Per la prima volta da quando è esplosa la crisi dei Rohingya, la leader birmana, Aung San Suu Kyi, ha deciso di intervenire pubblicamente ed ha condannato le “fake news” e la campagna di disinformazione che, a suo avviso, stanno alimentando una crisi che – secondo i dati forniti dall’Onu – ha già spinto oltre 125 mila musulmani della minoranza Rohingya a migrare in Bangladesh.
Le false informazioni sono la punta di un iceberg di disinformazione
Il premio Nobel per la pace e leader del Myanmar è stata chiamata in causa dall’atto di accusa pubblico fatto da Malala – l’attivista pakistana e musulmana, anche lei Nobel per la pace – che aveva chiesto alla “Lady” di denunciare pubblicamente le violenze contro i Rohingya. Suu Kyi è intervenuta sulla crisi nel corso di una telefonata con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, affermando che il governo “ha già iniziato a difendere tutti i residenti dello stato di Rakhine nel miglior modo possibile”. “Sappiamo molto bene, meglio della maggior parte delle persone, ciò che significa essere privati del rispetto dei diritti umani e della protezione garantita dalla democrazia – ha detto la leader del Myanmar -. Per questo ci assicuriamo che tutti nel nostro paese godano della tutela dei loro diritti così come del diritto ad una protezione umanitaria e sociale oltre che politica”. Nel corso della telefonata con il presidente turco Erdogan, come riportato nel comunicato rilasciato dal suo ufficio, la San Suu Kyi ha parlato di un “pesante iceberg di disinformazione” che deforma il racconto di ciò che realmente sta accadendo nel Paese. “Questo tipo di false informazioni è solo la parte più visibile di un enorme iceberg di disinformazione”.