Qualche settimana fa ha avuto una certa risonanza internazionale una doppia notizia proveniente dal Vicino Oriente. Il Tribunale di Teheran, in Iran, avrebbe emesso il terzo verdetto nei confronti di un giovane condannandolo a morte. Stando a quanto riferisce l’organizzazione Nessuno Tocchi Caino, l’imputato sarebbe stato riconosciuto colpevole di un omicidio commesso nel 2014, quando era minorenne. Appena due giorni prima, il 16 settembre, in Arabia Saudita un tribunale avrebbe condannato a morte un uomo per aver sparato ad un agente di polizia uccidendolo. Ma non solo: i giudici avrebbero decretato che, una volta ucciso, l’uomo fosse crocifisso.
I numeri nel mondo
Si tratta di vicende che sembrano provenire da tempi remoti. E che invece sono strettamente attuali e invitano a riflettere in occasione della Giornata europea e mondiale contro la pena di morte che si celebra oggi. Gli sforzi dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per un’abolizione universale della pena capitale hanno prodotto qualche risultato, ma si è ancora lontani dall’obiettivo prefissato al Palazzo di Vetro. Amnesty International stima che attualmente sono 58 gli Stati che continuano ad applicare la pena di morte nei loro ordinamenti, mentre 139 non la applicano, di diritto o in pratica. Oltre nei già citati Iran e Arabia Saudita, il boia continua a mietere vittime in altre zone del Medio Oriente e in diversi Paesi africani e asiatici, nonché in alcuni luoghi degli Stati Uniti.
Nell’ultimo rapporto di Amnesty International sulla pena di morte, risalente all’aprile scorso e facente riferimento al 2017, sono state registrate almeno 993 esecuzioni in 23 Stati, il 4 per cento in meno rispetto alle 1032 esecuzioni del 2016 e il 39 per cento in meno rispetto alle 1634 del 2015, il più alto numero dal 1989. Erano inoltre 21.919 i prigionieri in attesa di esecuzione nel mondo. Ma è salito anche il numero di Paesi che hanno abolito la pena di morte: nel 2017 si sono uniti alla lista Guinea e Mongolia, facendola aumentare a 106, numero che sale a 142 se si contano anche i Paesi che l’hanno abolita di fatto. Amnesty sottolineava anche “il clima di segretezza” che circonda la pena di morte in alcuni Paesi asiatici, il quale rende difficile riuscire ad ottenere dati sulle esecuzioni. L’organizzazione citava la Malesia, il Vietnam, ma anche la Cina, con la quale recentemente la Santa Sede ha stretto uno storico accordo.
L'impegno della Chiesa
E proprio Oltretevere, nell’agosto scorso, è stata presa una decisione che testimonia l’avversione della Chiesa cattolica nei confronti della pena capitale. Su decisione di Papa Francesco, è stato modificato il Catechismo al fine di rendere “inammissibile” il ricorso a questa pratica, in ogni caso. Gli effetti di questo nuovo corso si sono visti presto: a fine settembre il “ministro degli Esteri” della Santa Sede, monsignor Paul Richard Gallagher, a New York per la 73esima sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, è intervenuto per tornare a chiedere “l’abolizione universale della pena di morte”. Il presule ha quindi citato il nuovo passo del Catechismo e ha concluso il suo intervento così: “L’abolizione universale della pena di morte sarebbe una coraggiosa riaffermazione della convinzione che l'umanità può affrontare con successo il crimine e del nostro rifiuto di cedere alla disperazione davanti al male, offrendo al criminale la possibilità di cambiare”. Chissà se la Chiesa riuscirà ad esercitare la sua persuasione morale sulla Cina.
La Comunità di Sant'Egidio
Intanto prosegue la battaglia contro la pena di morte anche da parte di movimenti ecclesiali. Sugli scudi la Comunità di Sant’Egidio, da anni vicina ai condannati a morte nei diversi continenti. I suoi esponenti partecipano alla Giornata di oggi promuovendo visite nei bracci della morte negli Stati Uniti, in Indonesia e in diversi Paesi africani. “Occorre tener vivo, ad ogni livello delle società, delle istituzioni e dei governi, questo impegno di civiltà e umanità – si legge in una nota della Comunità di Sant’Egidio -, diffondendo la fiducia che in futuro la pena capitale possa essere totalmente abolita negli ordinamenti giuridici, come è già avvenuto negli ultimi anni in tanti Paesi, specialmente in Africa, dopo l’esempio dell’Europa, unico continente che finora ha bandito del tutto la pena di morte. Ci confortano la recente abolizione della pena di morte in Burkina Faso e la decisione di Papa Francesco di modificare il Catechismo della Chiesa cattolica, definendo la pena capitale ‘inammissibile alla luce del Vangelo perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona’”.
Il monito del Consiglio d'Europa
In Europa, tra gli Stati dell’Ue, la pena di morte non è presente in alcun ordinamento. Resta però, nel Continente europeo, il caso isolato della Bielorussia. Il Paese governato fin dal 1994 da Aleksandr Lukashenko è tra i candidati ad entrare nel Consiglio d’Europa, ma la mancata abolizione della pena capitale è uno degli ostacoli all’ingresso. Proprio il Consiglio d’Europa, in occasione della Giornata di oggi, ha pubblicato il seguente testo: “In attesa dell’introduzione di una moratoria, la dichiarazione esorta i paesi che ancora ricorrono alla pena di morte – tra i quali troviamo soprattutto la Bielorussia l'unico paese nel continente europeo che ancora applica la pena di morte – a commutare le condanne a morte rimanenti in pene detentive”. L’istituzione con sede a Strasburgo ha inoltre invitato ogni suo Stato membro “ad adottare misure efficaci per prevenire il proprio coinvolgimento nel ricorso alla pena capitale da parte di Paesi terzi, per esempio prevenendo scambi di merci che potrebbero essere successivamente utilizzate per le esecuzioni”.
La riunione alla Farnesina
L’impegno contro la pena di morte trova cittadinanza anche presso la Farnesina. Ieri si è riunita la Task Force Politica Maeci-Società Civile sull’azione per una moratoria universale della pena di morte, presieduta dal sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano. Il gruppo si prefigge l’obiettivo di coordinare le attività di sensibilizzazione condotte dal Governo e dalle principali organizzazioni della società civile impegnate su questo tema. Agli interlocutori, il Sottosegretario ha evidenziato come “l’Italia ha svolto fin dall’inizio un ruolo di primo piano nei negoziati per questa Risoluzione e – sapendo che si tratta di un obiettivo condiviso con la società civile italiana – ci teniamo particolarmente a questo esercizio di dialogo e confronto con voi”. Di Stefano ha quindi ricordato l’evento che l’Italia ha co-organizzato lo scorso 25 settembre, nel quadro della campagna di sensibilizzazione e in occasione della settimana di apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, al quale hanno partecipato il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e, tra gli altri, l’alto commissario per i Diritti Umani, Michelle Bachelet. Insomma, l’impegno da più parti è alto, i risultati si vedono, ma l’obiettivo dell’abolizione della pena capitale resta ancora una chimera.