Possibili danni alla salute per la popolazione di La Oroya, comune del Perù situato nella regione centrosettentrionale di Junín. Lo denuncia alla stampa l’Arcivescovo di Huancayo, Mons. Pedro Barreto Jimeno, dopo aver appreso che il governo di Lima ha ridotto gli standard di qualità ambientale (gli “Eca”) per facilitare la vendita del grande complesso metallurgico di La Oroya.
“Vecchi metodi di corruzione”
“Lo Stato dal 1928 ha riscosso le tasse e si è arricchito a spese della vita e della salute della popolazione – ha denunciato il prelato riportato da Asia News – e ancora una volta lo Stato vuole tornare ai suoi vecchi metodi di corruzione, ma in questa occasione va contro la vita della popolazione”.
Dalla nota inviata all’organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie da una fonte locale, si apprende infatti che il governo peruviano ha permesso le emissioni di biossido di zolfo fino a 250 microgrammi, mentre in precedenza il massimo era di 20. Contrario alla nuova normativa anche il decano del Collegio degli Ingegneri peruviani, perché – spiega – le conseguenze principali saranno a carico della salute della popolazione.
Una lunga diatriba
Nei mesi scorsi la Chiesa locale si era espressa positivamente sulla riapertura del complesso metallurgico de La Oroya – che darebbe lavoro a decine di famiglie – ma solo dopo le dovute garanzie da parte del governo a tutela della salute degli operai. Fino al 2013, infatti, la fabbrica è stata il motore economico della zona ma anche la principale responsabile del triste record di La Oroya, inserita dall’Istituto Goldsmith nella lista dei dieci luoghi più inquinati del pianeta. I neonati nascono infatti già con “il piombo nel sangue” trasmesso dalle madri.
“Nessun operaio deve essere messo di fronte alla scelta tra mantenere l’impiego o tutelare il proprio benessere”, aveva denunciato su Avvenire monsignor Barreto già nel 2015. Il vescovo gesuita è da sempre in prima linea nella difesa dell’ambiente e dei diritti degli abitanti della cittadina.