosistemi presenti in tutto il mondo, passo fondamentale per raggiungere l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile.

L’intervista

Interris.it ne ha parlato con il dottor Lorenzo Ciccarese, responsabile area della conservazione della biodiversità terrestri presso l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), e rappresentante italiano per la piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici.

Dottor Ciccarese,  che cosa significa ripristinare un ecosistema?

“Nel senso più ampio del termine vuol dire riportarlo ad una situazione più o meno originaria, ovvero alla condizione precedente alla sua alterazione. Per esempio, se noi consideriamo una foresta che negli anni è stata diradata o che ha subito danni da incendio o da inquinanti, per ripristinarla si deve intervenire tramite delle tecniche che tengano in considerazione dell’entità del cambiamento esterno avvenuto. Purtroppo però non è sempre facile recuperare un ecosistema gravemente alterato e in alcuni casi il suo totale ripristino diventa impossibile”.

Che cosa impatta in modo forte sugli ecosistemi?

“Nell’ultimo decennio tra le cause maggiori di queste alterazioni, escludendo la distruzione per cause antropiche degli ecosistemi, ci sono il prelievo eccessivo di organismi per effetto della caccia, della pesca e del bracconaggio, di legna, di funghi e di vari prodotti legnosi, il cambiamento climatico, l’inquinamento dell’acqua e del suolo e le mutazioni della composizione dell’atmosfera. Nonostante ciò, è importante creare le condizioni giuste perché quel determinato ecosistema possa riprendere la sua funzionalità, visto che anch’esso a sua volta crea dei servizi ecosistemici per l’uomo. Penso per esempio alla sua capacità di ridurre i disastri naturali, come le innondazioni, o la riduzione dell’impatto del cambiamento climatico. Per ridare agli ecosistemi i livelli originati di diversità di specie, struttura e funzionalità occorre prima di tutto ridurre le pressioni, quasi sempre portate dall’uomo, sugli ecosistemi”.

Come si ripristina una foresta?

“Grazie agli avanzamenti negli anni della teoria del ripristino degli ecosistemi forestali e la traduzione nella pratica selvicolturale delle stesse teorie, è oggi possibile realizzare interventi efficaci di ripristino di una foresta. Innanzitutto, è fondamentale scegliere le specie più adatte e il materiale forestale di propazione più appropriato alle condizioni dell’ecosistema specifico, anche in considerazione che le condizioni ambientali, in primis quello meteo-climatiche, potranno cambiare nel medio e lungo periodo. Inoltre, questo intervento va fatto al momento giusto con delle tecniche precise che tengano in considerazione tutti i fattori esterni a quell’ambiente. Successivamente, si devono garantire le corrette cure colturali, specialmente nei primi anni, per esempio le potature, l’irrigazione, il controllo di parassiti e patogeni, sistemi per evitare danni da erbivori o da atti di vandalismo”.

Qual è l’area in cui è più difficile intervenire?

“Senza dubbio le zone umide, le aree costiere e le dune. Si tratta di habitat molto importanti perché ospitano un’enorme biodiversità e perché forniscono benefici e valori insostituibili. Queste aree contribuiscono ridurre il rischio di inondazioni, depurano l’acqua dalle sostanze inquinanti rendendola potabile e intrappolano una grande quantità di carbonio atmosferico, contrastando il cambiamento climatico. Si tratta però di ambienti molto fragili e vulnerabili”.

Nel Pnrr, sono stati stanzianti oltre 300 milioni di euro per la forestazione dei principali centri urbani italiani. Come vede questo intervento?

“L’obiettivo principale del progetto è di dare dimora a oltre 4 milioni di piante forestali e creare foreste nelle città o intorno ad esse. Questi nuovi spazi forestali potranno svolgere la loro funzione di contenimento dell’inquinamento atmosferico, sonoro e luminoso, di mitigare le isole di calore, di contribuire all’adattamento al cambiamento climatico e al contenimento dei rischi da eventi estremi, di tutelare la biodiversità e allo stesso tempo di garantire una migliore qualità di vita ai residenti. Si tratta di un’azione importante, ma ritengo sia indispensabile realizzare questi interventi integrando la giustizia e l’equità sociale, evitando  interventi che costringano molte persone a lasciare le proprie abitazioni. Per questo motivo è opportuno che il ripristino dell’ecosistema tenga sempre in considerazione il benessere umano nel suo complesso”.

Elena Padovan: