La nostra è una situazione gravissima perché le associazioni mafiose si stanno sviluppando su tutto il territorio nazionale, da Nord a Sud, e la corruzione è il sistema con cui le associazioni mafiose entrano nella pubblica amministrazione. Questo è un campanello d’allarme che abbiamo suonato ripetutamente”. E' l'allarme lanciato da Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, alla presentazione odierna a Palazzo Altieri a Roma della ricerca Eurispes “La corruzione tra realtà e rappresentazione. Ovvero: come si può alterare la reputazione di un Paese”.
“In Italia – ha spiegato Cafiero De Raho sul Sir – è difficile individuare la corruzione perché non è semplice comprendere chi è il soggetto attivo e quale quello passivo, perché a nessuno conviene denunciare”. Secondo il procuratore antimafia, “il nostro Paese ha la migliore legislazione sul fenomeno, però è anche vero che ci sono forme così raffinate di corruzione che servono indagini ancora più raffinate per riuscire ad acquisire prove”. Di qui l’apprezzamento “per la legge sulla corruzione, ma non per un orientamento politico, ma perché contiene norme riguardanti aspetti che erano già emersi negli Stati generali della corruzione”. “Bisogna smascherare troppa omertà, troppe convenienze e una mancanza di etica”, ha concluso Cafiero De Raho.
La ricerca Eurispes
“La corruzione tra realtà e rappresentazione. Ovvero: come si può alterare la reputazione di un Paese”, è curata da Giovanni Tartaglia Polcini per l’Eurispes. “L’econometria della corruzione” è alla base della ricerca, che “si è posta l’obiettivo di verificare la fondatezza del giudizio espresso nei confronti dell’Italia dai più comuni indicatori di natura percettiva diffusi sul piano globale”.
L'Italia, negli indici internazionali, si legge nella ricerca, “si colloca in posizioni molto più basse di quanto non meriterebbe il suo status di Paese democratico e di potenza mondiale, tra i primi dieci grandi Paesi al mondo per il Pil pro capite”. Infatti, in ambito Ocse, è il Paese con la più alta corruzione percepita (circa 90%) e con una fiducia nel Governo superiore al 30%, più alta di quella di Grecia, Portogallo, Spagna e Slovenia nonostante questi Paesi abbiano una percezione della corruzione inferiore a quella italiana (tra l’80% e il 90%). Ma, dice Polcini, “alla domanda specifica, posta a un campione di cittadini, se negli ultimi 12 mesi avessero vissuto, direttamente o tramite un membro della propria famiglia, un caso di corruzione, la risposta è stata negativa nella stragrande maggioranza dei casi, in linea con le altre nazioni sviluppate”. Questo fenomeno è definito “sindrome del Botswana”, intesa come tendenza ad accostare il nostro Paese a Stati difficilmente assimilabili all’Italia per livello di benessere e di ricchezza. Nell’ultima graduatoria di Transparency International, basata proprio su un indice di percezione, ricorda la ricerca, “risultiamo al 69° posto con l’85% degli italiani convinti che Istituzioni e politici siano corrotti”.
Rischi per l'economia
La cosiddetta “sindrome del Botswana” può avere effetti diretti e indiretti sull’economia. Per questo, rileva la ricerca, la costruzione di indicatori validi ed efficaci a rappresentare i molteplici aspetti relativi al fenomeno corruzione integra il primo ed essenziale passo verso il controllo, la prevenzione e il contrasto. Senza misure accurate e affidabili non solo diventa difficile cogliere l’estensione e l’ordine di grandezza del fenomeno, ma anche indirizzare strategie di intervento istituzionale e politico di contrasto e repressione”.