Le disuguaglianze sociali e l’impatto del cambiamento climatico stanno facendo precipitare la regione africana del Sahel, in un’emergenza umanitaria, tra le più gravi al mondo. È l’allarme lanciato da Oxfam, in occasione del G7 dei ministri dello Sviluppo, in programma oggi a Parigi, nel nuovo rapporto annuale stilato dalla confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo in tutto il mondo. L’impatto del cambiamento climatico mette a repentaglio la sopravvivenza di milioni uomini, donne e bambini. Paradossale il fatto che il Sahel è responsabile “di una quota infinitesimale delle emissioni globali di gas serra, eppure è una delle regioni più colpite dai cambiamenti climatici. Il Niger è infatti considerato il Paese più vulnerabile a eventi climatici estremi sul pianeta”.
Il rapporto
Migliaia di vittime civili a causa di attentati e attacchi da parte di gruppi armati locali in Burkina Faso, Mali e Niger. La crisi si fa sempre più difficile con oltre la metà della popolazione di un’area vastissima – che comprende Burkina Faso, Mauritania, Ciad, Mali, Niger e Senegal – senza accesso all’acqua potabile, 4,2 milioni di sfollati e più di 7 milioni di persone – di cui 5 milioni di bambini sotto i 5 anni – colpiti da malnutrizione acuta. Nel Sahel le disparità nell’accesso ai servizi essenziali sono tra le più pronunciate al mondo: quasi il 40% degli abitanti della regione vive al di sotto della soglia di povertà. Ma in Senegal e in Ciad (i Paesi più disuguali della regione), ad esempio, il reddito del 10% più ricco è il doppio rispetto al 40% più povero. Allo stesso tempo quasi 2,5 milioni di bambini in età scolare non possono studiare: in Mali, ad esempio, solo il 3-4% dei bambini dei gruppi di pastori nomadi va a scuola. La disparità di accesso all’istruzione, alla salute, ai fattori di produzione colpisce soprattutto le donne, specie nelle zone rurali. In Burkina Faso, Mali e Senegal le donne detengono solo il 10% delle terre agricole, anche se costituiscono il 40% della forza lavoro nel settore.