Almeno 40 persone sono morte annegate la scorsa notte tentando di lasciare la Libia via mare. Verso le 3.30 Alarm Phone ha ricevuto la segnalazione di una barca al largo della Libia “con un massimo di 100 persone a bordo” che avevano lasciato Al Khums circa 3 ore prima: “Erano in grande angoscia, piangevano e urlavano, dicendoci che la gente era già morta. Abbiamo cercato di ottenere la loro posizione Gps ma le persone erano così in preda al panico che non sono riuscite a recuperarla. Dato che la barca era ancora molto vicina alla costa libica, non avevamo altra scelta che informare le autorità di Liba e Italia. Pensiamo che nessuno sia uscito a cercarli”, ha raccontato un operatore di Alarm Phone. “Non siamo più stati in grado di parlare con quella gente. Alle 6 del mattino – continua Alarm Phone ripreso da Repubblica – un parente ci ha chiamato, dicendo che temeva per le persone a bordo. Aveva paura che fossero morti. Non sappiamo cosa sia successo a questo gruppo di migranti: speriamo ancora che siano tutti vivi, ma temiamo il peggio”. Il naufragio era stato confermato anche dall'Oim: “Circa sessanta sopravvissuti sono stati riportati sulla costa. Sono stati recuperati diversi corpi, inclusi di alcuni minori”, si legge sull'account dell'organizzazione.
I commenti delle Ong
“La notizia dell’ennesima tragedia del mare al largo di Khums crea dolore e sgomento. Non si può assistere inermi alla morte annunciata di bambini e ragazzi. Le convenzioni internazionali sul diritto del mare e sui diritti umani impongono all’Italia e all’Europa di affrontare il fenomeno migratorio mettendo in primo piano la salvezza delle persone, a partire dai più vulnerabili come i bambini, e il rispetto della vita umana”. Lo afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, dopo il nuovo naufragio davanti alle coste libiche. “È necessario che l’Italia e l’Europa ripristinino un sistema di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, trovino una modalità condivisa di gestione dei flussi migratori e moltiplichino gli sforzi per realizzare vie di accesso sicure dalle aree di crisi o di transito, per evitare che migliaia di persone tra cui tanti minori soli, continuino a mettere in pericolo la propria vita, affidandosi ai trafficanti per sfuggire a guerre, violenze e povertà”, osserva Milano.
“Alla notizia dell’ultimo naufragio, si aggiunge la preoccupazione per i 100 migranti a bordo della nave Eleonore della Lifeline e auspichiamo che si trovi una soluzione strutturale condivisa e non emergenziale nella gestione dei salvataggi in mare”, conclude la direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha firmato il divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque italiane per la nave Eleonore, battente bandiera tedesca. Il provvedimento – rendono noti fonti del Viminale – è già stato trasmesso ai ministri della Difesa e delle Infrastrutture e Trasporti.
“Dopo centinaia di morti nel centro Mediterraneo e innumerevoli storie di sofferenza in Libia – scrive Medici senza frontiere (Msf) attraverso il proprio account Twitter, in riferimento al naufragio davanti alle coste libiche – è tempo che i leader europei riconoscano il disastro umanitario che si sta svolgendo al largo delle coste libiche e intensifichino soluzioni umane per prevenire ulteriori perdite di vite in mare”. “Purtroppo questa rappresenta l’ennesima tragedia, che si è verificata poiché molti hanno tentato di fuggire dalla Libia attraverso il mare negli ultimi giorni”. Il riferimento di Msf è alle oltre 460 persone a bordo di 6 imbarcazioni intercettate e rimandate nel Paese tra sabato e domenica scorsi. Sarebbero state 368 le persone sbarcate ad Al Khoms e rilasciate, che però “rimangono altamente vulnerabili a causa della mancanza di accesso a servizi e assistenza umanitaria” e “col rischio di cadere nelle mani dei criminali”, mentre “altre 98 sarebbero state sbarcate a Tripoli e riportate in detenzione”.
“È davvero inaccettabile che continuino a morire essere umani in mare. Assurdo che tra i morti di ieri notte al largo della Libia come riferisce l’Oim ci siano ancora una volta bambini”. Lo dichiara Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia commentando il naufragio al largo della costa di Khums. Tra i diversi corpi recuperati ci sono anche bambini. “Come fa a mancare un sistema di sistema di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo? L’Europa si attivi al più presto per ripristinarlo contro questa crisi umanitaria senza precedenti”, aggiunge Iacomini, secondo cui quella che continua “è una strage degli innocenti”.
“Non è più possibile pensare che l’Europa non rimetta in campo un sistema di ricerca e salvataggio”, dice al Sir Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr in Italia. Il team in Libia dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati sta assistendo le persone salvate, circa sessanta. “Le operazioni di salvataggio sembra che siano state condotte da pescatori libici, in una situazione lasciata scoperta da troppi mesi”, riferisce Sami. Che segnala “un arretramento da parte di tutte le forze di ricerca e salvataggio dei paesi europei”. “Quindi, i morti continuano a esserci. Dall’inizio dell’anno nel Mediterraneo sono stati circa 900″.
Firma la petizione voluta da don Aldo Buonaiuto, direttore di In Terris e sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII per istituire la Giornata del Migrante Ignoto. “Solo nei primi 4 mesi del 2019 – osserva don Buoniauto – sono morte 422 persone, più di tre al giorno. Il Mar Mediterraneo è diventato un Olocausto odierno”.
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