Piuttosto che un'altra ondata di attivismo ideologico nelle scuole da parte dell'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), a causa della nomina del nuovo coordinatore Luigi Manconi, è meglio chiudere del tutto questo ente che evidentemente non ha più niente a che fare col contrasto alle discriminazioni su base razziale, etnica e religiosa”.
Lo afferma Massimo Gandolfini, portavoce del Family Day, durante il presidio organizzato questa mattina dal Comitato Difendiamo i Nostri Figli davanti alla sede dell'Unar a Roma. Presenti anche rappresentanti di altre associazioni di famiglie e genitori tra cui Comitato Art. 26, Non Si Tocca La Famiglia, CitizenGO Italia e Generazione Famiglia, che ha consegnato alla dirigenza dell'Ufficio le 10.465 firme raccolte in pochi giorni con una petizione popolare.
L'Unar è finito una prima volta nell'occhio del ciclone quando nel 2013 finanziò con 10milioni di euro la “Strategia Nazionale Lgbt”: un piano di sponsorizzazione delle istanze politiche Lgbt in tutti i settori della società, a partire dalle scuole.
L'attività dell'ente dipendente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è stata poi travolta l'anno scorso dallo scandalo che ha riguardato il suo ex direttore Francesco Spano, sotto l'amministrazione del quale passò un finanziamento di oltre 50mila euro a un'associazione Lgbt di cui lui stesso era tesserato. Un servizio del programma Le Iene mostrava che nei locali di questa associazione avvenivano orge con spaccio di droga e prostituzione.
“Se il Partito Democratico non revocherà entro breve la nomina di Manconi – continua Gandolfini – dalla prossima Legislatura condurremo una grande azione popolare per portare alla chiusura dell'Unar, e certamente a queste elezioni sosterremo chi si proporrà di aiutarci a farlo con successo”.