La comunità internazionale è sempre più preoccupata per la situazione nella Repubblica Democratica del Congo, grande Stato dell’Africa Centrale noto anche come ex Congo belga. L’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, in merito ha avvertito: “Il numero importante di vittime civili, l’incendio della sede di diversi partiti politici e la situazione sempre molto tesa sono un avvertimento chiaro che una crisi di ampia portata potrebbe scoppiare molto presto”.
Mentre nella capitale, Kinshasa, si commemorano le vittime degli scontri dei giorni scorsi, la situazione negoziale rimane bloccata. Il dialogo nazionale, dal quale dovrebbe uscire la data delle elezioni presidenziali, è sospeso e così rischia di degradarsi anche la situazione nelle province. Non solo in quelle dell’est, come il Nord Kivu, da decenni in balia di diverse bande armate e movimenti di guerriglia non tutti congolesi, ma anche nel Kasai Centrale, nel cui capoluogo, Kananga, si è svolta una battaglia per il controllo dell’aeroporto. Il governatore locale ha affermato che i morti negli scontri tra soldati e miliziani del defunto capo tradizionale Kamwena Nsapu, sono 49, di cui 27 miliziani, 16 militari e poliziotti, e 6 civili.
Lunedì 19 e martedì 20 settembre sono avvenuti a Kinshasa violenti scontri tra polizia e manifestanti poco prima che si svolgesse una manifestazione di piazza per chiedere le dimissioni di Joseph Kabila, presidente del paese centroafricano da oltre quindici anni. I gruppi di opposizione hanno detto che sono morte più di 50 persone; il governo ha smentito dicendo che le persone uccise erano 17: 14 civili e 3 poliziotti. L’organizzazione non governativa Human Rights Watch ha fatto sapere che, in base ad “informazioni credibili”, sono morte almeno 44 persone, compresi sei poliziotti. Il Presidente Kabila è stato ricevuto in udienza in Vaticano da Papa Francesco il 26 settembre scorso.