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Operazione Colomba contro i respingimenti

I volontari manifestano la loro preoccupazione alla Comunità internazionale perché “si sono intensificate le strategie di respingimento (refoulment) dirette e indirette, create con l’intenzione di spingere i profughi siriani a fare ritorno in Siria sulla base della falsa affermazione che ora la Siria è un Paese sicuro”. A denunciarlo, riferisce il Sir, sono i promotori dell’Operazione Colomba attuata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, nel report di dicembre sulla “violazione dei diritti umani verso i profughi siriani in Libano e sul peggioramento delle loro condizioni”.

Le pressioni del Libano

Dopo la formazione del nuovo governo libanese lo scorso marzo, viene segnalato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che “i profughi siriani in Libano stanno affrontando le pressioni dell’ufficio di Sicurezza Generale Libanese a ritornare in Siria, nonostante non ci siano garanzie di sicurezza per coloro che vi ritornano”. Ricordando che “da ottobre, la situazione politica e sociale del Libano è deteriorata molto velocemente e un enorme movimento di protesta è iniziato in tutto il paese”, il report segnala che “le proteste non hanno fermato le violazioni sistematiche contro i profughi siriani”.  Quattro, evidenzia il Sir, le raccomandazioni: assicurare che il governo libanese agisca in accordo con il diritto internazionale e rispetti il principio di non-respingimento; sostenere lo stato libanese nel fornire aiuto, assistenza legale e medica ai profughi siriani in Libano, specialmente in questo periodo di agitazione politica; condannare la normalizzazione delle relazioni internazionali con il governo siriano, fino a quando non verrà raggiunta una soluzione politica; infine, supportare le organizzazioni della società civile libanese nel processo di partecipazione politica democratica e non-violenta, “riconoscendo il loro ruolo fondamentale nella creazione di strutture di sostegno per libanesi, siriani e palestinesi presenti in Libano”. Nel Paese non c'è un dato ufficiale sul numero di profughi. I rifugiati siriani, circa 2 milioni, vivono da anni nelle tende, negli edifici abbandonati, nei garage senza finestre sul ciglio della strada. Ma adesso il Paese di 4,5 milioni di abitanti non li vuole più.

Senza riconoscimento

Il Libano ospita, ufficiosamente, due milioni di profughi siriani su una popolazione di 4,5 milioni. L’ultima stima ufficiale dell’Unhcr risale al 2015 ma sono ormai passati 4 anni e la guerra in Siria continua a mietere profughi oltre che vittime. Tre anni fa, riferisce Vita, si registravano un milione e mezzo di rifugiati ma, su pressione del governo libanese, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha smesso di registrarli. Per capire fino in fondo il peso di questo numero bisogna guardare ad un altro dato, quello dei cittadini libanesi, che non raggiunge i sei milioni di abitanti. I rifugiati presenti in Libano sono tantissimi ma nessuno è riconosciuto dal governo, che non ha mai firmato la convenzione di Ginevra sui profughi, dunque non riconosce lo status di rifugiato, per questo non ci sono campi strutturati, e per questo il problema dell’accoglienza è stato – anche – un problema di parole: “Come li chiamiamo? Profughi? Visitatori? Vivono, alcuni anche da otto anni, nelle tende, negli edifici abbandonati, nei garage senza finestre sul ciglio della strada. Prima il Libano gli accoglieva, ma adesso sono troppi e non li vuole più”, sottolinea Vita.

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