Vita dura per i cristiani del Pakistan, secondo Paese con la maggioranza musulmana più popolosa al mondo, circa il 96% dell’intera popolazione. L’Ong internazionale Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement (Claas) denuncia l’impennata del fenomeno noto come “land grabbing” – l’appropriazione indebita di terreni – da parte di apparti mafiosi in combutta con la polizia di Sukkur, (nel distretto di Hyderabad, provincia del Sindh) ai danni dei cittadini di fede cristiana.
Alcuni potenti latifondisti, con appoggi politici, sequestrano arbitrariamente le terre a contadini poveri e vulnerabili. Un fenomeno tristemente diffuso soprattutto nel Sindh (la seconda provincia più popolosa, con oltre 30,4 milioni di abitanti, nel sud est del Paese) a causa delle sue terre particolarmente fertili bagnate dal fiume Indo.
Il 21 dicembre scorso – racconta a Fides il cristiano Munawar Gill, ex funzionario della diocesi anglicana di Hyderabad – alcuni agenti di polizia si sono recati presso l’insediamento cristiano di Sukkur e hanno chiesto alle famiglie cristiane i certificati di proprietà, in mancanza dei quali avrebbero dovuto lasciare le loro case; 10 giorni dopo, una ventina di uomini armati di bastoni, alcuni dei quali vestiti con le uniformi della polizia, hanno bussato porta a porta e hanno intimidito e percosso la popolazione. “Donne e bambini sono stati maltrattati e circa 20 persone sono state ferite, alcune gravemente”, ha raccontato Gill, testimone dell’attacco.
Dopo l’aggressione, il 1° gennaio i residenti cristiani si sono recati alla polizia per registrare una denuncia e chiedendo adeguata protezione. Per protesta, circa circa 4500 persone si sono riunite in strada davanti al Press Club di Sukkur per denunciare l’arbitrio subito dai concittadini.
Da parte sua, il Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement ha condannato “l’azione orribile e brutale” avvenuta, tra l’altro, “mentre i cristiani si stavano preparando per la celebrazione del nuovo anno”. La ong ha inoltre invitato le autorità preposte a far rispettare lo stato di diritto per fermare la “mafia delle terre” che prende di mira le comunità più vulnerabili, calpestando i diritti fondamentali dei cittadini pakistani e, in particolare, delle minoranze religiose.
La costituzione pakistana sancisce, infatti, la libertà per ognuno di professare il proprio credo religioso. Sulla base dell’ordinamento giuridico, la Chiesa cattolica, al pari delle altre confessioni, può officiare liberamente nei luoghi di culto. Anche se non è possibile fare opera di evangelizzazione diretta ai musulmani o predicare loro il Vangelo, non esistono – almeno sulla carta – restrizioni alle attività educative, sociali e caritatevoli aperte a tutti, cristiani e non.
Questo nella teoria, perchè nella pratica il Pakistan è uno dei paesi in cui l’estremismo islamico è più diffuso e organizzato e dove la sopravvivenza delle comunità cristiane (poco più di tre milioni di individui su una popolazione totale di oltre 165 milioni) è resa assai precaria da continue minacce e discriminazioni come, appunto, il furto delle proprietà terriere.