Oggi si celebra in tutto il mondo la XVII Giornata mondiale contro la pena di morte, per ricordare come questa pratica inumana continui a far parte dell’ordinamento di molti paesi. La diciassettesima Giornata mondiale contro la pena di morte che si celebra ogni 10 ottobre, ha il suo focus quest'anno sui diritti dei bambini i cui genitori sono stati condannati a morte o giustiziati. “Spesso dimenticati, i figli di genitori condannati a morte o giustiziati portano un pesante carico emotivo e psicologico che può comportare una vera e propria violazione dei loro diritti”. Lo denuncia Acat italia (Azione dei Cristiani contro la Tortura). “L'evento traumatico – si legge nella nota – può registrarsi in qualsiasi fase del percorso penale del genitore: arresto, processo, condanna, permanenze nel braccio della morte, data di esecuzione, esecuzione stessa e conseguenze successive. I cicli ripetuti di speranza e delusione che possono accompagnare tutte queste fasi possono avere un impatto a lungo termine, a volte anche nell'età adulta. La stigmatizzazione da parte della comunità in cui vive e la perdita di un genitore per mano dello stato, rafforzano la profonda instabilità nella vita quotidiana del bambino”. Come Acat Italia, “invitiamo tutti a riflettere su queste tragedie private che hanno ripercussioni pesanti sulla vita di bambini e bambine e chiediamo all’Italia di continuare a portare avanti, come fatto finora, la battaglia per l’abolizionismo nel mondo insieme agli altri stati membri della Ue”.
La pena di morte in cifre
Secondo l’ultimo rapporto globale di Amnesty International sulla pena di morte, nel 2018 si è toccato il livello più basso di esecuzioni dell’ultimo decennio, con una diminuzione complessiva del 31 per cento. Il numero delle esecuzioni rilevate da Amnesty International a livello globale è calato da 993 nel 2017 ad almeno 690 nel 2018, ovvero una diminuzione di quasi un terzo rispetto all’anno precedente. Emblematico il caso dell’Iran, dove dopo la modifica alla legislazione contro la droga, le esecuzioni sono diminuite del 50 per cento. Anche se il numero resta elevato, visto che si parla di almeno 253 esecuzioni, un terzo delle esecuzioni mondiali. A seguire la tendenza del calo ci sono poi paesi come Pakistan e Somalia. Un dato di per sé incoraggiante, ma che nasconde zone d’ombra piuttosto rilevanti. A partire dalla Cina, dove il numero delle esecuzioni continua a essere un segreto di Stato: un silenzio che porta gli esperti a pensare che si potrebbe essere nell’ordine di migliaia di pene, tra quelle comminate e quelle eseguite.
Ecco dei numero che fanno riflettere sulla pena di morte nel mondo:
• 106 paesi hanno abolito la pena di morte per tutti i crimini
• 8 paesi hanno abolito la pena di morte per reati ordinari
• 28 paesi sono abolizionisti di fatto
• 56 paesi mantengono la pena di morte
• 20 paesi hanno eseguito condanne a morte nel 2018
• Nel 2018, i primi 10 paesi boia sono stati: Cina, Iran, Arabia Saudita, Vietnam, Iraq, Egitto, Stati Uniti, Giappone, Pakistan e Singapore. Per maggiori info e per consultare il materiale informativo vai alla pagina della World coalition against the death penalty. E' possibile seguire la campagna suisocial media quali Facebook , Instagram e Twitter: #nodeathpenalty