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Parlamentare cattolico aggredito da militanti Lgbt

Nel giorno della festa di San Giuseppe, in Cile, il parlamentare cattolico José Antonio Kast, già candidato indipendente alla presidenza della Repubblica cilena alle ultime elezioni politiche, è stato aggredito da un gruppo di estremisti e attivisti pro-Lgbt mentre stava entrando nell’auditorium dell’università “Arturo Prat” di Iquique, città del Cile settentrionale nella quale era stato chiamato a tenere una conferenza. Assieme a lui sono stati malmenati anche l’avvocato Ignacio Dülger e il dirigente politico Hector Vergara, due suoi preziosi collaboratori durante la campagna elettorale per le presidenziali. Dall’ospedale Kast ha mandato un messaggio tramite Twitter: “Possiamo pensarla in maniera totalmente diversa, ma io non mi azzarderei mai ad aggredire qualcuno per le sue idee. Non consentiamo che l’intolleranza ci rubi il diritto di esprimerci liberamente“.

A Kast non si perdona l’aver esercitato, in un Paese scristianizzato nella sua classe dirigente, la funzione del “chiodo impiantato nella coda del serpente” per usare una delle sue espressioni più efficaci. Ovvero la funzione di “garante” della tenuta politica complessiva sui principi non negoziabili: vita, famiglia, educazione. La netta affermazione al secondo turno dell’imprenditore ed ex presidente della Repubblica conservatore Sebastián Piñera lo scorso anno, in effetti, è stata resa possibile proprio grazie all’appoggio ricevuto da Kast che, nonostante l’ostracismo dei grandi media, ha conseguito un sonante 8% dei voti sulla sua persona al primo turno. L’unione di questi consensi ha consentito al leader del centrodestra, alla guida della coalizione “Chile Vamos”, di vincere con oltre il 54% dei voti e conquistarsi così il secondo mandato.

Nell’ultima settimana di settembre 2017 il presidente dei Giuristi per la vita e Segretario nazionale del Popolo della Famiglia, l'avv. Gianfranco Amato, aveva incontrato Kast sostenendone la campagna elettorale all’insegna appunto della difesa e riaffermazione dei principi non negoziabili. Eppure nessuno dei grandi media ha informato sulla recente violenta aggressione fisica subita dal parlamentare cattolico cileno, fra l’altro padre di nove figli. Preso d’assalto per circa trenta minuti da un gruppo di esaltati senza nessuna protezione delle forze dell’ordine locali, Kast è stato oggetto di calci, sputi e colpito con pietre e bottiglie. All’arrivo della polizia quasi tutti gli aggressori sono stati lasciati scappare, solo pochi sono stati identificati. Anzi, uno degli attivisti dell’università “Arturo Prat” è persino stato intervistato dai media nazionali dichiarando che il rifiuto di Kast dall’università “è dovuto al fatto che ha ridicolizzato le richieste sociali dei gruppi Lgbt, che hanno dovuto organizzare questa protesta come un modo per rendere visibile la violenza istituzionale che i gruppi Lgbt hanno sofferto all’università”. Di quanto riportato è disponibile una testimonianza video, mandata in onda su una televisione locale cilena e visionabile su YouTube.

Cinquantenne, avvocato, cattolico praticante e appartenente con tutta la famiglia all’esperienza religiosa del movimento mariano Schoenstatt, Kast è uno dei pochi politici cileni che ha finora il coraggio di parlare pubblicamente di dictadura gay, di affermare che l’unica vera famiglia è quella fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, che la vita va difesa dal concepimento fino alla morte naturale, che l’ideologia gender va assolutamente combattuta e che la legge sull’aborto deve essere abrogata. Per queste sue posizioni di sfida alla dittatura del “pensiero unico”, Josè Antonio Kast è diventato bersaglio di una odiosa campagna di aggressione verbale, diventata poi anche “fisica” come visto nella terribile giornata del 19 marzo 2018.

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