“La durata della pandemia in corso non è ancora definibile“, afferma a Interris.it il professor Carlo Federico Perno, responsabile di Virologia e Microbiologia all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. E’ aggiunge l’autorevole virologo: “L’emergenza Covid ci mette in condizioni di ripensare la sanità e di rimettere senza dubbio il paziente al centro del nostro intervento”. Ma, sottolinea il professor Perno, “tale afflato, assolutamente importante, continua a ‘scontrarsi’ con un dato di fatto. Nei Paesi sviluppati, il problema oggi cogente è legato ai costi di una sanità universale, non più sostenibili, oggettivamente, al di là degli slogan politici”.
Una vita per la sanità
Carlo Federico Perno si è specializzato in oncologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e, tra i numerosi riconoscimenti internazionali, ha vinto il Premio Cartesio dell’Ue per il miglior gruppo di ricerca biomedica europea. E’ ordinario di virologia all’Università di Roma Tor Vergata e ha diretto l’Unità di monitoraggio delle terapie antivirali e antineoplastiche all’Istituto Spallanzani di Roma e l’Unità di Virologia Molecolare al Policlinico Universitario Tor Vergata. E’ autore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche.
“L’aumento della vita media, scorporato ad un aumento contestuale della qualità di vita (la quantità risulta, dati alla mano, nettamente superiore alla qualità), ha rilevanti conseguenze. Comporta, infatti, un aumento, netto e marcato, dei costi da sostenere”.
“Essi derivano da un aumento notevole dei costi dei farmaci. Da una durata maggiore del loro utilizzo. E da una sofisticazione della diagnostica, con conseguente aumento dei costi. Il tutto moltiplicato per una durata di vita (e quindi di utilizzo dei suddetti strumenti diagnostico-terapeutici) di gran lunga maggiore rispetto al passato”.
“La riscoperta della centralità della salute è un fattore assolutamente positivo di principio. E ciò perché ultimamente sembra che la sanità sia centrata solo sul contenimento dei costi. E non sugli interventi per la tutela della salute”.
“Questa centralità, tuttavia, per le ragioni prima esposte, continua a doversi confrontare con le problematiche legate alla sostenibilità dell’intervento sanitario. E’ un puzzle di difficile soluzione, che richiede tempo, inventiva, innnovatività e utilizzo ottimale degli strumenti a disposizione. Cercando di preservare al meglio la sanità universale come una delle più grandi conquiste del nostro Paese, che tanti ci invidiano”.
“Senza dubbio sì. La gestione della sanità pubblica negli ultimi anni ha visto un degrado marcato e apparentemente incontrollabile. Un degrado legato da un lato alla ‘politicizzazione’ dei ruoli apicali. Occupati spesso da persone di scarsa competenza e capacità, ma di grande affidabilità partitica. E dall’altro un degrado legato ad una riduzione pedissequa delle spese, spesso a discapito della qualità dell’assistenza. Con un’avvertenza, però”.
“Attenzione che non sempre la riduzione spesa è proporzionale alla riduzione della qualità dell’assistenza. Anzi, assistiamo ad un paradosso, che dove la tutela sanitaria è migliore, il contenimento dei costi è maggiore. Basti vedere numeri e dati della sanità nelle diverse regioni d’Italia”.
“Ciò dimostra che la salvaguardia del bene comune passa attraverso un sistema di ottimizzazione degli interventi strategici. Basati su qualità, competenza, e attenzione ai bisogni delle persone. E’ un’ulteriore prova che c’è spazio per interventi di qualità”.
“Come ha detto il Papa in più di un’occasione, ci si salva tutti insieme. Teniamo presenti gli elementi di base. E cioè la straordinaria infettività di questo virus. La trasmissione interumana attraverso la respirazione E la necessità di mantenere le regole sociali. Distanziamento e mascherina sono strumenti basilari per il controllo della pandemia. Tutto ciò ci ricorda che siamo tutti sulla stessa barca. E’ inutile che noi prendiamo provvedimenti di tutela, se gli altri non li prendono (o viceversa)”.
“Prima o poi l’infezione passerà e si diffonderà. La pandemia dovrebbe insegnarci la solidarietà. Non come termine vuoto, ma, più che mai, come elemento essenziale, sanitario e sociale. Per garantire noi stessi e gli altri (amici, parenti, ma non solo, anche compagni di autobus, di ristorante, eccetera) dal rischio della diffusione del virus. Senza di essa la battaglia rischia di essere persa”.