E'stato uno dei padri della Repubblica, un artigiano della democrazia italiana che ha testimoniato il Vangelo sociale nelle difficoltà della vita politica e sindacale. Oggi l’Italia, al suo massimo livello istituzionale, rende omaggio a Giulio Pastore. Ad aprire la giornata dedicata al fondatore e primo segretario della Cisl è stamattina la messa celebrata per il sindacato d’ispirazione cattolica da don Aldo Buonaiuto, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII in prima linea nell’accoglienza e su quei fronti dell’impegno sociale dei quali Pastore è stato un pioniere in Italia.
Modello per un Paese che cresce
Alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella oggi la Cisl ricorda Giulio Pastore, il fondatore del sindacato di via Po, a 50 anni dalla scomparsa, a Roma, dalle 10 alle 13 alla Camera di Commercio, nella Sala del Tempio di Adriano in piazza di Pietra è in programma il convegno: “Il sindacato per un Paese che cresce”, organizzato dalla Cisl, Fondazione Giulio Pastore, Fondazione Ezio Tarantelli, Centro Studi Ricerca e Formazione della Cisl: sarà aperto dalla Segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, cui seguiranno la relazione di Aldo Carera, presidente Fondazione Giulio Pastore, la testimonianza di Gianfranco Astori, consigliere per l’informazione del Presidente della Repubblica e gli interventi di Nicola Antonetti, presidente dell’Istituto Luigi Sturzo e di Giuseppe De Rita presidente del Censis.
Una vita esemplare
Ripercorrere le vicende biografiche di Giulio Pastore equivale ad un’immersione nella vita collettiva dell’Italia negli anni cruciali della lotta alla dittatura fascista e dell’edificazione della democrazia. Vincenzo Saba nel suo Dizionario storico del movimento cattolico in Italia include Pastore (nato a Genova il 17 agosto 1902 e morto a Roma il 14 ottobre 1969) tra i principali protagonisti dell’Italia del ventesimo secolo. “Nasce a Genova da famiglia operaia originaria della Valsesia- ricostruisce Saba- Nel 1914 il padre, per un infortunio sul lavoro (la perdita di un braccio) è ridotto all’invalidità e deve tornare in Valsesia, a Varallo. Così, a 12 anni, Pastore è costretto, per vivere, a lavorare in fabbrica come attacca-fili, accanto a sua madre, alle Manifatture Lane di Borgosesia”. A Varallo frequenta il circolo della Gioventù cattolica ed è in questo ambiente che fa la sua esperienza di associazionismo giovanile cattolico e inizia a opporsi al fascismo negli anni dell’Aventino prima, e della soppressione delle opposizioni.
La lotta al fascismo
“Pastore accompagna e sostiene, con la sua consueta intransigenza, gli ultimi tentativi di resistenza al fascismo: congiungendo sempre le ragioni politiche alle ragioni morali e religiose- spiega Saba. Pastore chiama direttamente in causa Mussolini per l’omicidio Matteotti e le distruzioni in Brianza (“la sua complicità nei fatti non può essere negata da alcuno”) e invoca l’intervento della magistratura. Anche quando, nel 1926, lo spazio di libertà si riduce ancora, Pastore insiste nei suoi appelli alla coerenza fra morale e politica. La religione cattolica, a suo parere, “non si limita a dirigere la vita privata dell’uomo, ma anche quella pubblica, ad una dottrina sociale che ogni cattolico deve sforzarsi di conoscere e fare attuare, anche a costo di sacrifici”. All’Azione Cattolica Pastore indica la strada: “Di fronte alla crescente pressione fascista è necessario fare delle istituzioni nostre qualche cosa come un esercito con unicità di comando” perché “mirare alla conquista dello Stato: ecco un dovere che se fino ad oggi poteva sembrare un’eresia, oggi si impone ad ogni cattolico d’azione”. Quindi “intensificare l’azione religiosa, curare la formazione degli spiriti sulla base degli insegnamenti cristiani; ma dopo quest’opera che può essere di preparazione, non abbandonarsi a sperare dagli altri la realizzazione dei nostri sogni, ma buttarsi audacemente nell’agone, perché il nostro programma abbia in noi, che ne siamo i più fedeli interpreti, i suoi esecutori”. E lui per primo ha dato l’esempio. Dopo l’8 settembre partecipa al lavoro di progettazione del nuovo ordinamento sindacale e all’attività di resistenza, guidata dal comitato romano di liberazione, in quanto membro della direzione clandestina della Democrazia Cristiana Il 30 aprile 1944, mentre sta preparando lo sciopero generale, cade in un agguato della polizia e, arrestato, viene chiuso nel carcere di Regina Coeli. “Al momento della liberazione gli è assegnato il compito di dirigere l’ufficio sindacale della DC e quando, nel settembre, l’ufficio viene sciolto e vengono costituite le ACLI, ne diventa segretario centrale, dando alle nuove associazioni un forte impianto organizzativo, a sostegno dell’azione di apostolato e della presenza della corrente sindacale cristiana- evidenzia Saba-. Nelle elezioni per la Costituente del 2 giugno 1946 viene eletto deputato nel collegio Torino, Novara, Vercelli, nel quale verrà costantemente rieletto fino alla morte”.
La vocazione all’impegno sindacale
Pastore assume nel marzo del 1947 la funzione di massimo esponente della corrente sindacale cristiana, proponendosi come obiettivo, fin dal congresso che si tiene nel giugno del 1947, di rafforzare la posizione della corrente all’interno del sindacato unitario, sia sul piano organizzativo che sul piano della linea politica. Nel luglio del 1948 la rottura dell’unità sindacale, avvenuta più per forza di eventi che per un progetto lungamente meditato, gli impone di abbandonare l’obiettivo del rafforzamento della corrente per assumere un nuovo obiettivo: la creazione di un sindacato nuovo. “La strada del sindacalismo confessionale non sembra più percorribile– sottolinea Saba-. Né appare realistica la proposta di mantenere la situazione fluida aspettando che si costituiscano dal basso tanti sindacati di categoria che, alla fine di un lungo processo, diano origine ad una confederazione: la forma confederale non può infatti mancare in una situazione politica nella quale il sindacato è ormai al centro della vita economica e sociale”. Tutto porta dunque il congresso straordinario delle ACLI a scegliere la forma confederale che si caratterizza, rispetto all’esperienza della CGIL, per il contenuto prettamente professionale della sua azione, per il maggior peso delle federazioni di categoria rispetto alla struttura confederale, ma, soprattutto, per la sua dichiarata autonomia dai partiti nella linea sostenuta da Pastore, secondo la formula internazionale dei sindacati liberi.
La nascita della Cisl
“Pastore è nominato segretario generale della nuova confederazione che prende il nome di Libera confederazione generale dei lavoratori (LCGIL) – precisa Saba -. La nuova esperienza confederale, che rappresenta all’inizio poco più di una estensione della corrente sindacale cristiana, non dura però a lungo. È Pastore stesso l’artefice dell’evoluzione, avviando un processo di fusione della corrente sindacale cristiana con altre forze sindacali che provengono dalla tradizione social-riformista e da quella repubblicana”. Nel novembre del 1949 la LCGIL aderisce a livello internazionale invece che alla Confederazione internazionale dei sindacati cristiani (CISC) alla International Confederation of Free Trade Unions (ICFTU), che si costituisce allora in contrapposizione alla Federazione sindacale mondiale controllata da Mosca. “Nel maggio del 1950 l’evoluzione assume la sua forma definitiva, attraverso un patto di unificazione delle forze sindacali democratiche, con la costituzione della Confederazione italiana dei sindacati dei lavoratori (CISL)- racconta Saba- Questa decisione avrà conseguenze di grande portata sull’evoluzione di tutto il movimento sindacale italiano”. Essa apre la strada, infatti, ad una esperienza di azione e di organizzazione di laici cristiani, impegnati nella vita economica e sociale, che ritengono, senza per questo negare la propria fede religiosa e anzi sentendosi impegnati in coscienza a renderne coerente testimonianza, di scegliere una forma di presenza nel temporale caratterizzata dalla laicità e dal pluralismo ideologico, collaborando con quanti abbiano in comune alcune convinzioni essenziali sulla libertà e la dignità della persona umana, a cui “debbono ordinarsi (come si legge nell’articolo 2 dello statuto della CISL) la società e lo Stato.
Pierfranco e Mario, i figli
Giulio Pastore, con la sua personalità, con la sua formazione, e con la sua esperienza di uomo che ha sempre collegato l’azione sindacale con una forte idea di moralità e di giustizia, è il simbolo di questa nuova modalità di presenza, nonché la garanzia per il mondo cattolico che questa evoluzione avvenga evitando il pragmatismo agnostico e l’impoverimento degli ideali di riscatto della condizione operaia propri della concezione cristiana del sindacato. L’impegno di ministro nel secondo governo Fanfani e l’impegno per il Mezzogiorno si affiancarono sempre all’attenzione per gli affetti familiari. Suo figlio Pierfranco, diventerà vescovo, direttore della Sala Stampa vaticana e segretario del dicastero per la Comunicazione. Suo figlio Mario, storico conduttore del Tg2 e appassionato ambientalista.