E' importante che coloro che si dicono credenti e cattolici, senza sbandierare tanti simboli religiosi, mettano in atto la Dottrina sociale della Chiesa che si traduce nel fare leggi giuste per tutti, ma con un'attenzione particolare ai più deboli. I cattolici si devono distinguere non dai simboli o dai pronunciamenti, ma dai frutti di giustizia che diventano leggi di giustizia”. A parlare è Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Intervistato da In Terris, Ramonda ha affrontato temi come le migrazioni, la politica, l'eutanasia e la lotta alla cultura dello scarto.
Oggi si celebra la giornata internazionale della carità. Madre Teresa di Calcutta diceva: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno”. Quanto è importante l'impegno di ognuno di noi, anche se piccolo, per il bene comune?
“Innanzitutto bisogna dare per giustizia ciò che a volte diamo come atti di carità. La giustizia è una dimensione strutturale, una scelta profonda di dare a ognuno il suo, condividere i beni, distribuire le risorse, essere attenti all'ambiente, perché è di ognuno, è il luogo e la casa dove abitiamo. Penso che ognuno di noi può fare la sua parte là dove vive, lavora e si diverte. Se si rispettano i diritti fondamentali degli altri si entra in una dimensione che sviluppa anche la carità”.
In questi giorni la situazione in Siria è nuovamente peggiorata: ci sono stati dei raid su Idlib che hanno causato decine di morti e si rischia un nuovo esodo verso l'Europa. Secondo lei i corridoi umanitari sono sufficienti per evitare che si verifichino nuove morti in mare?
“I corridoi umanitari sono una risposta importantissima, perché le persone che arrivano con questo metodo hanno la vita salva. E' ovvio, però, che la grande maggioranza delle persone rimangono laggiù, sotto le bombe e in molti muoiono. I corridoi umanitari non bastano, è necessaria un'azione diplomatica a livello internazionale e, soprattutto, bisogna far cadere quel velo di ipocrisia dei Paesi Europei che vendono le armi e lucrano, aumentano il loro Pil con i ricavi di questo mercato”.
Papa Francesco ha creato 13 nuovi cardinali, la maggior parte dei quali provengono dalle periferie del mondo. La Chiesa ha bisogno di ritornare alle periferie del cristianesimo?
“La scelta di Papa Francesco è di una profezia unica in questo tempo. Mette in evidenza come la Chiesa è universale e vive ai capi del mondo, condividendo con i più poveri. Il Pontefice ha scelto di creare cardinali vescovi che a volte sono anche 'sconosciuti', ma che realmente sono in prima linea per annunciare il Vangelo, vivere la carità e operare la giustizia.
Ne conosce qualcuno?
“Vorrei ricordare in modo particolare il vescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, e quello di San Cristobal de la Habana (Cuba), monsignor Juan de la Caridad Garcia Rodriguez, territori dove noi siamo presenti con le nostre comunità. Voglio ringraziarli per il loro operato e ringraziare Papa Francesco per la loro nomina”.
Papa Francesco si trova in visita apostolica in Mozambico, Madagascar e Maurizio. Che importanza ha sul piano ecumenico questo viaggio?
“E' fondamentale perché il Pontefice mette in atto veramente il nome che ha scelto per il suo pontificato. San Francesco è stato proprio l'apostolo dell'incontro con tutte fedi e religioni, e quindi il Papa ripercorre questo itinerario dialogando con tutti, con i musulmani, buddisti e induisti, ma anche con coloro che dicono di non credere in nessun dio. E' in continuo dialogo perché ha un'attenzione profonda verso tutti, in particolare i poveri. Quindi lui va, come un pellegrino, nella massima gratuità, va a seminare la bellezza e la bontà di Dio. Sarà poi la storia a dire e testimoniare quello che è stato il suo pontificato meraviglioso”.
Il prossimo 9 settembre, il Pontefice sarà a Maurizio, Paese che si contraddistingue per l'impegno dei laici nella Chiesa. Oggi, quanto è importante riscoprire questo impegno anche nel nostro continente?
“E' fondamentale perché la Chiesa è formata dal popolo di Dio, ossia tutti i fedeli e i battezzati. Sono stati soprattutto i poveri che rispondevano quando Gesù passava per le strade della Palestina. Anche oggi la povera gente che crea quell'humus, quel terreno di santità dove fioriscono Madre Teresa, monsignor Romero, Sandra Sabattini, Piergiorgio Frassati, i santi comuni della porta accanto, che fanno crescere questa umanità, in fraternità, nel sentirsi un'unica famiglia, un'unico popolo. Quindi il fatto che lui vada in questa nazione dove i laici vivono la loro dimensione battesimale è bellissimo, è un annuncio che il Vangelo è per tutti, soprattutto per il popolo di Dio, per i più poveri”.
L'11 settembre il Tavolo “Famiglia e Vita” ha organizzato un incontro dal tema: “Eutanasia e suicidio assistito. Quale dignità della morte e del morire?”, a cui parteciperà anche l'Apg23. Quale impegno ci richiede la difesa del diritto alla vita?
“Parteciperemo anche noi, proprio per dare il nostro contributo fondamentale. Il diritto alla vita va difeso sempre, dal concepimento fino al termine. Noi dobbiamo stare al fianco di queste persone che soffrono ma che hanno una dignità grande. Ovviamente non ci deve essere accanimento terapeutico. Dobbiamo chiedere delle politiche per sostenere le famiglie che vogliono tenere presso di loro questi cari gravemente disabili, persone che a causa di incidenti rimangono paralizzate o chi è nella fase terminale della vita. La politica deve sostenere economicamente soprattutto questa parte della società perché una società che dà sarà più umana e civile in quanto riparte dagli ultimi”.
Nei giorni scorsi, nel corso dell'udienza all'Associazione italiana oncologi medici, Papa Francesco ha detto che l'eutanasia “si basa su una visione utilitaristica della persona, la quale diventa inutile o può essere equiparata a un costo, se dal punto di vista medico non ha speranze di miglioramento”. L'Apg23 è da sempre al fianco degli ultimi, degli emarginati: come si combatte la cultura dello scarto?
“Condividendo con queste persone, facendo vedere che non sono uno scarto, che sono una risorsa, un dono, che hanno tesori da comunicare, soprattutto a livello umano e di cuore. Lo scarto non si deve buttare, si deve riciclare, nel senso di valorizzare le capacità che ognuno ha, metterle a servizio della famiglia, della società. Quanto bene fa anche ai giovani quando vedono qualcuno che spingere una carrozzina, questa solidarietà e condivisione fa crescere il bene e la società del gratuito e dell'amore”.
Come associazione, cosa chiedete al nuovo governo?
“Io ho scritto una lettera al premier Conte chiedendo l'istituzione del Ministero della Pace, perché la società si è sempre organizzata per fare la guerra, per odiarsi e eliminarsi. I giovani ci chiedono una società giusta, pacifica, non violenta, dove ognuno possa contribuire al bene comune. Chiederemo che vengano tutelate, difese e promosse la vita e la famiglia, che sia data dignità al lavoro, anche per le persone diversamente abili, anche a quelli che sono emarginati, e che vengano date ai giovani delle prospettive di vita e non di morte, rappresentate dalla liberalizzazione delle droghe e del gioco d'azzardo. Noi vogliamo che venga difesa la dignità della persona, soprattutto quella dei giovani”.
Sarebbe importante una presenza cattolica all'interno del nuovo governo?
“Sì. E' importante che coloro che si dicono credenti e cattolici, senza sbandierare tanti simboli religiosi, mettano in atto la Dottrina sociale della Chiesa che si traduce nel fare leggi giuste per tutti, ma con un'attenzione particolare ai più deboli. I cattolici si devono distinguere, non dai simboli o dai pronunciamenti, ma dai frutti di giustizia che diventano leggi di giustizia”.
Il 21 e 22 settembre l'Apg23 tornerà nelle piazze italiane con l'evento “Un pasto al giorno”. Perché è così importante questa iniziativa?
“Un pasto al giorno è un'iniziativa formidabile, importantissima perché ormai, da più di dieci anni, siamo presenti in mille piazze italiane per testimoniare che ci sono ancora molte persone nel mondo che non hanno la possibilità di mangiare. Molti bambini ancora muoiono perché non hanno l'acqua potabile e le proteine necessarie al loro sviluppo. Ho ricevuto una lettera da un nostro missionario, Simone, che è in Kenya che chiede di poter aprire una missione nel deserto del Paese dove ci sono bambini che, quando va bene, riescono a mangiare una volta al giorno. Noi vogliamo essere vicini a queste persone in tutto il mondo, nei 42 Paesi dove siamo, e ovviamente questa raccolta di fondi – ringraziamo fin da ora chi ci sostiene – permette a tante persone di sopravvivere”.