L'associazione dei medici e dirigenti del Ssn (Anaao) ha realizzato con Assomed una capillare indagine su costi e spese riducibili in sanità. Tra le emergenze c’è il problema dell’appropriatezza delle cure. L’uso inappropriato degli antibiotici supera il 30% nelle condizioni cliniche degli adulti . “La sostenibilità del servizio sanitario nazionale da troppi anni oramai viene lentamente erosa ed è prevedibile che, a meno di un netto cambiamento di rotta, il suo indebolimento prosegua e peggiori”, attesta il report. I dati parlano chiaro. In uno studio pubblicato sulla rivista Lancet , è stata elaborata una previsione di come e quanto si spenderà per la sanità in 184 Paesi fino al 2040. Per l’Italia si ipotizza un tasso di crescita annuale del 2,6%, il che porterebbe nel 2040 ad un’impennata della spesa sanitaria (pubblica e privata) pro-capite a 5.968 dollari di cui l’80% a carico della sanità pubblica ed il restante a carico di quella privata.
Grido d’allarme
Nel Sud sono nati l’anno scorso quasi 157 mila bambini, circa 6 mila in meno del 2017. La novità è che il contributo garantito dalle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli. Il peso demografico del Sud continua a diminuire e ora è pari al 34,1%. In tutti gli scenari previsti, il Pil italiano, ipotizzando una invarianza del tasso di produttività, diminuirebbe nei prossimi 47 anni a livello nazionale da un minimo del 13% ad un massimo del 44,8%, cali di intensità differenti interesserebbero il Nord e il Sud del Paese: si ridurrebbero così le risorse per finanziare una spesa pubblica in aumento per il maggior numero di pensioni e per l’assistenza sociale e sanitaria. Dal Duemila due milioni di persone, la metà giovani, sono andate via dal Mezzogiorno d'Italia in cerca di ciò che mancava a casa: lavoro, opportunità, certezze, ma anche istruzione e assistenza sanitaria. Del resto, nel 2019 è recessione al Sud, con una crescita del Pil di -0,2%, che fa seguito a un 2018 in cui erano crollati i consumi e gli investimenti pubblici. La fotografia scattata dall'annuale rapporto Svimez è un grido d'allarme, con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, primo premier a partecipare all'occasione, che conferma: “La crisi dell'occupazione nell'ultimo decennio ha assunto il carattere di vera emergenza nazionale”.
Costante sbilanciamento
In Italia si assiste ad un malessere demografico, con il rapporto tra numero di giovani (under 14) ed anziani (over 65) invertito a partire dal 1992 ed un costante sbilanciamento a favore della popolazione anziana. L’invecchiamento della popolazione ha causato un aumento delle persone affette da patologie croniche o con più malattie contemporaneamente e una crescita dei bisogni sanitari. Il Censis stima che 4,1 milioni di persone in Italia sono attualmente portatrici di disabilità (il 6,7% della popolazione), nel 2020 diventeranno 4,8 milioni, per arrivare a 6,7 milioni nel 2040. “Condividiamo pienamente l'idea del premier Conte di un piano straordinario per il Sud, che contempli investimenti ex ante e controlli sulle spese ex post. Auspichiamo che questo si traduca anche in un Piano Marshall per il servizio Sanitario nazionale, che, con interventi ad hoc, permetta di colmare le disuguaglianze di salute”, afferma il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli commentando i dati del Rapporto Svimez.
Mezzogiorno in svantaggio
“Il Rapporto evidenzia in maniera inequivocabile uno svantaggio delle regioni meridionali in termini di investimenti sulla salute e di accesso ai servizi – commenta – la spesa sanitaria pro-capite è infatti di circa 1600 euro al Sud contro i 2000 del Centro Nord. Investimenti che risultano ancora più bassi se paragonati ai 2800 euro della media europea, con punte di 3000 in Francia e Danimarca e 3800 in Germania. Questo significa diverse cose. In positivo – spiega Anelli – che il nostro Servizio Sanitario nazionale, pur deprivato di risorse, le spende in maniera efficace; e che è del tutto infondato, come lo stesso Rapporto rileva, il luogo comune di un Sud inondato di risorse pubbliche perse in sprechi e inefficienze. In negativo, che la dotazione relativamente bassa di risorse si traduce in un problema di equità, perché, sempre come rileva Svimez, si amplificano per le fasce economicamente più deboli le difficoltà di accesso ai servizi essenziali”. Tra le misure ormai improcrastinabili, conclude Anelli, oltre all'aumento degli stanziamenti, una revisione dei criteri di ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale e l'applicazione del principio di solidarietà verso le Regioni più in difficoltà, come la Calabria.
Mobilità sanitaria
“Il problema è aggravato dalla mobilità sanitaria – continua il presidente Fnomceo – il rapporto evidenzia infatti un più elevato tasso di emigrazione ospedaliera verso le Regioni del Centro Nord, riferito ai ricoveri per interventi chirurgici acuti: al Sud il 10% dei residenti ricoverati si sposta verso altre Regioni, contro il 5-6 per cento del Nord”.La mancata prevenzione è “causa di crescita di costi futuri legata al peggioramento delle condizioni di salute della popolazione”. Questa situazione “si acuisce nelle Regioni coinvolte dai piani di rientro in cui la percentuale di popolazione aderente agli screening è bassa”, denunciano gli operatori del settore. Non tenere conto dei sintomi del diabete espone il malato ad un peggioramento delle sue condizioni ma, paradossalmente, serve prima una diagnosi di diabete conclamato per poter essere curati, per esempio nel Lazio, nelle strutture sanitarie regionali. E’ solo uno degli esempi che confermano la necessità di reimpostare i presidi della salute pubblica. Ed è alta la percentuale di inappropriatezza proprio per i farmaci antidiabetici.
Lotta agli sprechi
Risorse limitate in un contesto che in futuro avrà sempre più bisogno di accesso ai servizi sanitari, un “consumismo” sanitario indotto da internet, ripetute novità tecnologiche costituite da devices e farmaci sempre più costosi, ma non sempre innovativi, fanno sì che il mix possa essere esplosivo. “Identificare e colpire le inefficienze è urgente per poter garantire l’universalismo delle cure che oramai vacilla, ma quantificarle con precisione non è semplice”, rileva lo studio. In Italia il tasso medio stimato di corruzione e frode in sanità è del 5,59%, cioè 6 miliardi di euro l’anno, che aumentano a 25 miliardi se si aggiungono gli sprechi. La corruzione, secondo le rilevazioni di Transparency, viene percepita dal 87,2% del personale delle aziende sanitarie come un problema grave. Buona parte degli sprechi, sottolinea l’associazione dei medici e dei manager sanitari italiani, è da imputare in modo considerevole a carenze organizzative. E cioè mancata centralizzazione acquisti beni, eccessiva eterogeneità regionale e locale che si ripercuote in diseguaglianze all’accesso dei servizi. “In un contesto di risorse pubbliche limitate, questa previsione di spesa diventa preoccupante ed inevitabilmente si deve pensare a come contenere i costi, incominciando dalla eliminazione o riduzione dei famosi sprechi della sanità”, osserva l’associazione dei camici bianchi. Per “spreco” si intende l’utilizzo improprio di risorse, con conseguenti inefficienze e perdite economiche, o comunque un costo cui non corrisponde un beneficio. Lo spreco si può distinguere in spreco passivo, dovuto ad inefficienze gestionali, ed attivo, Di fatto in sanità, con l’alibi della “lotta agli sprechi”, sono stati decisi a livello centrale solo tagli lineari, che hanno coinvolto sia le realtà meno virtuose che quelle con buoni standard qualitativi.