Allarme dell’Onu in Iraq. Circa millecinquecento civili iracheni sono stati costretti a ricorrere a cure mediche per difficoltà respiratorie causate dai fumi tossici sprigionati dai pozzi di petrolio incendiati dall’Isis in fuga dalla regione di Mosul e dai gas provenienti dall’incendio della fabbrica di zolfo a sud della roccaforte jihadista.
La denuncia è partita dall’ufficio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per il Coordinamento Umanitario in un comunicato citato dai media panarabi e in cui si precisa che 1,500 persone sono state esposte ai fumi tossici in ben 14 diverse località nell’hinterland di Mosul coinvolto nell’offensiva governativa e curda avviata il 17 ottobre scorso.
A quasi un mese dall’inizio dell’offensiva, un terzo del lato orientale della città è stata riconquistata dalle forze irachene, circa mille jihadisti sono stati uccisi, 108 sono stati catturati e 4000 bombe sono state lanciate dagli aerei della coalizione internazionale. Dall’altra parte del fiume, nelle zone ovest e nei quartieri meridionali e settentrionali, rimangono però circa un milione di persone sotto il giogo dello Stato islamico. Secondo le ultime stime dell’Onu, gli sfollati hanno raggiunto 54.000 unità e ogni giorno centinaia di civili affamati si mettono in fila per il cibo nelle zone liberate.
Ma non è solo a fame a preoccupare la cittadinanza e le organizzazioni internazionali che operano sul territorio. La nuova emergenza si chiama “inverno”: nei mesi più freddi infatti nel nord del Paese le temperature scendono anche sotto lo zero e già lo scorso anno, riferiscono, molti bambini sono morti per ipotermia nelle tende dei campi profughi. Per Hani El Mahdi, responsabile in Iraq del Catholic Relief Services, “L’arrivo dell’inverno potrebbe rendere l’emergenza immigrati ingestibile”.