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“Mi sterilizzo per non diventare mamma”

Due immagini, l'una sopra l'altra: prima la foto di tre avvenenti ragazze in discoteca – abiti scollati e flut di prosecco in mano – e la scritta “venerdƬ sera prima di essere mamma“, poi un frame di “Alice nel paese delle meraviglie”, mani in volto per la protagonista del cartone e l'avvertimento “venerdƬ sera dopo essere diventata mamma“, accompagnata dai virgolettati delle assillanti richieste di un potenziale figlio (“non voglio lavare i denti”, “voglio il latte”, “non voglio dormire” e cosƬ via).

Propaganda

Il messaggio ĆØ eloquente: metter su famiglia costa, in termini di libertĆ , occasioni, soldi. Dunque meglio rinunciare e condurre una vita solitaria o in coppia ma senza prole. Il meme (e non ĆØ l'unico di questo tenore) ĆØ stato postato in uno dei gruppi Facebook che in Italia portano avanti la “battaglia” del “Childfree“, cioĆØ il diritto a non procreare. Scelta personale, e di per sĆ© legittima, compiuta da milioni di persone dall'alba dei tempi a oggi ma che con i social network diventa oggetto di pericolosa propaganda, con cuiĀ si sottolineano in modo continuativo gli svantaggi dell'essere genitore e i vantaggi del non esserlo. Il tutto nell'Italia della desertificazione demografica.Ā 

Il fenomeno

Nato negli Stati Uniti diversi anni fa, il movimento “Childfree” si conquistĆ² gli onori delle cronache nel 2013, quando il prestigioso magazine TimeĀ decise di dedicargli una copertina, raccontando al suo interno la storia di uomini e soprattutto donne che avevano deciso di non avere figli. Se negli Stati Uniti conta giĆ  diverseĀ migliaia di seguaci, in Italia il fenomeno ĆØ piĆ¹ limitato ma trova terreno fertile in un contesto nel quale l'attitudine alla genitorialitĆ  sta velocemente regredendo. Il ragionamento sotteso ĆØ piuttosto superficiale: spesso si diventa madri e padri, sostengono, in virtĆ¹ di una sorta di pressione sociale che finisce con l'influire sul libero arbitrio. La risposta (banale) a questo presunto status quo ĆØ che avere figli non ĆØ obbligatorio (buongiorno monsieur Lapalisse). E per marcare le distanze da quanti, invece, non hanno avuto la possibilitĆ  di procreare, rivendicano di essere “childfree” e non “childless“.Ā 

Scelta o imposizione?

Tutto qui? No. PerchĆ© un conto ĆØ rivendicare il diritto a una scelta, un altro ĆØ mettere alla berlina quanti la pensano diversamente, facendoli passare come gli scemi del villaggio e promuovendo sui canali web la propria visione del mondo. Un altro meme postato su Fb ĆØ piuttosto significativo: “Vai a lavorare. Sposati. Fai dei figli. Segui le mode. Comportati normalmente. Cammina sul marciapiede. Guarda la tv. Obbedisci. Risparmia per la vecchiaia… Adesso ripeti con me: 'Io sono libero'”. Il tutto sull'inquietante sfondo di una platea di scheletri in giacca e cravatta. A questo si aggiunge la pubblicazione di articoli e post di blogger e gruppi del femminismo piĆ¹ radicale, nei quali, fra le altre cose, si criticano le misure anti aborto adottate nell'America di Trump. Insomma: non essere mamme ĆØ bello, non l'esserlo ĆØ brutto. Poi magari ci spiegheranno come pensano di portare avanti il genere umano, ma questo ĆØ un altro discorso.

Sterilizzazione volontaria

La doppia natura di queste realtĆ  sembra essere svelata dalla promozione, sia pur indiretta, dellaĀ sterilizzazione volontaria. Parliamo di un trattamento che in Italia ĆØ stato depenalizzato dall'articolo 22 della legge 194 (quella sull'interruzione di gravidanza). Consiste, per le donne, in un intervento chirurgico che comporta la legatura delle tube ovariche, rendendo impossibile il concepimento. Una pratica che la Chiesa, ovviamente, vieta nella maniera piĆ¹ assoluta. Ne discende che i cattolici, e la loro morale, diventano l'obiettivo piĆ¹ semplice su cui fare fuoco. La vergognosa immagineĀ del profilo scelta da un gruppo Facebook pro sterilizzazione parla chiaro: un rosario arrotolato in modo da formare il disegno di un apparato riproduttivo femminile che sovrastaĀ la scritta “tenete i vostri rosari lontani dalle mie ovaie“. Sono i segni di una societĆ  in cui individualismo ed egoismo la fanno da padroni. E i giovani, primi destinatari di un modello di vita solo apparentementeĀ desiderabile, sono giĆ  le vittime designate.Ā Ā 

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