Figlio di due madri, è possibile. Lo è almeno per la Corte di Appello di Perugia, che con una sentenza ha dato torto al Comune di Perugia. Quest'ultimo si era rifiutato di trascrivere l'atto di nascita di un bambino come figlio di due madri. Così la vicenda era finita in Tribunale e, dopo la sentenza di primo grado che aveva dato ragione alle due donne, ora è arrivata la conferma da parte della Corte di Appello. “La Corte di Appello – spiega l'associazione Omphalos Lgbti in una nota – ha ritenuto infondato il ricorso presentato dal sindaco Romizi e dal ministro Salvini contro la precedente decisione del Tribunale arrivata lo scorso marzo. L’ordine del tribunale di trascrivere integralmente l’atto di nascita di Joan (questo il nome del bambino, ndr) non è mai stato attuato dal Comune, che invece ha ricorso in appello, perdendo ancora una volta”.
Pillon (Lega): “Speriamo che il Comune ricorra in Cassazione”
Di tutt'altro avviso Simone Pillon, capogruppo della Lega in commissione giustizia del Senato, che afferma: “La Corte di Appello di Perugia ha fatto male ad assecondare l'offensiva delle lobby gay”. Secondo l'esponente del Family Day, “i giudici non possono sostituirsi alla realtà dei fatti senza calpestare il diritto naturale. I bambini nascono da un uomo e una donna e non possono essere comprati all'estero mediante la pratica delittuosa del traffico di gameti umani o dell'utero in affitto” prosegue l'esponente leghista. Il ministro dell'Interno ha annunciato proprio qualche giorno fa un suo intervento per chiudere definitivamente la porta a queste inaccettabili violazioni del superiore interesse del fanciullo. “Manifesto tutta la mia solidarietà a questo bambino, artificialmente privato della figura paterna e confido nella volontà del comune di Perugia di ricorrere per Cassazione contro una decisione tanto erronea; continuando su questa strada rischiamo di legittimare i delitti e ancor peggio di privare i bambini delle loro radici e di una delle due figure genitoriali”, conclude il senatore Pillon.
Presa di posizione di Pro Vita e Generazione Famiglia
Sugli scudi anche le associazioni Pro Vita onlus e Generazione Famiglia. “La coppia di donne ha aggirato il divieto di fecondazione eterologa per coppie dello stesso sesso, e si è recata in Spagna per realizzare una pratica che priva il bambino di suo padre e scinde in modo innaturale la figura materna“, dichiara Toni Brandi, presidente di Pro Vita onlus. Che aggiunge: “Ci auguriamo che il sindaco ricorra in Cassazione contro questa sentenza ideologica e attendiamo il regolamento in materia promesso da Matteo Salvini”. Jacopo Coghe, presidente di Generazione Famiglia, ribadisce con forza: “I bambini hanno diritto ad avere una mamma e un papà: le sentenze dei giudici non cambieranno mai questa realtà. È agghiacciante constatare come alcuni giudici siano pronti a ratificare pratiche vietate dal nostro ordinamento. C’è un conflitto tra i poteri dello Stato”.